Paolo Risso |
«Tu mi hai rapito il cuore, sorella, mia sposa, con un solo tuo sguardo».
(Cantico 4,9)
Nell'estate 1914 la guerra
dilagò in Europa, dalla Serbia all'Austria, dall'Inghilterra alla Russia.
L'Italia, rimasta a guardare per alcuni mesi, il 24 maggio 1915 entrava nel conflitto
contro l'Austria. Sarà carneficina per quattro anni, «l'inutile strage»,
come la chiamerà giustamente papa Benedetto XV.
Da quando esiste la Chiesa capita sempre così: i potenti della terra fanno
il possibile per far soffrire e morire, gli uomini e le donne di Dio, segnati da
Cristo, si sacrificano per far vivere.
Così avvenne anche nel 1915 a Bologna. Alla Famiglia delle Ancelle del S.
Cuore, dedita all'educazione della gioventù, furono richieste alcune suore
per assistere i feriti e i malati negli ospedali militari. La Madre generale, Pia
Gaiffier, mandò suor Costanza e suor Giacomina a servizio nell'ospedale militare
bolognese «San Leonardo».
Le autorità militari affidarono a suor Costanza non solo l'assistenza come
infermiera, ma la direzione del guardaroba e la contabilità.
Ella, davanti ai libri «a partita doppia», si spaventò; non aveva
neppure frequentato regolarmente le elementari. Lo confidò alla Madre generale,
la quale, conoscendola, le rispose: «Fatti aiutare da Gesù». E
le assicurò che avrebbe toccato con mano i miracoli dell'obbedienza. Infatti,
nel nuovo ambiente, in mezzo a giovani militari non sempre corretti e a problemi
nuovi che non aveva mai visto, Gesù l'avvolse di luce e la preparò
ancora più da vicino a realizzare la sua Opera. Egli l'aveva fatta sua nelle
mistiche nozze e nella professione perpetua, ora la mandava tra i fratelli più
sofferenti a irradiare Lui.
Per le strade del mondo Gesù non ci lascia mai soli. Non ci sarebbe più
l'irradiazione, ma solo un muoversi a vuoto. «Gesù - scrive suor
Costanza - mi aiutava in tutto. Quando dovevo entrare nelle camerate, si metteva
al mio fianco, mi accompagnava, avvolgendomi della sua luce» (Diario,
74).
Così, benché non sapesse nulla di ragioneria, i conti erano sempre
a posto e il superiore militare se ne rallegrava, stupito. In mezzo ai soldati, con
la presenza di Cristo in sé, incominciò a intessere miracoli d'amore.
Era sempre vigile su quei ragazzi, segnati dal dolore nel corpo e nello spirito.
Preveniva il male in mezzo a loro. Ne avvertiva l'ombra ed era pronta a tutto per
impedirlo. Umile e dolce, come sorella e mamma, si faceva intransigente, pur di ostacolare
il peccato.
Ogni sera i soldati la vedevano visitare le corsie e accertarsi che tutti fossero
a riposare. Le spettava il grado di «capitano», ma non erano tanto i
galloni che li soggiogavano, quanto l'ascendente particolare che emanava dalla sua
figura.
Una figura che gli altri sentivano posseduta da Qualcuno più grande. Abitata
dalla presenza di Dio.
C'era disordine, una sera,
nel reparto degli ufficiali. Suor Costanza andò a vedere. La causa era una
finestra che permetteva di comunicare con l'esterno. Al mattino seguente, dopo aver
chiesto il permesso a chi comandava, chiamò un muratore, fece murare la finestra,
e ne fece aprire un'altra nel giardino.
Seguirono proteste da parte dei giovani ufficiali, ma Costanza fu irremovibile. Anzi,
il suo comportamento conquistava anche coloro che non credevano ed erano ostili alla
fede. Ella li avvolgeva ogni giorno, ogni ora si può dire, con la sua preghiera
insistente e confidente, e presto molti cominciarono a cambiare vita.
Un capitano, massone, uno dei più ostili alla Chiesa, dichiarò in seguito
che solo al vederla sentiva esplodere in sé una lotta terribile. Un giorno,
vinto dalla Grazia, le disse: «Sorella, io non ho mai voluto credere in Dio,
nel Paradiso, nella fede cattolica, ma ora, vedendo i suoi sacrifici, la sua dedizione
per il prossimo, mi vado convincendo che davvero ci sia Dio, il Paradiso, e sento
che dovrà essere tutto per lei» .
Suor Costanza lo ascoltava commossa, quando il capitano aggiunse: «Preghi per
me, affinché il suo Dio mi usi misericordia». Qualche tempo dopo l'ufficiale
ritornò a Dio.
Capitava che in qualche dormitorio non si riusciva a tener la disciplina. Si chiamava
allora suor Costanza, la suora del primo reparto. Una sera arrivò che i malati,
ormai convalescenti, si tiravano i cuscini, saltavano da un letto all'altro, con
un baccano indiavolato, disturbando gli altri.
Quando la videro passare, quelli si nascosero sotto le coperte, come bambini spaventati.
Costanza rimase a passeggiare fin quando furono addormentati, come fa la mamma con
i suoi bambini. L'indomani, appena svegli, quei militari si chiedevano tra loro:
«Che è mai quella suora, passata nel nostro dormitorio, tutta avvolta
di luce, mentre ogni lume era velato?». Uno rispose: «È la suora
del primo reparto!».
Un'altra volta, entrando in una camera, vide un ufficiale che stava per spararsi.
Suor Costanza lo affidò alla Madonna, e vide Maria SS. disarmare il giovane
e come invaderlo della sua luce. In seguito, l'ufficiale cambiò completamente
vita.
Le altre suore le domandavano: «Tu come fai a tener l'ordine?». Rispondeva:
«Invoco Gesù. Lui mi è sempre accanto e mi dà lo sua
forza e lo sua autorità».
Davvero era diventata autorevolissima. Non perché riferisse le marachelle
alle autorità militari, ma per la forza soprannaturale che scaturiva da lei.
Si trovò un giorno a dover passare per una scala gremita di militari. Pensò
di aspettare alquanto, ma vedendo che l'afflusso cresceva ed ella doveva andare a
compiere il suo dovere, decise di passare. Al primo scalino, il capitano presente
ordinò ai soldati di mettersi sull'attenti e di presentarle le armi.
Ed ella, umile e semplice, passò come se fosse un Capo di Stato. Quelli, in
seguito, dissero di lei: «Era circondata da un alone di luce».
Era Gesù, il divino Capitano, il meraviglioso Condottiero delle anime, che
attraverso quella piccola donna faceva sentire il suo fascino divino e li chiamava
all'unità d'amore con Lui.
Chi ha con sé il
Cristo diventa amico, fratello, padre e madre degli altri. È attraverso i
suoi eletti che Gesù continua a effondere la sua tenerezza in mezzo alle asprezze
e alle atrocità del mondo.
Ai soldati feriti o malati suor Costanza si presentava come una sorella e una mamma
vera. Sempre in ascolto delle loro necessità, accoglieva le loro confidenze
e, guadagnati i loro cuori, li orientava a Dio. I suoi prediletti erano quelli che
soffrivano di più. Coloro che non lasciava un istante erano i morenti, specialmente
quelli che sapeva lontani da Dio: li preparava ad accogliere il sacerdote e, per
mezzo suo, il perdono di Dio e il Santo Viatico; era lei che dalle tenebre dell'esilio
li introduceva nella gioia eterna di Dio.
C'erano feriti che soffrivano dolori atroci. Non mancavano le parolacce e le bestemmie.
Ma quando arrivava suor Costanza, si diffondeva attorno un senso di pace e di accettazione.
Un soldato, straziato dagli spasimi, urlava come un disperato e nessuno riusciva
a calmar lo. Ella fece di tutto per rasserenarlo. Inutilmente.
Gli offrì una bibita dissetante. Il giovane bevve. Intanto Costanza invocava
il suo Gesù. Improvvisamente il soldato gridò: «Sorella, sono
guarito». Era guarito davvero e la suora gli parlò di Dio come solo
lei sapeva fare. Il militare si trasformò in un fervente cristiano.
Un giorno scomparvero numerosi indumenti. Moltissimi soldati furono «consegnati».
Lo seppe suor Costanza che era guardarobiera. Ella conosceva quei ragazzi, sofferenti
già per mille problemi. Parlò in modo tale agli ufficiali che ottenne
la pronta liberazione per tutti. Da quel giorno i soldati diventarono docili a lei
come bambini. L'aiutavano nei suoi lavori, scegliendo i più faticosi, impararono
da lei a rammendare e persino a far la calza o a lavorare all'uncinetto!
Ed ella, approfittando dell'ascendente che aveva su di loro, li portava a Dio, alla
vita d'intimità con Lui. Confida: «Mi sentivo fra quei buoni militari
come a casa mia...». «Gesù mi ha fatto capire che nessuno di
quelli che mi era stato affidato era andato perduto: tutti si sono salvati»
(Diario, 74).
Sorella e mamma di poveri giovani segnati dalla malvagità degli uomini, dalle
atrocità della guerra, sarebbe diventata madre di sorelle e di fratelli inviati
per la salvezza del mondo. Gesù continuava a istruirla sull'Opera che voleva.
Il 17 gennaio 1916, festa di sant'Antonio, racconta: «Stavo sui miei libroni
della contabilità, ad una grande tavola, con intorno una schiera di soldati,
quando Iddio mi illuminò interiormente sull'Opera, sul bene che avrebbe fatto
alla Chiesa, alla sua porzione eletta ( = i sacerdoti), in una grandiosità
di programmi che ne rimasi sgomenta».
Alcuni ufficiali, irritati
che la finestra che dava sull'esterno dell'ospedale fosse stata murata, denunciarono
la suora all'arcivescovo card. Gusmini. Il quale la mandò a chiamare e volle
sapere, parlandole anche aspramente.
Suor Costanza, tutt'altro che impaurita, gli spiegò perché e per come,
concludendo che non poteva permettere il dilagare del male. Il cardinale la scrutò:
«È proprio vero quel che mi dici?».
«Potrei forse - gli rispose suor Costanza - non dirle la verità? Non
mi sarei fatta complice di cose cattive se, dopo aver visto quel che succedeva, non
avessi cercato di porvi rimedio? Non è il primo dovere di noi religiose
avere il coraggio di compiere il bene?».
La sua parola schietta convinse Gusmini che Costanza era innocente, anzi comprese
che era una creatura privilegiata da Dio. Il colloquio terminò in tono paterno:
«Venga da me ogni volta che ne ha necessità».
Gli ufficiali che l'avevano accusata furono allontanati, l'ospedale brillò
non solo per la disciplina, ma per la carità tra i soldati, come in una famiglia.
Soldati e ufficiali si aprivano con suor Costanza e le chiedevano aiuto per la loro
salute e ancora più per la loro vita.
Quando, dopo una giornata di lavoro spossante, giungeva la sera, essa trascorreva
gran parte della notte in preghiera davanti al Tabernacolo. Gesù le rivelava
il suo piano d'amore per il futuro. Essa trepidava e temeva. Gesù le ripeteva:
«Non temere, farò tutto io». E veniva spesso a dialogare
con la sua sposa.
Una sera arrivarono duecento malati nel reparto medicina. Essa era allo sportello
per riceverli. Mentre li accoglieva, uno per uno, come una mamma accoglie i suoi
bambini nel bisogno, Gesù venne a lei in una bellezza indescrivibile: «Ascoltami,
ho qualcosa da dirti...».
Suor Costanza gli rispose: «Vedi, Gesù, non posso... Vieni un'altra
volta. Ho questi poveri malati che gridano... Prima devo pensare a loro».
Quegli ammalati le facevano una pena grandissima, fino a spezzarle il cuore. Tutti
la chiamavano, come si chiama la mamma in soccorso. Gesù, solenne e radioso
di luce, la benedisse con i suoi malati e scomparve. Ella aveva lasciato il Cristo
glorioso per ritrovare il medesimo Cristo dolorante nelle sue membra: «Quel
che hai fatto al più piccolo dei miei fratelli - l'aveva assicurato lui
- l'hai fatto a me» (Mt 25,40).
Le grazie più ineffabili
continuavano per lei anche nei mesi del suo servizio di carità all'ospedale.
Ne informava il padre Basile, suo direttore spirituale, diventato il confessore di
Benedetto XV a Roma. Il buon Padre la rassicurava e la invitava a rendersi sempre
più docile, ad ascendere per il cammino impervio che Dio le mostrava.
Il 3 maggio, giorno - nel calendario liturgico di allora - dell'Invenzione della
Santa Croce, suor Costanza era in preghiera davanti al Tabernacolo in una chiesa
di Bologna. Gesù le venne incontro, sfolgorante di gloria.
«Gesù - narra suor Costanza - teneva la sua destra distesa: da essa
uscì una luce di indescrivibile bellezza che prese la forma di una Croce,
di una vastità immensa come il firmamento...
Mi fu dato di intuire come la Redenzione, sebbene consumata dalla Seconda Persona
della SS. Trinità, il Verbo fatto uomo, pure era opera d'infinito amore di
tutte e tre le divine Persone, ed Esse, in quella forma di Croce, abbracciavano con
infinito amore l'umanità.
Poi, da quella Croce, luce della Divina Essenza, uscivano tanti raggi, anzi tanti
fasci di luce. Tutte le schiere degli eletti che si erano rese visibili al mio sguardo
in questa immensità di cielo, ne erano investite... La Madonna stava alla
destra del Figlio in una maestà di regina... Sì, per la forza di grazia
uscita da quella Croce, per i trionfi di quella Croce nella Risurrezione, essi possedevano
tanta felicità!...
Gesù mi disse: "Hai compreso quanto ti ho fatto vedere sul mistero della
Redenzione? Voglio che tu lo comprenda bene, perché l'Opera del mio amore
dovrà apprendere da questo mistero, da questa Croce luminosa, linee tutte
particolari. Tieni come tuo faro luminoso la gloria: la Croce sia per te gloriosa,
luminosa; riconosci in essa il trofeo di salvezza e di amore. Il gaudio non toglie
la sensibilità per la sofferenza, ma dà la forza di accettarla per
amore"» (Diario, 76-78).
Si avvicinava il momento in cui, proprio attraverso il dolore, Gesù avrebbe
preparata suor Costanza a dare inizio alla sua Opera. Quando la malattia l'avrebbe
resa incapace a qualsiasi azione, Gesù stesso le avrebbe dato di iniziare
tutto.
Come Lui inchiodato alla croce, così suor Costanza: nel suo annientamento
poteva risplendere l'infinita potenza e carità dello Sposo divino, il Redentore
dell'umanità.
prossima > |