Paolo Risso |
«Vogliamo venire con voi perché abbiamo compreso che Dio è con voi ».
(Zaccaria 8, 23).
Il Santo Padre Pio XI aveva
proclamato il 1933 Anno santo della Redenzione, nel XIX centenario del sacrificio
di Gesù sul Calvario. Era l'anno stabilito da Dio per l'apertura della nuova
fondazione.
Il cardinale Nasalli Rocca, fin dal settembre 1932, aveva rivolto la domanda alla
Santa Sede per aprire la casa. La risposta arrivò positiva il 21 aprile 1933.
Ma la salute di suor Costanza declinava sempre di più. Una mattina sembrò
giunta per lei l'ultima ora.
Poi, contro tutte le speranze, riprese a star meglio. Il 13 maggio 1933 l'immagine
della Madonna di san Luca, portata nei diversi quartieri della città, si fermò
davanti al nuovo edificio. Suor Costanza, in quel momento, sentì la forza
di scendere dal letto e di inginocchiarsi per pregare.
La Madonna le fece capire: «Dalla bontà del mio divin Figlio otterrai
tutte le grazie che aspetti». Ella ne chiese in abbondanza.
Le difficoltà vennero ancora. Il Cardinale Arcivescovo, convinto sempre più
che l'opera era voluta da Dio, stabilì l'apertura per il 3 agosto. Il 2 agosto,
alle ore 18, venne a benedire il nuovo monastero, dove in silenzio erano entrate
cinque religiose delle Ancelle del Sacro Cuore e tre postulanti.
Quella sera suor Costanza si aggravò: sembrava impossibile che potesse entrare
l'indomani nella comunità di cui era madre. Tuttavia era serena da stupire.
Alle otto del 3 agosto 1933 venne il Cardinale, celebrò la Messa nella cappella
del monastero ed espose Gesù eucaristico all'adorazione della piccola comunità.
Suor Costanza non c'era. Ma l'attendevano: «Verrà?».
Al termine della Messa, il Cardinale andò a farle visita e le ordinò
di passare, nella stessa giornata, all'attiguo convento. «Là tornerò
- disse - per la benedizione eucaristica. Se la troverò ristabilita, le imporrò
di rimanervi, altrimenti la farò immediatamente ricondurre qui. Ho bisogno
di questa prova...» (Diario, 96).
Dopo mezzogiorno suor Giacomina aiutò suor Costanza a vestire l'abito religioso,
poi la condusse in carrozzella alla porta che dalla loro casa immetteva nel monastero.
Entrando in clausura sentì vicino il crollo finale. Ma a questo punto avvenne
il miracolo.
«Le fervide preghiere - narra suor Costanza -
che si stavano elevando per me, ebbero quella forza di fede che muove le montagne,
perché appoggiandomi con le mani alla parete laterale (del coro) ed uscendo
in un forte sospiro, udito da tutte: "Mio Dio", entrai e andai a inginocchi
armi innanzi alla cancellata.
In quell'attimo ebbi come un fortissimo capogiro, seguito immediatamente da un improvviso
circolare in me di una corrente di vita nuova, di fresche energie intatte che mi
permisero di rialzarmi e dirigermi a passo spedito, con la sicurezza di chi abbia
sempre goduto perfetta salute, in uno degli stalli del coro.
L'orologio, in quel momento preciso, batté sei tocchi.
Erano le 18 del 3 agosto 1933, quando, prodigiosamente, dopo dieci anni di infermità,
la divina Onnipotenza mi rimetteva in piedi» (Diario, 98).
Nel coro era esposto il Santissimo Sacramento. Le adoratrici, vedendola giungere
guarita, intonarono il Magnificat. Intanto arrivò il Cardinale, cantò
il Te Deum di ringraziamento per la nuova casa di preghiera che si apriva
e impartì la Benedizione eucaristica. Parlò commentando le parole di
san Paolo: «La vostra vita è nascosta con Cristo in Dio»
(Col 3,3).
Prima di uscire, il segretario gli indicò suor Costanza, nel coro.
Allora si diresse verso di lei e le disse sorridendo: «Così va bene!
Ormai il Signore ha troppo chiaramente significato la sua volontà perché
se ne possa dubitare! Come avrebbe potuto permettere che queste figliole, che hanno
aderito alla sua chiamata, fossero rimaste prive della Madre che sola può
trasmettere lo spirito genuino dell'Opera? Gesù la vuole qui!».
Suor Costanza sentì Gesù che le diceva: «Finché ti
terrai come la polvere... farò tutto per te».
Cenarono insieme quella
sera. Poi uscirono in ricreazione nel recinto del monastero. Il cielo era gremito
di stelle. Suor Costanza esclamò: «Che gran cosa, figliole, poter levare
i nostri sguardi al bel cielo di Dio... Da più di dieci anni non ammiravo
queste bellezze» .
Passeggiarono a lungo. Suor Giacomina, temendo che Madre Costanza potesse cadere,
si era portata dietro una sedia. «Ma perché - le domandò la Madre
- trascinarsi dietro quel peso? Dov'è dunque la sua fede? Il Signore non fa
le cose a metà! Mi sento benissimo, non sento la minima stanchezza, mentre
lei deve essersi certamente stancata. Sieda dunque un po'!».
Suor Giacomina obbedì. Davvero quello fu un gran giorno, quando, tra la gioia
di tutte, si inaugurò la vita nel monastero eucaristico, «l'Arca Santa»
che Gesù aveva voluto per la sua gloria e per la santificazione dei sacerdoti
e di tutte le anime.
Madre Costanza l'indomani fu eletta superiora. Aveva 47 anni. 115 agosto venne il
Cardinale a confermare le elezioni fatte, contento della scelta che si era fatta.
«Madre - le disse - ecco le sue figliole. Le guidi e le animi del suo spirito,
che è lo Spirito del Signore».
Cominciarono a chiamarla Madre. Lo era davvero. Fatta una cosa sola con Gesù,
nell'amore e nel dolore, aveva generato la nuova comunità che muoveva con
lei i primi passi. Le religiose le promisero obbedienza. Ella domandò loro
di sostenerla con le loro preghiere.
Iniziava la vita regolare nell'Arca Santa: tutto con Gesù Ostia per la
Chiesa, il Papa, i Sacerdoti, le vocazioni.
Nello stesso mese di agosto, la comunità cominciò a crescere. Dalle
Ancelle del S. Cuore venne suor Maria Ancilla. Il 15, giorno dell'Assunta, giunse
Ornella, che sarà suor M. Candida. Il 23 arrivò, dalle Ancelle, suor
Maria Agostina. Prima che l'anno finisse si presentarono Elena (suor M. Carmela),
Maria (suor M. Imelda) e Lucia (suor M. Teresa).
La Madre per l'altare, trono di Gesù eucaristico, non guardava a spese. Non
era mai abbastanza bello e grande quel che si faceva per Lui. Le domandarono: «Ma
ce la faremo?». Rispose: «Il Signore è onnipotente e le sue
ricchezze sono inesauribili. In fondo, gli offriamo ciò che è suo.
Serviamolo bene ed Egli non mancherà mai di provvedere a questa sua piccola
famiglia».
Come Madre M. Costanza prometteva, avveniva. L'avrebbero sperimentato ogni giorno.
I muratori stavano terminando gli ultimi due piani e attorno all'edificio c'era ancora
un'impalcatura alta più di venti metri. Una domenica, durante la ricreazione
di mezzogiorno, la Madre invitò le sue suore a salire con lei per vedere a
che punto erano i lavori. Quelle avevano paura, ma vedendo la Madre arrampicarsi
sulle scale, la seguirono.
Giunte in cima, Madre M. Costanza commentò: «Brave! È stato un
piccolo passo che è piaciuto al Signore. Bisogna abituarsi a superare fin
dagli inizi le impressioni, i vani timori. In apparenza, la via della santità
in principio è difficilissima, ma con l'aiuto di Dio onnipotente ben presto
ci avvediamo che è possibile percorrerla con passo spedito. Coraggio e sempre
avanti, con lo sguardo fisso nel Sole divino: Gesù!».
L'anno 1933-34 segnò
dunque l'inizio dell'Opera, un anno di preparazione. Madre Costanza era la guida
e la mamma delle sorelle che l'avevano seguita e le illuminava sullo spirito della
loro vita di consacrate, voluto da Gesù stesso.
Nel maggio 1934 entrarono altre due ragazze, Cecilia e Anna Maria: diventeranno rispettivamente
suor M. Letizia e suor M. Cherubina. Le «postulanti» erano nove. Il cardinal
Nasalli Rocca, i vescovi mons. Pranzini e mons. Archi seguivano paternamente la comunità
Il 7 dicembre 1934 la Madre e le sorelle vestirono il bianco abito, proprio delle
Ancelle Adoratrici del SS. Sacramento: questo il nome della nuova Congregazione.
«Non io, - disse M. Costanza - ma il Signore vi concede la grande grazia della
bianca divisa, che ci assimilerà al candore di Gesù-Ostia. Sarà
la Madonna stessa a porlo nelle vostre mani».
Quel giorno, vestito l'abito, tutte ricevettero un nome e un cognome nuovo. Costanza
Zauli diventò «Madre Maria Costanza del Sacratissimo Costato di Gesù»:
l'Opera, ella l'aveva spiegato, era scaturita dal Costato aperto di Gesù Crocifisso!
Iniziava il noviziato. La Madre era anche la Maestra.
Nell'anno che seguì, il 1935, si alternarono dolori e gioie. Il 22 giugno
si spense mons. Pranzini, vescovo di Carpi, che aveva offerto la vita per la nuova
fondazione. Un dolore grande, come per la scomparsa di un padre.
Vennero per la Madre dolori terribili: il demonio tormentava la nascita dell'Arca
Santa ed ella lottava contro di lui sostenuta da Dio, senza arrendersi, fino al punto
di poter affermare: «Ho avuto la conferma di una grazia ben grande: la certezza
della reale presenza di Gesù nella mia anima» (1 giugno 1935).
Dopo alcune incertezze presto superate, venne da Roma all'Arcivescovo di Bologna
la facoltà di erigere le Adoratrici in Congregazione diocesana. Entrarono
altre sei ragazze, Beatrice, Angelina, Clara, Maria, Anna e Silvana. Saranno suor
M. Agnese, suor M. Grazia, suor M. Francesca, suor. M. Cecilia, suor M. Giuseppina
e suor Maria Rosario... Ricordiamo i loro nomi belli e luminosi, perché sono
le prime.
Il 9 dicembre 1935 quelle che avevano vestito l'abito l'anno prima offrirono a Dio
i santi voti, secondo le Costituzioni della nuova Congregazione, ormai approvata
dalla Chiesa. Nel decreto di erezione, letto prima della celebrazione della Messa,
il Cardinale chiamò Madre Maria Costanza «superiora generale e fondatrice».
Fu la prima a emettere, davanti al buon Pastore, i santi voti, poi, alla sua destra,
accolse come superiora i voti delle altre sorelle. Inanellata da Gesù, insieme
cantarono il Te Deum, l'inno di ringraziamento per l'opera che Dio aveva compiuto.
Il 13 gennaio 1936 il Cardinale consegnò di persona a ogni religiosa le nuove
Costituzioni della «Famiglia», ormai orante e operosa nella Chiesa.
Un giorno arrivò
all'Arca Santa mons. Archi, vescovo di Como, e fece notare che la cappella era insufficiente
per la comunità e non abbastanza decorosa per l'esposizione solenne del SS.
Sacramento. Concluse: «Occorre costruire un nuovo tempio. Provvederò
io alle spese!»
Madre Costanza fu subito d'accordo. Il nuovo tempio avrebbe celebrato in modo visibile
il trionfo di Gesù-Ostia.
Su un appezzamento di terra, situato nel recinto della clausura, il 28 agosto 1936
si pose la prima pietra. Poi cominciarono i lavori. Madre Costanza proponeva, dimostrandosi
competentissima, i suoi progetti agli esperti e ai muratori. Mons. Archi provvedeva
in gran parte alle spese.
Le suore erano stupite perché gli operai non finivano più di scavare
le fondamenta in profondità. Non si vedeva ancora nulla alzarsi verso l'alto.
La Madre le radunò attorno agli scavi e commentò: «Così
è del nostro edificio spirituale. Se ci saremo scavate un buon fondamento
di umiltà, ben presto tutte le altre virtù sorgeranno in noi come per
incanto. Gesù stesso edificherà di sua mano il tempio in cui potrà
trovare le sue compiacenze».
Davvero Dio assisteva la comunità delle religiose e il gruppo dei muratori
in modo straordinario. Non mancava mai nulla. Diversi operai, che erano disoccupati,
trovarono lavoro in quel cantiere. M. Maria Costanza era lieta di poter contribuire
al bene delle loro famiglie. Mentre faticavano, anche durante l'inverno che quell'anno
fu assai mite, ella mandava loro ogni mattina del buon vino, spiegando alle sorelle:
«Sapeste quanto bene si fa alle anime venendo incontro con carità
alle loro necessità fisiche!».
Rapidamente il tempio si innalzò bello e splendente verso il cielo. Madre
Costanza ne era felice. Volle che l'altare fosse un magnifico blocco di marmo bianco,
con ornamenti rossi e fregi in oro, simboli di purezza, carità e immolazione.
Il 29 agosto 1937 l'immagine della Madonna di san Luca fu introdotta nel monastero
e nel nuovo tempio, dove il Cardinale celebrò la Messa. «La Madonna
- scrisse al riguardo la fondatrice - è la nostra vera superiora e madre...
Toccò con mano la sua protezione potente... Vedo spesso innanzi al
SS. Sacramento la nostra Madre in adorazione... come Madre di Dio e come Madre nostra.
Sento che, nelle nostre adorazioni, dobbiamo tenerci intimamente unite a Lei, perché
Ella è la vera adoratrice. Vedrei impossibile raggiungere l'intimità
con Dio, senza vivere in filiali rapporti con Maria santissima» (Diario,
118s).
Il 5 settembre 1937, durante il Congresso eucaristico diocesano, il tempio fu consacrato
solennemente dal Cardinale Arcivescovo. «Gesù mi si mostrò -
narra M. Maria Costanza - nella sua maestà di Pontefice sommo ed eterno e
mi disse che veniva a prendere possesso del suo nuovo tempio, edificato secondo i
suoi desideri. E promise che da quel Trono avrebbe riversato a torrenti le sue grazie
sulla Chiesa, sul Santo Padre e sull'umanità intera» (Diario,
119).
Vennero a celebrare la Messa, nei giorni seguenti, i Cardinali presenti a Bologna
per il congresso. Osservarono e incoraggiarono l'Opera.
C'era un clima di letizia
profonda nell'Arca Santa, il clima che scaturisce solo dalla Presenza di Gesù,
che è la Gioia, la Vita, la meraviglia e la bellezza della vita. «Essere
con Gesù è già, qui, in terra, un dolce Paradiso»,
assicura l'Imitazione di Cristo (II, 8,1).
Madre Maria Costanza era davvero la mamma buona che guidava le sue figlie (e coloro
che avvicinava) a questa gioia, a questo Paradiso in terra, in attesa del Paradiso
eterno.
Non mancava mai però la croce da portare: la Madre lasciava che le fosse posta
sulle spalle, senza venir meno alla letizia e alla tenerezza che l'avvolgeva. Ella
portava la croce per le sorelle della sua comunità, per tutti coloro per i
quali Dio la chiamava a soffrire e a offrire.
Nel giugno 1937 era venuto a predicare in monastero il padre Pirro Scavizzi. Disse
alla Madre: «Presto dovrà sopportare una prova pesante e amarissima».
Ella gli rispose: «Sarà il mio Dio a mandarmela?». «Certamente!».
«Allora sarà dolce!».
Il Padre stupito replicò: «Le ripeto che sarà molto amara!».
Affatto intimorita, Maria Costanza insisté: «Il mio Dio è tanto
buono che non potrà essere che dolce». «Stia attenta a non voler
presumere». La Madre concluse: «Non mi sembra presunzione il confidare
nella bontà del Signore».
P. Scavizzi non aggiunse altro. Ed ella annotò: «Non mi voglio turbare
per quello che verrà. Ho bisogno di trovare in tutto il lato bello. Mi lascerò
condurre dalla grazia. Quel Padre non lo sa, ma di prove ho già una certa
esperienza» (30 giugno 1937).
Prima che l'anno finisse venne da Roma un Visitatore a esaminare la fondazione, nata
da pochi anni. Vide, parlò, ascoltò e ripartì pienamente soddisfatto.
La Madre lo comunicò alle sue figlie che non ne sapevano nulla: «Madre
- le domandarono - come ha potuto mostrarsi sempre serena, da sembrare l'anima più
felice del mondo?».
«Quando l'anima si è stabilita in Dio - rispose - nessuna
cosa può disturbarla; fosse pure tutto il mondo contro di lei, non farebbe
che sorridere al suo Dio, vedendo belle e buone le sue altissime permissioni».
Anche il demonio tentò più volte di turbare la sua pace, la sua gioia.
Ella l'aveva provato fin dalla sua fanciullezza, ma ora che aveva portato a compimento
la sua Opera il demonio si accaniva contro di lei.
«Una sera (20 dicembre 1937) - racconta la Madre - dovendo lasciare il refettorio
per rispondere a una chiamata, mentre scendevo le scale mi sentii trattenere a forza
per lo scapolare e, sotto l'impeto di diversi urti, feci una bruttissima caduta,
fermandomi soltanto nella parete di fondo, dove andai a battere la testa. Stentai
a rialzarmi... Mi sforzai di dimostrare che niente mi ero fatta di male, ma quella
notte la passai in uno spasimo terribile» (Diario, 120).
Continuò a confidare nel suo Sposo divino e a guardare avanti, con speranza
e coraggio, anche se l'ora della storia che si avvicinava si faceva più buia
che mai.
All'inizio del 1938 si cominciò a comprendere che un'altra guerra, più
terribile di quella del 1914-18, non era più lontana. Dittatori esagitati
da ideologie senza Dio stavano per precipitare l'Europa e il mondo in una orribile
tragedia.
Madre Maria Costanza ne ebbe da Gesù la rivelazione: «Il flagello sarà
spaventoso e non potrà essere risparmiato, sarà soltanto mitigato e
abbreviato se si troverà un numero sufficiente di anime riparatrici»
(cf. 12 luglio 1938). Gesù le promise di salvare dal pericolo lei e la comunità
dell' Arca Santa con una speciale protezione.
Ispirata da Lui, Maria Costanza acquistò abbondanti provviste per la chiesa
e per la comunità, predispose il sotterraneo del monastero come rifugio. Le
sorelle erano stupite: «Perché, Madre, fa tutto questo? ». Ella
rispose: «Fra non molto comprenderanno il motivo... Per ora mostriamoci molto
grate al Signore, che ci provvede di tutto; cerchiamo di servirlo bene e di compiacerlo
pienamente».
Era davvero vicino il giorno tristissimo in cui tutti avrebbero compreso.
Le giovani che erano entrate
in comunità, preparate da Madre Maria Costanza, presto vestirono il santo
abito e, compiuto il noviziato, si consacrarono a Dio con i voti. Giungevano altre
ragazze, chiamate da Gesù a compiere la stessa scelta di amore.
La stupenda avventura, iniziata i13 agosto 1933, continuava: la storia d'amore di
Costanza e Gesù contagiava altre e faceva nascere nuove storie d'amore, splendidi
capitoli di dedizione, dell'unica grande storia di Dio che nel suo Figlio incarnato,
morto e risorto, lega a sé l'umanità in comunione totale.
Vestizioni, professioni... Era gran festa all'Arca Santa. Il 29 ottobre 1938 sei
novizie emisero la prima professione e due postulanti vestirono la bianca divisa.
Celebrò, solenne più che mai, il Cardinale.
Madre Costanza, consegnando alle professe il Crocifisso, spiegò loro con il
suo sorriso: «All'anima che ama Dio, Egli solo basta: Lui, che dopo aver
preso possesso dell'anima, desidera stabilirsi in essa per sempre come nel suo tabernacolo
vivo. Niente altro dovrà più occuparci, perché la nostra vita
deve tendere unicamente ad essere posseduta e a possedere sempre più intimamente
Lui. Siamo i suoi cibori, le sue piccole ostie e dobbiamo tenerci in una continua
offerta in unione con la Vittima divina, perché siamo state elette
a divenire copie di Gesù-Ostia, con Lui e da Lui continuamente offerte al
Padre».
Questa era Madre Maria Costanza: ciborio, tabernacolo vivo, piccola ostia sull'altare,
con Gesù, Vittima divina. Non erano solo belle parole. Lo stato vittimale
lo viveva ogni istante, particolarmente quelli dolorosi, quando venivano a morire
le persone che più le erano care. Il 1° dicembre 1938 venne a trovarla,
per l'ultima volta, il suo primo direttore spirituale, mons. Alfonso Archi, gravemente
malato. Si spense tre giorni dopo, il 4 dicembre. Madre Costanza provò uno
schianto.
«Il mio cuore sanguina - annotò - ma Gesù non vuole che io pianga».
E ancora: «Fin da bambina, per effetto della grazia, il mio cuore è
sempre stato libero e interamente donato all'amore di Dio. Neppure le creature
più illuminate e sante che ho avuto per appoggio e guida lo hanno minimamente
occupato. Ho sempre voluto molto bene a tutti... ma a Lui mi donai interamente».
Questo suo cuore, profondamente capace di amare, in libertà da tutto e con
dedizione completa, la portava a un dono senza limiti a tutte coloro che le erano
affidate nella sua comunità. Dotata di luce straordinaria, spesso leggeva
nelle anime e sapeva guidare ciascuna ad essere fedele sino in fondo alla sua vocazione,
a intessere con Gesù un dialogo intensissimo di amore.
Era ferma e comprensiva, esigente e materna. Dirigeva alla santità e aveva
cura della salute fisica di tutte, con le premure di una vera mamma di famiglia.
Una suora, un giorno, le disse scherzando: «Madre, qui non si fa a tempo ad
accorgersi di essere ammalate che già si è guarite». Ella le
rispose: «Gesù
Ostia non può tenere lontane da sé le sue adoratrici».
Avendo offerto tutto a Dio, da Lui otteneva spesso anche i miracoli. Suor Giovanna,
un giorno, aveva un terribile mal di testa, che cercava di nascondere. Ma M. Maria
Costanza se ne avvide e le prese il capo tra le mani. Alla suora scomparve ogni dolore.
suor Maria Saverio fu presa da dolori atroci per appendicite acuta; era indispensabile
l'intervento chirurgico. La Madre pregò intensamente e la suora guarì
all'istante.
Ma grandi avvenimenti stavano per avvicinarsi.
Il 10 febbraio 1939 si
spense improvvisamente il Santo Padre Pio XI. Madre Maria Costanza e la sua comunità
suffragarono nella preghiera la sua grande anima. «Poi - narra - mi sentii
particolarmente impegnata a invocare la luce sui cardinali conclavisti. Ricordai
che Gesù mi aveva detto che il nostro compito assomigliava a quello delle
radici affondate nel terreno, assorbenti il succo vitale da trasmettere al grande
albero: la Chiesa».
Il 2 marzo 1939, dopo un brevissimo conclave, fu eletto papa il cardinal Eugenio
Pacelli, che volle chiamarsi Pio XII. Madre Costanza, appena lo seppe, radunò
la sua comunità e disse: «Ecco il Pontefice angelico, il Papa dell'Eucaristia
e della preghiera. Quanto dovrà soffrire nel suo pontificato! Noi, sue
piccole figlie, in forza della nostra vocazione, abbiamo il dovere di sostenerlo
con la preghiera e il sacrificio nascosto».
L'elezione di Pio XII le apparve «in un bellissimo splendore». Intuì
che «il suo pontificato avrebbe fatto risplendere la santità e la
sapienza del Vicario di Cristo fino agli ultimi confini della terra» (Diario,
122s).
Poco tempo dopo la Madre Generale delle Ancelle del Sacro Cuore andò in udienza
privata dal nuovo Papa e gli parlò anche di Madre Maria Costanza e della sua
comunità dedita all'adorazione di Gesù Eucaristico. Pio XII si commosse,
si alzò in piedi e aprì le braccia, nel gesto che gli sarebbe stato
caratteristico, e benedisse le Adoratrici e la loro superiora.
«Com'è necessaria - esclamò il Papa - in questi tempi
quest'Opera per la Chiesa!». Così ripeté tre volte. Poi consegnò
alla Generale delle Ancelle del Sacro Cuore un Rosario bianco, da lui benedetto,
dicendole: «Lo porti a Madre Maria Costanza, a mio ricordo, e le raccomandi
di pregare molto per me e per la Chiesa intera».
Madre Maria Costanza non mancò di rispondere all'invito del Santo Padre.
Nei mesi che seguirono comprese che sempre più si avvicinava la guerra. «Gesù,
pur assicurando che l'Opera non sarebbe stata distrutta, lasciò intuire il
molto che vi sarebbe stato da soffrire in un futuro assai prossimo» (Diario,
123).
Ella sentiva che avrebbe presto sofferto in se stessa lo strazio delle creature più
colpite e che le sarebbe toccato d'offrire tutto per la fine del flagello. Tuttavia
era inondata dal gaudio che viene solo da Dio.
Una mattina (11 aprile 1939) Gesù le domandò: «Ti pare che l'anima
possa vivere sempre la felicità di Dio?». «Lo credo possibile»
- rispose. «Anche sotto la prova e nel tormento delle vessazioni infernali,
potrà l'anima conservarsi felice in me?». «Nel più fiducioso
abbandono in Te, potrà rimanere nella felicità».
In quel momento si sentì immersa in un mare di gioia divina. Gesù continuò:
«Quanto mi è cara l'anima che si affida al mio amore! Io non la abbandonerò
mai. E quando si fosse tanto ripiegata su se stessa da impedirmi di effondere su
di lei quei tesori di grazia che le riservavo, l'attenderei con le braccia aperte,
anelando l'istante di poterla stringere a me» (Diario, 124).
Nel 53° anniversario del suo battesimo, il 18 aprile 1939, Madre Maria Costanza
vide l'immenso amore di predilezione con cui Dio l'aveva scelta e avvolta dall'eternità,
e la sua grazia divina riversarsi sulla sua anima «in abbondantissime correnti
di acque cristalline, limpide, pure, vivificatrici, d'indicibile bellezza».
Il suo sguardo si allargò a tutta la Chiesa.
«Mi vidi, - narra - quale figlia della Chiesa, fruire di tutte le
sue ricchezze, nutrita al suo seno e fatta partecipe dei suoi tesori di grazia. Vidi
l'Opera nel cuore della Chiesa» (Diario, 125s).
Il 1° settembre 1939 iniziava, con l'invasione della Polonia da parte dell'esercito
tedesco, la seconda guerra mondiale. L'Italia rimaneva, per il momento, fuori del
conflitto. La Madre intuiva che presto vi sarebbe entrata, travolta dall'incendio.
Qualcuno le spiegò che forse era meglio lasciare Bologna e rifugiarsi in un
luogo più sicuro, di sospendere l'adorazione continua a Gesù eucaristico
esposto sull'altare. Madre Maria Costanza sentì Gesù che le diceva:
«Rimanete al vostro posto, non abbandonate l'altare del Sacrificio».
Ed ella rimase, con le sue figlie, a vegliare davanti a Lui sul mondo in agonia.
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