Paolo Risso |
«Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati:
per mezzo dell'offerta del Corpo di Cristo».
(Ebrei 10,10).
L'inizio del 1940 si presentò
carico di sofferenza. Madre Maria Costanza passò alcuni giorni in quasi assoluta
immobilità. Offrì tutto per la Chiesa e per il mondo, per le sue figlie
presenti e future.
Il 18 febbraio 1940 suor Maria Chiara dell'Eucaristia andò incontro allo Sposo,
nel fiore dei suoi anni. Un mese dopo morì a 83 anni il buon papà della
Madre: un dolore grandissimo. Dio la univa a Sé nell'amore.
«Nel giorno anniversario del mio battesimo (18 aprile 1940) - ella racconta
- mi sentii come strappata a forza dal mio niente e quasi sollevata e immersa nell'oceano
della Divinità...
«Prova pure - ammoniva Gesù - se puoi ancora tornare alla
tua miseria! Ormai è tempo che tu viva unicamente di me e del mio amore, lasciando
ti penetrare nella luce che vuole dirigerti e muoverti con assoluta libertà.
Tieniti passiva in me e non temere; vivi della grazia del momento, dandomi di poterti
penetrare sempre più a fondo. Ti voglio tutta e unicamente perduta nel mio
amore. Essendo ancora però nell'esilio, sta' bene attenta a non mancare ai
doveri che hai verso Dio e verso il prossimo».
Maria Costanza si sentiva «in Dio», «come il moscerino perduto
in un oceano di luce»: «Ammirazione, riconoscenza, adorazione: ecco le
disposizioni del mio intimo... Mi sentivo sola con il Solo» (Diario,
128s).
In quei giorni Gesù si comportò con lei come con i tre discepoli prediletti,
Pietro, Giacomo e Giovanni, quando li condusse con sé sul Tabor e si trasfigurò
davanti a loro: essi videro la sua gloria divina, prima della sua morte in croce
sul Golgota.
Per la Madre stava avvicinandosi l'ora delle tenebre. Ma ella aveva visto la luce
e sarebbe stata nella luce, anche quando il buio l'avesse avvolta.
Il 10 giugno 1940 l'Italia
entrò in guerra. Le tenebre coprivano sempre di più l'Europa e il mondo.
Ora più che mai Madre Maria Costanza era chiamata a stare tra la terra e il
Cielo, tra l'umanità e Dio, a intercedere per tutti:
«Per la mia anima, dal momento della dichiarazione di guerra, avvenne un cambiamento
assoluto. Improvvisamente, dalle regioni luminose nelle quali ero tenuta, piombai
in orridi precipizi... Tutto accettai, perché il muro bronzeo che separa la
terra dal Cielo venisse abbattuto e i fiumi della misericordia divina si aprissero
il varco per rinnovare l'umanità.
Non volli sgomentarmi. Dal mio precipizio, cercai di spingermi fin sul Cuore divino
e di rimanervi. Il solo palpito di quel Cuore mi nutriva e riposava».
Si sentì partecipe dello strazio dei feriti e dei morenti, delle famiglie
che perdevano i loro cari. Come Maria sul Calvario presso Gesù Crocifisso,
provò in se stessa lo spasimo di tutti i crocifissi della terra:
«Vedevo con sommo conforto come tante anime, da quel martirio, salivano alla
luce della Patria celeste. Non vi è creatura umana che io sappia nella sofferenza,
che non impegni il mio zelo. In questo momento, il mio campo d'azione è immenso.
Mi valgo delle preghiere e delle sofferenze della comunità per allargare il
torrente della misericordia, affinché tutti ne vengono beneficati» (Diario,
130).
Ella seguiva, in spirito, le terribili azioni di guerra. Ne era sconvolta: offriva,
riparava e intercedeva per la pace. All'inizio del 1941 emorragie, provocatele dall'ulcera,
e crisi di cuore la unirono ancora più all'offerta di Gesù al Padre.
Ma irradiava luce e fiducia a tutti. Poi si riprese in salute e ritornò dinamica
e ricca di iniziative.
Compiva la sua missione: rivelare, in mezzo al dolore e alla morte, la luce e
l'amore divino, far vedere che la vita dell'uomo sulla terra è grande e meravigliosa,
solo nell'intimità con Dio.
A un anno dall'entrata dell'Italia in guerra, il 10 giugno 1941, la Madre annotava:
«Posso dire che la mia vita è così colma di Dio da non riuscire
a desiderare neppure il Cielo... Sento di portarlo in me, il mio Dio, e di essere
in Lui. Riposando sul suo seno, trovo un ristoro che nutre le mie potenze e mi
permette, pur nella quiete, la più intensa attività. Attività
nella carità, perché, mentre il contatto intimo con Dio accende
di amore sempre crescente per Lui, intensifica pure la carità verso il prossimo...
Portando tutti in me, mentre amo, ringrazio e adoro, peroro intensamente per tutti.
Sì, è questo l'apostolato riservato alla contemplativa: e soltanto
quando essa tocchi il più alto grado dell'unione con Dio potrà degnamente
assolverlo. La potenza di un simile apostolato supera quello delle più svariate
attività dell'apostolato di azione ed è di tutti la forza motrice,
la linfa vitale» (Diario, 131s).
Nonostante la guerra, nella
comunità delle Ancelle Adoratrici la vita regolare continuava. 1129 ottobre
1941 le prime nove suore professe offrirono a Dio i voti perpetui. Sei professe di
voti temporanei rinnovarono i voti per altri tre anni. Due novizie emisero i primi
voti, una postulante vestì il santo abito e una giovane aspirante fu ammessa
in comunità.
Nella Messa notturna del capodanno 1942 Gesù disse a Maria Costanza: «Desidero
da queste mie anime tale fedeltà che ogni loro moto interno ed esterno possa
avere il valore di un'offerta».
Nel mese di gennaio si leggeva in refettorio la biografia della Madre Maria di Gesù,
fondatrice del Carmelo di Paray-le-Monial: Maria Costanza si sentì piccola
davanti a quella grande anima. In quei giorni scrisse: «Gesù, compiacendosi
di vedermi convinta della mia incapacità, mi spiegò la differenza tra
la vita del Carmelo e la nostra... Il Carmelo con la sua austerità forma grandi
anime di orazione, mentre il nostro soave Carmelo eucaristico forma delle piccole
adoratrici».
Gesù le spiegò ancora: «Sono rimasto sulla terra nello stato
sacramentale per associare le anime alla mia adorazione al Padre, affinché
anche dall'esilio potesse ricevere il grato omaggio di una adorazione in spirito
e verità.
Nessuno potrebbe andare al Padre se non per me, e il mio amore ha trovato il modo
di farsi via alle anime per portarle al Padre. Quanto desidero poterle associare
alla mia adorazione!» (Diario, 133s).
La comunità ormai contava una trentina di suore. Le spese erano notevoli.
La guerra rendeva più difficile provvedere. Madre Maria Costanza, con una
fiducia illimitata nella Provvidenza infinita di Dio, non si impaurì, neppure
quando, verso la fine di gennaio, fu colpita da paresi al lato sinistro e si aggravarono
i pericoli a causa dei bombardamenti.
Con l'aiuto di Dio provvide di tutto le suore e quelli che venivano a bussare alla
porta del monastero. L'altare, trono di Gesù eucaristico, sempre esposto all'adorazione,
continuò ad essere splendido. Guarì dalla paresi, e si dedicò
alle suore ammalate con ogni premura.
La consigliarono di allontanarsi dalla città con le sue «figlie».
Rimase, con totale fiducia che nulla di male sarebbe loro capitato. Le proposero
di mettere al sicuro le vetrate del tempio. Ella le lasciò alloro posto, dicendo
che i santi, ivi rappresentati, avrebbero fatto da sentinelle.
Davvero prodigiosa sarebbe stata la protezione di Dio. «Si sarebbe detto -
commentò la Madre - che il Signore si compiacesse di rinnovare i prodigi compiuti
ai tempi di Noè con le creature rifugiate in questa nostra Arca galleggiante
su un diluvio di fuoco e di sangue. Fummo assistite, provvedute e difese».
Caddero bombe nel recinto del monastero e non esplosero. Aerei di passaggio si dispersero.
Proiettili penetrati in casa lasciarono tutte incolumi.
I tedeschi avevano stabilito il loro Stato Maggiore nell'attiguo Collegio San Giuseppe
delle Ancelle del Sacro Cuore. La zona era obiettivo di guerra ed era spesso bersagliata.
Ma nell' Arca Santa e allo stesso collegio non capitò nulla. Madre Costanza
temette che il monastero fosse requisito. I tedeschi vicini l'avevano già
richiesto. Ma tutte le volte che il comandante tedesco usciva verso di esso, era
fermato dall'allarme.
In Italia, in Europa, dilagava la rovina. La Madre continuava a pregare e a offrire,
unita a Cristo innalzato sulla croce, Mediatore tra gli uomini e Dio. Era immedesimata
con Lui.
Nella sofferenza, Gesù
le rivelava profondamente il mistero della Redenzione del mondo da Lui operata. Il
primo venerdì di giugno 1942 le spiegò quanto per amore aveva sofferto
nella sua Passione: «Lo spasimo culminò nelle ultime ore della suprema
immolazione. La mia umanità soffriva indicibilmente; tuttavia ciò
che costituì il martirio più tormentoso fu l'angoscia del Cuore.
Più che la spietata crudeltà dei crocifissori, che compativo e amavo
(perché non sapevano quel che facevano...) mi oppresse l'incorrispondenza,
l'ingratitudine delle anime maggiormente favorite.
In quelle ore tremende ebbi presente quanto sarebbe avvenuto all'umanità sino
alla fine dei tempi; ed ogni anima mi fu nel cuore.
Ero disceso in terra per imprimere il mio sigillo d'amore nei redenti e, a prezzo
di tutto il mio sangue, ottenevo alle anime la salvezza e l'eterna felicità,
ma venivo ricambiato con l'insulto, la derisione, l'ingratitudine.
Nei poveri peccatori pentiti trovai un sollievo e nella persona del buon ladrone,
in forza del mio ultimo palpito, li vidi accogliere la salvezza. Molti, molti
si salveranno!
Ma i prediletti, gli amici del cuore, sarebbero forse riusciti a rendere vano lo
stesso onnipotente sforzo del mio amore? Fu questa l'ambascia mortale che mi strappò
il lamento: "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?".
Il mio desiderio d'amore, però, non avrebbe potuto restare inappagato. Il
trionfo finale avrebbe dovuto essere dato alla Carità, e a questo fine la
Giustizia del Padre aumentò il rigore sulla sua Vittima, facendole comprendere
come sarebbe stato necessario che la soddisfazione continuasse da parte di quelle
anime fedeli che avrei dovuto associare alla mia immolazione espiatrice.
Non è possibile a mente umana penetrare l'abisso del mio intimo martirio.
Una creatura solo lo comprese: la Madre mia. Nell'anima e nel cuore di Lei, che tutto
accolse il mio spasimo, trovai sollievo e conforto, mentre mi era penosissimo vederla
in tanto strazio.
Rimase eretta sotto la Croce, perché il dolore l'aveva impietrita. La sostenne
la forza del suo materno amore.
Al presente, non potendo più soffrire nella mia umanità gloriosa,
soffro nelle membra del mio Corpo mistico, nelle mie creature predilette»
(Diario, 135s).
Maria Costanza comprese sempre più che nel suo cammino, sulle orme insanguinate
di Gesù crocifisso, aveva vicina Maria e che doveva tenere lo sguardo fisso
su di Lei per rassomigliarle, per essere ancora più una cosa sola con il Redentore
e farsi «offerta quale ostia di riparazione e propiziazione alla SS. Trinità
in una invocazione di pace per il mondo».
Verso la fine dell'estate di quell'anno (28 settembre 1942), si sentì ripetere
dal suo Signore:
«Fate penitenza, altrimenti perirete tutti!».
«Quale penitenza vuoi da noi?».
«Le anime fedeli sanno trovare sempre il modo di offrirmi un sacrificio gradito;
ad ogni respiro moltiplicano le loro minime penitenze, che sono tali da non poter
alimentare l'orgoglio. Ogni superamento che l'anima si impone per essere totalmente
fedele inclina il mio cuore al perdono verso l'umanità. Se si conoscesse il
valore della sofferenza! Io l'ho scelta dal Presepio alla Croce» (Diario,
137).
La Madre vedeva il mondo devastato dall'odio, dalla fame e dalle rovine, conseguenza
del peccato e del rifiuto di Dio. Sentiva che solo la sofferenza accolta per amore
avrebbe potuto riaprire la via dalla terra al Cielo.
Partecipava al Sacrificio di Cristo, rinnovato tutti i giorni nella Messa dal Redentore,
in continuo stato di offerta al Padre e di dono agli uomini, al Quale ci uniamo nella
Comunione eucaristica. Scriveva Maria Costanza:
«Al momento della Consacrazione ho potuto intuire come Gesù, appena
il sacerdote ha pronunciato le parole della formula, si sia reso presente... In quell'istante
trovavo come assommati i Misteri della vita del Salvatore...
Coglievo le affinità della nostra missione con quella di Maria SS. e vedevo
la preziosità della vocazione eucaristica incentrata nella Messa... Mi
pareva che l'intero universo non fosse che un grande altare, dal quale saliva al
Trono dell'Altissimo l'unico Sacrificio accetto, il solo capace di placarlo e ottenerci
misericordia e pace.
Attraverso la Messa, vedevo realizzata e in atto la Comunione dei Santi: l'unione
fra le Chiese militante-purgante-trionfante. La grande preghiera sacerdotale della
Vittima divina è ordinata, con tutta l'opera della Redenzione, alla gloria
del Padre e alla nostra salvezza...
Il Signore vuole che ci si tenga intenzionalmente associati alle Messe che vengono
celebrate su tutta la terra nelle 24 ore del giorno, in spirito di offerta, concorrendovi
mediante i piccoli o grandi sacrifici che si presenteranno. Si entra così
nello spirito e nelle intenzioni della preghiera sacerdotale di Gesù e, infiammati
dalla carità che arde nel suo Cuore, si è disposti a tutto, soffrire,
pur di cooperare alla salvezza dei fratelli» (Diario, 138s).
Era giunta, la Madre, al vertice più alto: in unità con Cristo, il
mondo le appariva come il Calvario, la sua esistenza come la Messa. Non c'era più
che Gesù Ostia e Lei, ostia con Gesù.
In mezzo alle tenebre dell'ora,
da Roma brillava sul mondo un grande faro luminoso: il Santo Padre Pio XII che, con
la parola e la carità instancabile, lavorava per fermare la guerra e alleviarne
i dolori. Memorabili i suoi messaggi natalizi, ma ogni sua parola, ogni suo gesto
riportavano al mondo la luce e l'amore di Cristo.
Quando le bombe cadevano sulle città d'Italia, su Roma, il Papa sospendeva
la sua attività e celebrava la Messa, certo che solo Gesù Vittima d'amore
avrebbe potuto fermare il flagello (3).
Madre Maria Costanza offriva con lui, il Vicario di Cristo. Era certa che l'Italia
sarebbe stata risparmiata se i suoi governanti avessero ascoltato Pio XII. Invitava
le suore a vivere filialmente unite a Lui.
Un giorno un sacerdote, tornato da Roma dove era stato ricevuto in udienza dal Papa,
le disse: «Ho sentito dalle labbra del S. Padre che in questi tempi conta moltissimo
sulle preghiere delle claustrali, in particolare di voi, Ancelle Adoratrici».
Ella provò una grande gioia e lo comunicò alle suore. In refettorio
faceva leggere i discorsi del Papa. Raccomandava loro di pregare e di offrire sacrifici
per sostenere la sua persona e la sua missione. Si unì alla sua preghiera
il 31 ottobre 1942 e di nuovo lí8 dicembre 1942, quando il Santo Padre consacrò
il mondo al Cuore Immacolato di Maria, come aveva chiesto la Madonna nelle apparizioni
a Fàtima.
Il 19 luglio 1943 un bombardamento distrusse a Roma la basilica di San Lorenzo al
Verano. Il Papa si recò subito a portare aiuti e conforto. Il 13 agosto dello
stesso anno un secondo bombardamento investì, come il precedente, alcuni quartieri
di Roma, provocando ancora rovine e morti. Il Papa ritornò di nuovo tra le
vie di Roma a portare soccorso. Una bambina ferita si era buttata tra le sue braccia.
Pio XII rientrò in Vaticano con la bianca veste macchiata di sangue, che tutti
avevano potuto vedere.
Madre Maria Costanza narrò questi fatti alle suore e raccomandò intense
preghiere per il Pontefice.
Anche il card. Nasalli Rocca, arcivescovo di Bologna, si era unito al Papa 1'8 dicembre
1942, consacrando la sua diocesi alla Madonna. Nei giorni seguenti la Madre disse
alle suore che l'Arcivescovo desiderava che si facesse qualcosa di speciale in onore
della Madonna nella diocesi bolognese, per ottenere la pace.
Il 10 dicembre 1942 il Cardinale le fece sapere che aveva fatto voto di far celebrare
ogni mattina alle 10,30 una Messa nella Basilica di San Luca per la pace, ed egli
stesso avrebbe celebrato la prima. La Madre invitò le adoratrici a unirsi
in spirito alla Messa in «San Luca» e a offrire alla Madonna una promessa
speciale segreta di qualcosa che costasse molto. Le suore la seguirono con generosità.
Nel 1943 si aggiunsero altre sofferenze: la morte della sua mamma ottantunenne, poi
di mons. Balestrazzi, confessore della comunità, e di padre Amadori, sostenitore
della sua Opera.
Ma, al di là di
ogni dolore, era Gesù a riempirle la vita e a condurla verso orizzonti sublimi.
Il 4 febbraio 1943 il divino Maestro disse a Madre Costanza:
«Ti manifesto un segreto: tutto potrete ottenere se, immedesimate nel mio
annientamento sacramentale, offrirete al Padre la potenza di amore del mio istante
eucaristico, istante che riassume la mia vita di Pontefice Sommo ed Eterno, di Adoratore,
di Vittima di lode, di Avvocato che sempre intercede per voi.
Perché questo istante sia operativo, deve prima essere accolto da una piccola
ostia viva, deve attraversare un cuore che ne comprenda la forza, un'anima resa canale,
capace di trasmettere le meravigliose operazioni della Grazia».
Gesù l'aveva dunque portata al Centro più intimo della sua vita: «l'istante»
della sua immolazione sul Calvario, che continua in eterno nel suo mirabile Sacramento
d'amore. Questo «istante» è fatto proprio da ogni anima che accoglie
Gesù e intende partecipare alla sua offerta e al suo dono. Nel sì a
Lui, a questo «istante », l'anima si cristifica, si divinizza.
Madre Costanza confidò questo «segreto» alle sue suore e lo illustrò
con la penetrazione e la luce che a lei era data sul Mistero eucaristico. In quel
mese di febbraio, furioso di guerra, ella, sicura e forte, affermò: «Figliole,
mie, la pace del mondo deve venire dal trionfo dell'Eucaristia. Preghiamo, supplichiamo
e offriamo al Padre l'istante di Gesù-Ostia. Che valore ha mai quell'istante!».
Il 3 agosto 1943, decimo anniversario della fondazione dell'Opera, fu un giorno di
lode a Dio e di propositi per lo splendore della Chiesa. In quell'occasione, la fondatrice
augurò alla sua comunità: «Che il Signore possa dire a ciascuna:
Prediletta del mio Cuore, io sono contento di te; ho consumato tutte le tue miserie
nel fuoco del mio amore; rimani tranquilla sul mio Cuore».
Intanto, fuori del recinto della c1ausura, a Bologna, in Italia e nel mondo la guerra
infuriava sempre più spaventosa. Madre Costanza dimostrava. una calma straordinaria
e irradiava intorno a sé fiducia e speranza. A quelli che le scrivevano e
venivano alla grata a confidarle dolori e paure, offriva sicura consolazione.
Spesso suonava l'allarme, di giorno e di notte, e occorreva scendere nel rifugio,
preparato nella cripta del tempio. Lì vi era l'altare, l'immagine della Madonna
di san Luca, e anche sedili in legno. Nei momenti in cui cadevano le bombe su Bologna,
la Madre, con le suore, continuava l'adorazione eucaristica, il Rosario a Maria,
l'Ufficio divino.
Quando qualcuna delle suore, sentendo gli scoppi vicini, scossa dal panico, si stringeva
alla Madre, ella le prendeva le mani tra le sue, dicendo: «Ma perché
impressionarsi? Non è tutta affidata al suo Dio?».
Certo, Gesù è più forte dei prepotenti della terra che seminano
stragi e morte. Gesù non teme le bombe, perché Egli è l'Onnipotente
e l'Autore della vita. Maria Costanza si univa al suo «istante» eucaristico
di offerta e di dono, come da Lui le era stato rivelato.
«Quando sento gli scoppi delle bombe - spiegava - io cerco di andare più
in alto degli aerei: vado al cuore del mio Dio e a Lui mi abbraccio e mi stringo
forte. Il Signore attende questi atti di confidenza dalle sue piccole spose».
Proprio una delle «spose», suor Maria Paolina del Presepio, espresse
il «messaggio» della Madre in una poesia-preghiera rivolta a Gesù:
Astro del giorno, che giammai non muore, tua vita in un istante racchiude l'Ostia,
palpito d'amore: eterno è quell'istante!
Vivi, o Capo, la vita della Chiesa in quell'istante solo: noi, adorando, l'anima
sospesa, vogliam coglierlo a volo!
Nell'Ostia vogliam vivere l'istante di Lui, «Cristo totale», che trionfa
su in ciel, e palpitante soffre in suo Corpo frale.
Bella e ardua missione non compresa, trasmetter, per Maria, dall'Ostia al Sacerdozio
e alla Chiesa, l'istante-Eucaristia.
Era questa la vocazione contemplativa ed eucaristica cui Dio aveva chiamato la Madre
e le sue «figlie» adoratrici.
L'8 settembre 1943 venne
l'armistizio tra l'Italia e gli Alleati. In Italia dilagò la violenza più
crudele. Madre Maria Costanza scrisse: «Nella notte che precedette lo smembramento
dell'esercito, intuendo quale estremo pericolo incombeva sulla nazione ormai disfatta,
invocai fervidamente l'aiuto della Madonna, promettendo, a nome di tutte, che avremmo
fatto il possibile per ottenere il pietoso intervento della Divina Misericordia».
Il Cardinale tornò a suggerirle di lasciare il monastero. La Madre si sentiva
sicura della protezione della Madonna. Anche il Presule intuì che le Ancelle
Adoratrici erano circondate in modo speciale dall'assistenza divina. Trovandosi di
passaggio nelle vicinanze, al suono dell'allarme egli si rifugiò presso Madre
Maria Costanza a pregare Maria con il Rosario, insieme alla comunità.
Gesù continuava a illuminare la fondatrice con la sua luce: ella previde che
si preparava un nuovo futuro per il mondo e per l'Italia: l'Italia costituita a repubblica,
l'Italia luce per le altre nazioni, se fedele alla cattedra di Pietro.
Il Natale 1943 fu funestato da furiosi bombardamenti sulla città. Tutto il
1944, fino alla primavera del 1945, sarebbe trascorso tra pericoli di ogni genere.
Tra lo stupore di tutti, la Madre dimostrava sempre una calma eccezionale.
«Fuori fragore intenso - annota la cronaca di quei mesi -, scoppio
di bombe, rombo di cannoni e contraerea, rumoreggiare di formazioni nemiche; dentro
la cripta si prega tranquille e serene, mentre il sacerdote offre a Dio l'Ostia di
pace».
Molti sperimentarono che nel monastero delle Ancelle Adoratrici c'era un misterioso
scambio, come «un filo diretto» tra la terra e il Cielo. «Vedo
- scrisse la Madre il 17 gennaio 1944 - che ogni giorno è una sempre nuova
rivelazione della bontà e dell'amore di Gesù e un intensificarsi di
unione con Dio. Le grazie divine si fanno più attraenti e danno allo spirito
un appagamento sempre più pieno».
Nel settembre 1944 le giunse l'invito a tenersi pronta a sfollare. Si rivolse a Gesù
eucaristico: «Credo, Signore, - ripeteva - ma tu sostieni la mia fede».
Il 25 del mese un ufficiale venne a dirle che poteva, per il momento, rimanere (Diario,
144s).
Ma nuove prove si abbatterono su di lei e sulla comunità. Il 10 ottobre moriva
Madre Maria Giacomina, colei che l'aveva sostenuta durante la decennale malattia
e nella fondazione dell'Opera. Il 29 ottobre diverse suore rinnovarono i voti. Tra
di loro vi era suor Maria Rosario, che la Madre considerava «un angelo dell'Eucaristia».
L'indomani, la giovane suora andava incontro a Dio.
Venne il Cardinale a visitare la salma di suor Maria Rosario e commentò: «Sembra
la beata Imelda Lambertini. Attendo grazie da questa piccola santa». La Madre
aggiunse: «Chissà che il Signore non voglia presto glorificare questo
angelo!».
Il 6 novembre un mitragliare fitto di aerei lacerava il cielo di Bologna e sembrava
toccare il tetto della chiesa. La Madre, che aveva avuto l'autorizzazione dal Cardinale,
trasportò l'ostensorio e la pisside con Gesù eucaristico nella cripta,
al sicuro. Si sentì dire da Lui: «Se mi lascio portare da te, non
dovrai lasciarti portare e adoperare da me?»... «Il tuo vivere dev'essere
come una Messa continua: ti desidero così per i miei sacerdoti».
Verso la fine di novembre la vita in città si fece pericolosissima per le
continue incursioni aeree. La gente abbandonava le case per riparare in luoghi più
sicuri. Il Cardinale propose alla Madre di ospitarla con le sue suore in un salone
dell'Arcivescovado. Restarono tutte alloro posto, fidandosi di Dio.
Nel nono anniversario della sua elezione a superiora, il 9 dicembre 1944, le suore
le fecero festa. Gesù le disse: «Le anime sentiranno in te la mia tenerezza
e con rinnovata dedizione verranno a me». Qualche giorno dopo, il 18 dicembre,
sperimentò un dono singolare: «Ho provato per qualche ora la realtà
della presenza di Dio in me, tanto da farmi ritenere che il Cielo stesso non riserbi
molto di più».
Il Natale del 1944 trascorse ancora sotto le bombe. L'anno si chiuse tra bombardamenti
continui, di giorno e di notte. Il Seminario e la villa arcivescovile furono danneggiati.
Il card. Nasalli Rocca si salvò per miracolo, ma rimase nella sua sede, orante
e operoso nell'infuriare dell'incendio.
Madre Maria Costanza intercedeva per tutti.
Nell'inverno 1944-45 parve
bloccata ogni speranza che il conflitto finisse.
«La mia supplica - annotò la Madre 1'8 febbraio 1945 - non ha un istante
di tregua». Invitava le suore a pregare e a offrire: «Conosciamo il valore
della sofferenza? Il Signore, imprimendoci il sigillo della croce, mostra di prediligerci.
Lasciamolo fare e in ogni sua permissione magnifichiamolo e benediciamolo, perché
è buono. La piccola ancella ad oratrice deve avere abitualmente sulle labbra
il sorriso e la lode» .
Mancavano il cibo, l'acqua, il necessario per vivere. C'erano suore ammalate. Madre
Costanza si rivolgeva a Gesù con fede incrollabile: arrivò più
del necessario. Il 31 marzo 1945, sabato santo, come dono della divina Provvidenza,
giunsero farina, carne, formaggio, zucchero e altro. Eppure stava per scatenarsi
ancora su Bologna un inferno di fuoco, così da far temere che la città
sarebbe stata distrutta.
Il 14 aprile 1945 una scheggia rovente penetrò nel monastero e per poco non
uccideva la Madre. Le suore, come ormai da tempo avveniva, trascorsero quella notte
nel rifugio. Alle due di notte, M. Costanza si recò davanti a Gesù
eucaristico, spiegando: «Vado a dirgli che è buono, perché
nessuno glielo dice in questi momenti!»
Era la seconda domenica dopo Pasqua e arrivò il sacerdote a celebrare la Messa.
Fuori tuonavano i cannoni. Iniziava, il 15 aprile, quella che la cronaca del monastero
chiama la «grande settimana». Le suore cominciarono a trasportare
i mobili nel rifugio. «Coraggio - disse loro la Madre - oggi portiamo giù,
ma presto riporteremo su».
Vennero a pregare, nella cripta, il Cardinale e il medico della comunità,
prof. Sotgiu, il quale, guardando l'ostensorio esposto, disse alla Madre: «Resti
pure qui, ho capito tutto».
In quei giorni ella pregava ancora più intensamente, passando lunghe ore davanti
a Gesù eucaristico. Dirà: «Nessuno saprà mai quello che
è avvenuto negli ultimi tre giorni tra me e il Signore Sacramentato».
I tedeschi, vinti dal bombardamento degli Alleati, lasciarono Bologna. All'alba del
21 aprile 1945 l'VIII Armata degli Alleati irruppe in città. Il Cardinale
era in piedi ad attenderli. I soldati polacchi, vincitori della battaglia, s'inginocchiarono
davanti a lui, che li benedisse.
Madre Maria Costanza aveva trascorso quella notte da tragedia in preghiera davanti
all'Ostia Santa. Come in tutti quei giorni di fuoco arrivò anche quella mattina
alle sette il sacerdote a celebrare la Messa. Vi parteciparono tutte. La Madre appariva
una cosa sola con Dio.
Alle otto i cannoni tacquero. Si sentirono i carri armati sferragliare sulle vie.
Echeggiarono canti insoliti. Poco dopo suonarono le campane. Finalmente giunse la
notizia della liberazione della città.
La Madre e le suore iniziarono il ringraziamento a Dio. Alla sera arrivò il
Cardinale per unirsi alla loro lode.
M. Maria Costanza annotò che la Madonna, nel momento più terribile,
le aveva suggerito di offrire un triduo di Sante Messe per la fine della guerra,
promettendo un esito che avrebbe fatto ammirare l'intervento di Dio. La Madre spiegò:
«In seguito si saprà a Chi si deve la liberazione».
Seguirono, volute da lei, nove Messe di ringraziamento e di impetrazione di grazie
per l'Italia e per la Chiesa. In mezzo a tante rovine, il monastero era rimasto intatto.
Quando seppe come era avvenuta la liberazione della città, disse che solo
con la preghiera si era potuto evitare la distruzione di Bologna. Il 30 aprile 1945,
mentre ormai l'Italia vedeva la fine della guerra, scriveva: «Sarà bene
riconoscere con qualche manifestazione di gratitudine quanto Gesù Sacramentato
ha operato per il bene di questa diocesi. È stato proprio Lui. Per ottenere
la grazia, non ho interposto, presso il divin Padre, che il valore e la potenza dell'istante
eucaristico».
La storia d'amore, iniziata dall'innamoramento tra Cristo e Costanza, coinvolgeva
ormai l'umanità intera. Ella, con Gesù, era madre non solo delle sue
suore, ma di un numero sconfinato di fratelli e sorelle.
prossima > |