Paolo Risso |
«Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa, c'è miele e latte nella tua bocca»
(Cantico 4, 11).
Aveva contemplato una mirabile
manifestazione della Redenzione del Cristo, suor Costanza. Ora Gesù la chiamava
a partecipare nell'intimo di se stessa alla sua Croce e alla sua Passione. Il Redentore,
sulla Croce, ha generato i figli di Dio, la sua Chiesa. Attraverso il dolore, era
dato a suor Costanza di diventare davvero madre.
Il suo lavoro all'ospedale militare era stato intensissimo. Resse fino al mattino
del 14 febbraio 1916, quando, dopo la Messa, si sentì oppressa da febbre altissima.
Rientrò nel suo Istituto. Venne il medico, dottor Baldi.
Apparve subito grave, ma sembrava impossibile capire la sua malattia. Il cuore, la
spina dorsale, sembravano devastati. Seguirono consulti medici. Si intrapresero cure
forti. Dopo una decina di giorni, riuscì ad alzarsi e a riprendere qualche
lavoro. Ma aveva i piedi piagati e non guarivano.
C'era come un mistero nella giovane suora. Mentre i medici si consultavano, ella
sentiva i loro discorsi: c'era qualcosa che sfuggiva alla loro scienza, il cuore
era logorato come sotto il peso di un amore bruciante. Solo un medico dell'ospedale
militare intuì il dramma che ella viveva:
«Sorella - le disse - io capisco che la sua anima è continuamente unita
a Dio; ma guardi che tale unione finirà per consumare la sua esistenza».
«Veramente - scrive suor Costanza - quella tensione fu la vera causa del mio
male. Gli strapazzi fisici furono il meno» (Diario, 78).
Era l'inizio del suo Calvario, l'inizio più vero della maternità cui
Dio la chiamava. La sua Opera - Opera di Dio - sarebbe nata dal suo dolore trasformato
in amore purissimo, da un lungo cammino di amore e di pianto.
Rimase a letto fino all'ottobre 1916, soffrendo, amando, illuminata dalla guida del
p. Basile e dalla presenza di Gesù. Il giorno in cui iniziavano gli Esercizi
spirituali della comunità, al momento della Comunione, sentì che le
forze ritornavano. Scese dal letto e riprese il lavoro. Ma Gesù le disse:
«Tu non scenderai per prendere parte al ritiro. Ti voglio a mia completa disposizione.
Ti porrò di nuovo sull'altare del sacrificio, ti aiuterò a salirvi...
Sarò io il predicatore di questi esercizi».
Stava per scendere le scale per andare agli esercizi, quando cadde senza più
muoversi. Il medico la trovò in condizioni allarmanti per la debolezza del
cuore. Ma, ancora una volta, non si capiva la sua malattia vera. «La veemenza
dell'amore mi consumava, dandomi una febbre altissima», spiegherà
ella stessa.
Durante la novena di Natale Gesù la illuminò a fondo sulla sua Opera
futura. Nella notte fra il 15 e il 16 dicembre 1916 si trovò avvolta da una
luce abbagliante, pur nel dolore: «Mi pareva - dice - di penetrare l'interiore
di Maria SS. nel periodo dell'Incarnazione, quando in lei brillava il Sole eterno,
il Verbo. In senso mistico, si veniva operando in me una misteriosa maternità
in ordine alla fondazione» (Diario, 80).
La vigilia di Natale venne Gesù: «Vuoi prestarti al compimento dei miei
disegni, oppure preferisci il soggiorno eterno?».
«Signore, non scelgo né l'una né l'altra cosa. Si compia la tua
volontà!».
«Sarai crocifissa, schernita, derisa!».
«Se ciò è tuo volere, si compia!».
«Ti lascerai crocifiggere?».
«Scelgo quello che tu vuoi!» (ivi).
Un'oscurità profonda
l'avvolse, come il divino Crocifisso sul Calvario. La notte del venerdì santo
è attraversata da bagliori di fuoco, segnata dal sangue, ma è l'introito
della Pasqua di Risurrezione.
Suor Costanza non ricordava, tanto era il dolore, neppur più le grazie di
predilezione già ricevute. Crescevano attorno a lei diffidenze e sospetti.
I medici studiavano il suo «caso» ed ella ne era umiliata. Qualcuno di
loro, incredulo, parlava di malattia simulata. Provarono a vincerla con violenza.
Non le restava che unirsi sempre più al suo Sposo divino: Sposo Crocifisso,
Sposo di sangue. Rispondeva con amore davanti al suo infinito Amore. «Rimasta
finalmente sola - racconta - domandai a Gesù se veramente ero nell'inganno.
Egli allora mi fece vedere l'Opera come un gioiello di finissima fattura»
(Diario, 81).
Finalmente il dottor Gentilini, profondamente credente, intuì sulla suora
inferma l'azione soprannaturale e convinse gli altri medici a lasciarla «alle
cure del Medico divino».
Ormai la si doveva vegliare giorno e notte. Sorrideva sempre, nonostante le tenebre
così fitte che la facevano dubitare persino dell'esistenza di Dio. Ma un raggio
di luce la invase: «Se Dio non ci fosse, non potrei resistere a questo dolore...
Dio c'è e mi ama, ed è Lui che si china a sostenere la sua poverissima
creatura».
«Quel Gesù che ha potuto guidarla fin qui - le scriveva il p. Basile
- continuerà e porterà a termine l'opera sua. La benedico nel Cuore
divino di Gesù e le comunico la benedizione settimanale del Santo Padre».
Il demonio cercava di portarla alla disperazione: «Come puoi pensare di essere
amata da Lui, se tanto possiamo su di te?». Suor Costanza però pregava
continuamente.
Venne Gesù stesso a spiegarle le preghiere più belle: l'Ave Maria,
il Gloria Patri, il Padre nostro: «Lo ha insegnato Lui ed Egli solo può
scoprirne il profondo significato».
Nell'anno seguente - il 1917 - finalmente suor Costanza poté lasciare il letto.
Cominciarono ad alternarsi periodi di vita regolare e di malattia. In quegli anni
Gesù le fece incontrare coloro che lo rappresentano sulla terra, per riceverne
luce e coraggio per la sua Opera.
Stava per essere eletta
la nuova Superiora generale. Suor Costanza desiderava, per l'intuizione che ne aveva
avuto da Dio, che fosse eletta M. Serafina Malaguti, che l'avrebbe aiutata nella
fondazione. Pregava e offriva.
Intanto il card. Gusmini, saputo che la suora si era alquanto rimessa in salute,
le fece sapere che desiderava vederla al Santuario della Vergine di san Luca. Accolta
con paterna carità, aprì al Cardinale la sua anima e gli confidò
che il Signore desiderava come Madre generale suor Serafina Malaguti, perché
sotto il suo governo avrebbe compiuto grandi cose. «Che cosa?», le domandò
Gusmini. «Se sarà suo docile strumento - si limitò a dire Costanza
ó farà quello che Egli vuole».
Andò a confidare tutto alla Madonna nel suo santuario. Mentre discendeva con
la consorella che l'accompagnava, vide un triplice arcobaleno che univa il santuario
mariano al suo istituto. Da quel giorno, anche se non aveva ancora rivelato tutto
al Cardinale, cominciò a recarsi spesso da lui, che l'ascoltava, la stimava
e le credeva. Intanto chiedeva al Signore che gli manifestasse Egli stesso il suo
«segreto».
L' 11 settembre 1917 il card. Gusmini ricevette una lettera da Elena Rocca, una giovane
di Imola, che egli dirigeva nelle vie di Dio. Elena gli comunicava una rivelazione
ricevuta da Gesù nella Comunione: il Cardinale avrebbe dovuto andare al più
presto all'Istituto delle Ancelle del Sacro Cuore, dove una religiosa, suor Costanza,
lo avrebbe informato su un'Opera voluta da Dio per dedicarsi all'adorazione eucaristica,
alla santificazione dei sacerdoti e all'incremento delle vocazioni sacerdotali.
Lo stesso giorno, alle cinque del pomeriggio, l'Arcivescovo arrivò all'Istituto,
inatteso. Quando si vide davanti suor Costanza, sbottò: «Lo vedi? Sono
venuto in persona per sapere dalla tua bocca la pura verità e ti ordino per
obbedienza di dirmi tutto quello che il Signore ti ha rivelato riguardo a un'Opera
nuova che sembra voglia nella sua Chiesa».
«Eminenza, poiché ella già conosce questo disegno dell'Amore
divino, non potrò nasconderle quanto Gesù mi fa comprendere...».
«Gesù - spiegò il cardinale - mi ha fatto conoscere questo segreto
per mezzo di una santa figliola che io dirigo, Elena Rocca, già da me sperimentata
in modo da non poter dubitare di lei... Tu sai tutto, essendo stata scelta come pietra
fondamentale di quest'Opera».
«È da gran tempo, Eminenza, che Gesù mi va parlando di questa
sua Opera, che gli darà anime le quali dovranno occuparsi unicamente e direttamente
di Lui, nella perpetua adorazione del SS. Sacramento, solennemente esposto, in una
vita puramente contemplativa, non solo per tendere alla propria santificazione, ma
per cooperare a quella della porzione eletta della Chiesa, il Sacerdozio e la Famiglia
religiosa».
«Quanto mi dici è bello e sublime, ma quanti milioni hai per venire
all'attuazione di desideri così santi?».
«Neppure un centesimo!».
«Neppure io sarei in grado di aiutarti per la parte finanziaria... Se è
veramente il Signore a volere l'Opera, non vi saranno difficoltà a fermarlo.
Io ti aiuterò in ogni modo, con l'appoggio, la guida, l'interessamento».
Il 20 ottobre 1917 Serafina
Malaguti fu eletta Madre generale, come suor Costanza aveva pregato. Il 12 marzo
1918 ella rivelò alla Madre il desiderio di Gesù riguardo all'Opera.
Quella le rispose che non avrebbe mai permesso che lo spirito della Congregazione
venisse cambiato.
Ma il pomeriggio di quello stesso giorno lo Stato Maggiore degli ufficiali di Bologna
visitò l'Istituto e, trovatolo adatto all'uso dell'esercito, diede ordine
alle suore di sgomberare entro cinque giorni. Fu la disperazione per le buone Suore.
La Madre generale ordinò a suor Costanza di pregare per ottenere da Dio di
non dover lasciare la casa.
Poi andò dal card. Gusmini a chiedere il suo appoggio. Il cardinale la invitò
a far pregare suor Costanza; la quale rispose alla Generale che promettesse al Signore
qualcosa di suo gradimento, per ottenere la grazia. A nulla servì l'intervento
dell' Arcivescovo presso lo Stato Maggiore. Anzi, i militari ordinarono alle suore
l'immediato trasloco.
Le suore, tra le lacrime, fecero i bauli. Ma ecco che il19 marzo, festa di san Giuseppe,
arrivò il cappellano della casa ad annunciare, da parte del Cardinale, che
i militari non volevano più occupare l'Istituto. La Madre generale domandò
a suor Costanza che cosa si potesse fare in atto di ringraziamento. «Siano
le religiose - rispose Costanza - a proporlo ».
Tutte insieme proposero: «Vogliamo l'adorazione eucaristica».
Suor Costanza con la sua preghiera era stata più forte dello Stato Maggiore
dell'esercito. Da quel giorno le Ancelle del S. Cuore si alternarono, di giorno e
di notte, in turni di adorazione a Gesù in Sacramento.
Era il Signore che preparava la sua Opera, passo dopo passo.
Da parte sua, il card. Gusmini domandò a suor Costanza chi l'avesse guidata
prima di farsi religiosa. Quando seppe che era stato mons. Alfonso Archi, ora vescovo
di Corno, gli scrisse e lo invitò a Bologna.
Gusmini e Archi si incontrarono e parlarono a lungo. Il Cardinale si impegnò
a far di tutto per sostenere la fondazione che doveva iniziare. Prima di ripartire
per Corno, mons. Archi andò a parlare con la sua figlia spirituale: l'aveva
lasciata poco più che bambina e ora la vedeva religiosa professa. Fu gioia
grande per entrambi, quel 22 agosto 1918.
Suor Costanza si sentì incoraggiata ad andare avanti nella sua via.
Pur favorita di tante grazie,
ella adempiva, come ogni religiosa, il suo incarico: era ancora dedita, oltre che
ai servizi più umili, alle piccole del collegio, per le quali continuava ad
essere mamma e più che mamma.
Le bambine le volevano molto bene e sentivano la presenza di Dio in lei: una presenza
dolce, affascinante, capace di comunicare pace e gioia.
Ci sono episodi da Fioretti di san Francesco, tra suor Costanza e le sue allieve.
Uno per tutti basta a rivelare il suo stile.
Quando infuriava il temporale, le piccole accorrevano a lei e le si aggrappavano
da ogni parte. «Oh, io non ho paura: sono sotto il suo grembiule». «Neppure
io, perché mi tengo stretta al suo abito». «Io mi sono presa la
sua corona del Rosario».
«Quella scena - commenta una consorella ó era come il simbolo di quello che
sarebbe avvenuto quando suor Costanza, madre spirituale di una nuova famiglia, avrebbe
aiutato le sue figliole a superare i temporali scatenati dal nemico del bene. Lo
posso attestare: la nostra Madre, in tutta la sua vita, ha avuto la missione di
infondere pace e tranquillità nelle anime, prima in famiglia, poi nella comunità
delle Ancelle del S. Cuore, infine nella sua Opera».
Tutta di Dio, tanto che già alunne e molte sorelle la vedevano santa, suor
Costanza era traboccante di gioia, l'anima delle ricreazioni e delle feste delle
alunne dell'Istituto, sia quando erano sole sia quando intervenivano i parenti e
le autorità bolognesi. «Ad ogni età - diceva - si deve concedere
il giusto svago, e questo farà evitare tante offese al Signore».
L'amore di Dio che la possedeva si rivelava, nonostante il suo nascondimento, alle
sorelle più attente.
A una giovane postulante, da poco entrata, che le chiedeva di aiutarla a prepararsi
alla confessione, rispose: «La sua piccola anima non ha bisogno di molta
preparazione, ma solo di un grande amore e di confidenza nella misericordia di Dio.
Valendosi della sua piccolezza, si getti tra le braccia di Gesù e si lasci
irrorare dalle onde santificatrici del suo Sangue divino».
Stava sempre all'ultimo posto, sottomessa alle superiore e a tutte, vedendo in ciascuna
di loro «un'Ostia consacrata», cioè un altro Gesù. Ma proprio
per questo erano sempre più numerose quelle che comprendevano che ella viveva
a contatto continuo e diretto con Dio. Persino la Madre generale le parlava con rispetto,
a voce bassa.
E suor Costanza era solo un'umile conversa.
La guerra, che aveva squassato
l'Europa per quasi cinque anni, volgeva al termine, con perdite terribili, lasciando
una lunga scia di violenza e di sangue.
Suor Costanza - insieme alle consorelle e a tutti i buoni - aveva pregato, sofferto
e offerto la sua vita per la pace tra gli uomini e le nazioni. Ora con la preghiera
e il sacrificio intendeva contribuire alla costruzione di un mondo più umano.
Soprattutto con l'Opera che Gesù le chiedeva.
Il card. Gusmini - che aveva promesso il suo interessamento - le propose di rivolgersi
al papa Benedetto XV per chiedere la sua approvazione. Il 26 dicembre 1918, con la
Madre generale, Serafina Malaguti, partì per Roma.
Dopo un viaggio difficile, su un treno gremito di militari e di feriti, giunse a
Roma, dove l'udienza era fissata per il giorno 27 dicembre. Le fu fatto sapere che
il Papa, a causa della morte di un fratello, non riceveva per 15 giorni.
Ma il 30 dicembre Benedetto XV fece chiamare le due religiose. Madre Serafina presentò
al Pontefice suor Costanza e gli disse che doveva trattare cose importanti con lui.
E si ritirò. Suor Costanza rivelò al Santo Padre l'Opera che Gesù
le chiedeva. Egli ne era già stato informato dal p. Basile.
Convinto che l'Opera era voluta da Dio, il Papa affidò al Cardinale di Bologna
il compito di interessarsene confermando la sua approvazione, e incoraggiò
la Madre generale a offrire tutto il suo appoggio.
Tornarono a Bologna il giorno stesso e andarono a riferire le parole del Papa al
card. Gusmini. Il quale, all'istante, stabilì che nella Comunità delle
Ancelle del S. Cuore ogni domenica, fino alla Messa del lunedì, si esponesse
solennemente Gesù eucaristico e le religiose si alternassero nell'adorazione.
Madre Malaguti radunò il suo consiglio e parlò alle sue collaboratrici
dell'Opera che stava per nascere proprio dal seno della loro congregazione. Le due
ex-generali, M. Papotti e M. Gaiffier, giudicarono la cosa inaccettabile. Suor Costanza
fu chiamata a rendere conto, quindi sottoposta, in seguito, a diversi esami.
Non si scoraggiò affatto - anche il Vicario di Cristo l'aveva approvata! -
e affidò tutto alla Madonna. Mons. Archi, il suo primo direttore spirituale,
vescovo di Corno, consigliò di rompere ogni indugio e inviò al card.
Gusmini una generosa offerta per acquistare il terreno per il nuovo monastero: 50
mila lire di allora!
Nel marzo 1919 il card. Gusmini «spedì» suor Costanza a Corno
a conferire con mons. Archi. L'accompagnava suor Giacomina, ed entrambe soggiornarono
tre giorni dalle Canossiane. Le ragazze che frequentavano quell'ambiente ne rimasero
affascinate; tre di loro entreranno in seguito tra le Ancelle del S. Cuore e una
seguirà poi suor Costanza.
Finalmente, l'8 dicembre 1919, madre Malaguti acquistò dalla principessa Ercolani
un appezzamento di terra, attiguo all'Istituto delle Ancelle del S. Cuore - così
aveva voluto il Signore Gesù - dove sarebbe sorto il nuovo monastero.
«Va bene - disse
un giorno l'Arcivescovo a suor Costanza -, adesso abbiamo il terreno per iniziare
la costruzione, ma le vocazioni dove sono?».
Era un nuovo segno che chiedeva.
Suor Costanza, che si apprestava a diventar madre di nuova famiglia, chiese immediatamente
a Gesù le vocazioni per la sua Opera. Il noviziato delle Ancelle del S. Cuore
era vuoto e in comunità vi era una sola postulante.
«Verranno anche le vocazioni, Eminenza!», rispose Costanza al card. Gusmini.
«Già, tu credi di poterla spuntare sempre con Nostro Signore»,
borbottò il Cardinale.
«So di poter sperare, a patto che io faccia sempre tutto quel che Egli vuole».
Nel giro di pochi mesi entrarono tra le Ancelle ben quattordici ragazze, cinque delle
quali manifestarono chiaramente la vocazione per la nuova fondazione di contemplative.
Quando lo seppe, il Cardinale ne fu soddisfatto, e iniziò lui stesso il lavoro
di formazione per le giovani chiamate alla vita di adorazione continua di Gesù
eucaristico. La Congregazione delle Ancelle del S. Cuore non era ancora giuridicamente
definita e già nel suo seno nasceva una nuova famiglia: occorreva prudenza
e dedizione; ma non era solo un Successore degli Apostoli a far da guida; Gesù
stesso le guidava.
Nel silenzio, nella preghiera, le cinque giovani si preparavano e i loro cuori si
facevano ardenti d'amore a Cristo, al sacerdozio, alla Chiesa.
Il 20 ottobre 1920, mentre in Italia dilagavano scioperi e violenze da parte di opposte
fazioni rosse e nere e si avvicinava la fine di ogni libertà civile, suor
Costanza con madre Malaguti, e la sua vicaria, con madre Gaiffier, per invito di
Gusmini partirono per Roma, per un secondo colloquio con Benedetto XV.
A Roma soggiornarono dalle religiose di Cluny.
Il Santo Padre l'accolse con bontà: «Rimase convinto - narra suor Costanza
- di tutto quanto gli esposi circa i precisi desideri di Gesù per l'Opera,
si disse dispostissimo a favorire la sollecita attuazione, promise di far avere all'
Arcivescovo di Bologna le necessarie facoltà per la fondazione» (Diario,
90).
Uscì felice dall'udienza, camminando un po' indietro dalle tre Madri che l'accompagnavano.
Scendendo la scala regia - quella dove un tempo passavano i re e i principi della
terra - vide dirigersi verso di lei due Prelati: uno era mons. Achille Ratti (il
futuro papa Pio XI), l'altro era mons. Giovanni Battista Nasalli Rocca. Quest'ultimo
domandò:
«Sono di Bologna, loro?».
«Sì», rispose suor Costanza.
Mons. Nasalli Rocca la benedisse e aggiunse sorridendo:
«Brava! Il Signore l'aiuti sempre a compiere la sua volontà!».
In quell'istante, ella comprese in Dio che quel Prelato sarebbe presto diventato
il nuovo arcivescovo di Bologna, con il quale avrebbe iniziato la sua fondazione.
Ed intuì che il card. Gusmini se ne sarebbe andato presto.
Le altre Madri rimasero stupite dell'incontro di suor Costanza: «Con chi ha
parlato? Guarda un po' che cosa curiosa andare proprio a fermare lei...». Anche
suor Costanza ne era meravigliata.
Il Papa aveva appena detto: «Rimetto ogni potere all'Arcivescovo della diocesi»
ed ella all'uscita dell'udienza già incontrava colui che avrebbe attuato il
piano di Dio.
Davvero, un passo dopo l'altro, con sempre maggior luce, Gesù la preparava
a diventare madre.
Il card. Gusmini fu soddisfatto
delle decisioni del Santo Padre. Ma la sua salute declinava. Quando capì che
la fine era vicina, raccomandò a mons. Giovanni Pranzini, suo Vicario Generale,
di interessarsi della nuova fondazione. Il 24 agosto 1921 l'Arcivescovo moriva.
Suor Costanza si recò da mons. Pranzini, diventato Vicario Capitolare, nell'attesa
della nomina del nuovo arcivescovo. Mons. Pranzini si mostrò molto freddo
e diffidente. Qualche tempo dopo si presentò a lui suor Giovanna, la più
giovane di quelle che sarebbero entrate in monastero.
Semplice come una bambina, gli disse: «Io sento nel Signore che ella si occuperà
dell'Opera. È il Signore che la vuole ed ella ne sarà lo strumento!».
Mons. Pranzini ne fu conquistato e cominciò a offrire il suo consiglio e la
sua guida.
Passarono sei mesi e fu nominato il nuovo arcivescovo: mons. Nasalli Rocca. Quando
suor Costanza vide la sua foto, all'istante riconobbe il Prelato che aveva incontrato
due anni prima sulla scala regia, uscendo dall'udienza con il Papa. Allora disse:
«Sotto il suo governo si realizzerà l'Opera».
«Il nuovo Pastore non vuole sentire parlare di clausura», le risposero.
«Dio ha in mano il cuore e la volontà degli uomini. Sarà lui
a cooperare al piano divino».
Suor Costanza pregava e attendeva l'ora di Dio. Pregava per l'Italia che sperimentava
lotte fratricide, per la Chiesa avversata dal socialcomunismo e dalla massoneria.
Nella sua silenziosa offerta, nella partecipazione al Sacrificio di Gesù nella
santa Messa, ella offriva se stessa, per la Chiesa e per il mondo intero. Intercedeva
per l'Italia e per i suoi governanti nel difficile momento, affinché fossero
fedeli a Dio.
«Mi tenevo in una continua offerta - scrive - e il Signore, per avermi
a sua disposizione, finì con l'adagiarmi sulla croce. Il mattino della
solennità del nostro patrono S. Giuseppe, il 19 marzo 1923, tentai di alzarmi,
ma mi fu impossibile muovermi. Di natura ardente, provai una ripugnanza invincibile
al solo pensiero di dovermene rimanere a lungo immobile e inattiva. Il Signore
mi aiutava facendomi comprendere che aveva bisogno della mia sofferenza per i suoi
sacerdoti. Mi tenevo continuamente associata all'offerta eucaristica» (Diario,
92).
Era la primavera del 1923: per dieci anni suor Costanza sarebbe rimasta bloccata
dalla sofferenza, come sulla croce. Unita, ancora di più, nel dolore e nell'amore
al suo Sposo divino, con Lui generava la sua Famiglia.
Era madre.
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