Paolo Risso
STORIA D'AMORE
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di
Madre Maria Costanza Zauli


4. Festa di nozze

«Parla il mio Diletto e mi dice: "Alzati, amica mia, mia bella e vieni!" ...
"Ho trovato l'amato del mio cuore, l'ho stretto fortemente e non lo lascerò più" ».

(Cantico 2, 10; 3,4)

L'ora dell'offerta

Sul finire dell'estate 1908 il noviziato stava per concludersi e la prima professione religiosa dei santi voti era vicina. Gesù disse a suor Costanza: «In questi giorni, tu pensa a donarti a me e io penserò ad adornarti per me».
Lo Sposo la preparava alle nozze con Lui, come Egli solo sa fare. La storia d'amore tra Gesù e Costanza giungeva al culmine: la celebrazione della festa di nozze.
In quegli anni della «belle époque», nei salotti dei signori si ballava e si intessevano storie galanti. Si scrivevano e si leggevano torbidi libri di passione, da letteratura decadente. Nel medesimo tempo, dense nubi di guerra si accumulavano sull'Europa e sul mondo. Era la negazione dell'amore.
Costanza Zauli, una piccola suora, si apprestava a celebrare il vero amore. Non invitò alcuno dei familiari alla sua professione. Preferì essere sola con Gesù solo: «sola ad Solum ». Nella preghiera e nel raccoglimento attese il giorno felice.
Il 10 settembre 1908, suor Costanza offrì a Dio i voti di obbedienza, povertà e castità: erano solo temporanei, secondo le sagge norme della Chiesa, ma nel suo cuore l'offerta era già definitiva e incondizionata: «Sono tua, o Gesù, per sempre!».
Suor Costanza racconta così la sua «ora»: «Giunta in cappella, vidi in alto, dinanzi al mio sguardo, un bellissimo orizzonte che era luce, candore, fuoco, ardente come una voragine. In quel Cielo di fuoco e di amore dell'Essenza divina, in quella potente azione, mi sentivo consumare, bruciare. Invocai l'aiuto della Madonna, ed ella maternamente m'investì del suo candore; potei allora meglio sostenere quel martirio. Mentre pronunciavo i voti, Gesù presentava la mia offerta alla SS. Trinità, che l'accoglieva con compiacenza. Con questa offerta sentivo aumentare la mia immersione in quel fuoco di carità e per tutta la giornata fui sotto questa azione divina».
Al termine del rito, le consorelle si intrattennero con i loro parenti in parlatorio. Suor Costanza rimase sola tutto il giorno, davanti al Tabernacolo, in preghiera silenziosa e adorante. Gesù stesso le tenne compagnia: «Ricordati - le disse - che da questo momento non ti appartieni più. Abbandonati, senza riserve, alla mia condotta... Non riprenderti nulla di quanto mi hai offerto. Ti prometto, in cambio della tua fedeltà, di immedesimarti alla mia stessa vita, di sostituire te con me stesso, di adoperarti come strumento delle mie opere» (Diario, 63).
Iniziava per lei una vita nuova. Era solo l'inizio. Gesù l'avrebbe unita a sé, sempre più intensamente, per destinarla a un apostolato universale.

Una nuova Opera di Dio

Dio non concede doni così straordinari solo per privilegiare una creatura, ma per il bene della Chiesa e dell'umanità. Egli chiama i suoi figli all'intimità più profonda con Lui, poi li manda a rivelare il suo Volto al mondo intero.
Suor Costanza era ormai l'intima di Gesù, ed Egli la preparava a diventare una sua grande apostola. Per tre mesi, dopo la professione, fu sotto un'azione divina sensibile, quasi continuamente astratta dal mondo. Vennero pure difficoltà e sofferenze. Le consorelle notavano il suo ascendere continuo. Irradiava attorno a sé la luce stessa di Dio.
Giunse la novena della festa del Sacro Cuore di Gesù, nel 1909 . Gesù le disse: «Intensifica la tua adorazione, non solo qui, ma anche nei cibori abbandonati per riparare alla freddezza, dimenticanza, isolamento in cui sono lasciato. Ti voglio formare per una piena dedizione al mio Sacramento d'amore, per prepararti al disegno che ho su di te... Lo comprenderai» (Diario, 64).
La chiamava a una nuova Opera nella Chiesa.
Una mattina, andata all'ora di adorazione, vi trovò Gesù: «Vieni - le parlò -, ascoltami: tu devi precedere le anime che faranno parte dell'Opera che voglio da te... Vivi una vita eucaristica, tutta amore per il mio Sacramento d'amore». «Tutto quello che l'Ancella adoratrice domanderà in mio nome, nell'adorazione, lo concederò».
E ancora: «Voglio una schiera di anime dedicate esclusivamente al mio Sacramento eucaristico, per attuare, per mezzo di esse, il mio piano di misericordia sulla Chiesa e sul mondo. Voglio educarti su questa linea, perché tu dovrai essere loro di guida» (Diario, 64s).
Si sentiva piccola, suor Costanza, e incapace. Rispondeva: «Gesù, pregherò e offrirò tutto perché tu ti possa formare questo drappello, ma ti prego, lasciami nell'ombra e nell'abiezione di me stessa».
Allora Gesù se ne andava via... Ma presto tornava, perché la sua scelta non ha pentimenti. Ella era ormai la sua amata.
Stupita di essere la sua prediletta, esponeva le grazie straordinarie al direttore di spirito, il padre Basile. Il quale pensò, pregò, studiò «il caso». E infine le raccomandò di accogliere la proposta di Cristo sino in fondo, di essere docilissima nelle sue mani per compiere la sua Opera di misericordia.
Tanta altezza di grazie non impediva a suor Costanza di essere una giovane suora con i piedi ben «piantati» in terra. Nel primo anno, dopo la sua professione, accettò dalla superiora della casa di assistere le bambine del collegio, durante le vacanze, sulla spiaggia di Bellaria.
Le altre suore assistenti facevano fatica, mentre ella, con una parola e un sorriso, riusciva a guidare le alunne a una vera gara di bontà: era la prima custode della loro innocenza. Ma la sua irradiazione di luce aizzò l'ira di satana.
Alla sera, prima del riposo, compiva un ultimo giro tra le ragazze per rendersi conto di ogni necessità. Una volta stava andando a riposare, quando si accorse che un cagnaccio nero, simile a quello che aveva visto da bambina, ringhiava vicino al suo letto.
Si affidò a Gesù, alla Madonna, all'Angelo custode, e il cane se ne andò. Lo videro, esterrefatte, anche altre suore accorse da Costanza, insospettite da insoliti rumori. Non riuscì più a dormire e trascorse la notte in preghiera. Come spesso capita nella vita dei santi, Satana le muoveva guerra, furioso che la sua fedeltà a Dio e l'Opera che, a suo tempo, avrebbe iniziato, gli strappassero tante anime.

«Ti farò io da mamma»

Dal contatto con Gesù dilagava nel cuore di suor Costanza la tenerezza stessa del Cuore di Lui verso i piccoli e i deboli, verso tutti i fratelli, una capacità di accoglienza e una trasparenza da stupire e avvincere chiunque.
Così la ricordano le alunne che l'ebbero come guida in quegli anni successivi alla sua professione religiosa.
Antonietta Nannini aveva solo sette anni quando, nell'ottobre 1908, entrò in collegio dalle Ancelle del Sacro Cuore. La superiora l'affidò a suor Costanza dicendole: «Questa piccola vedrà raramente i suoi genitori, perché lavorano all' estero». Suor Costanza se la strinse al cuore e le disse: «Ti farò io da mamma».
Molti anni dopo Antonietta ricorderà: «Ogni sera si avvicinava al mio letto, prima del riposo, mi faceva fare l'esame di coscienza. Mi invitava a pensare a Gesù che si è sacrificato per noi sulla croce. Mi dava il suo Crocifisso da baciare. Mi dava anche un bacio, dicendomi: Non faccio così con tutte, ma tu hai la mamma lontana».
Una notte, per un guasto alla tubazione, il dormitorio era stato allagato. Le piccole furono sistemate alla meglio con le più grandi. Suor Costanza portò Antonietta, la più piccina, nel suo letto, e passò la notte in preghiera, inginocchiata sul pavimento.
Clara Ricci era una ragazza delicata di salute. Le capitava di dover andare a riposarsi prima delle altre. Ma si sentiva intristire da sola nell'ampia camerata. Suor Costanza rinunciava alla ricreazione per sedersi vicino a lei e farle compagnia.
Nel 1910 arrivò in collegio una bimba di cinque anni, Bianca Roisecco. «Ha avuto per me - testimonierà quasi cinquant'anni dopo - cure infinite. lo allora la cercavo tutto il giorno, perché era la più affettuosa delle madri, sempre paziente, con un carattere dolcissimo. Mai un rimprovero da lei, nonostante il mio temperamento capriccioso. Vicino a lei trovavo tanta sicurezza e tranquillità che diventavo buona per forza».
Portava all'amicizia con Gesù le piccole allieve, le rendeva apostole. «Mi faceva pregare per qualche peccatore da convertire - continua a narrare Bianca - ed ero tanto felice quando mi diceva che finalmente avevamo ottenuto la grazia. Durante una mia malattia, suor Costanza dormì vicino a me, rimanendo anche sveglia diverse notti, per farmi compagnia e coraggio, perché io non riuscivo a dormire».
Anche le consorelle intravedevano la presenza viva di Dio nella giovane suora. «Quando si alzava dall'adorazione a Gesù Eucaristico - testimonia suor Ignazia Mandrioli - sembrava un serafino: il volto acceso, come di fiamma. L'ho sempre vista raccolta, uguale, dolce e soave... E sempre gioviale in ricreazione ».
«Portava con sé il riflesso del divino - aggiunge suor Zenardi -, riflesso che derivava dalla sua intima unione con Dio. Non ci si stancava di vederla pregare e, nel guardarla, ci si sentiva naturalmente portate alla devozione, alla pietà e al fervore».
«Davanti all'altare - afferma il signor Bonini, calzolaio dell'Istituto delle Ancelle del Sacro Cuore - sembrava che fosse in estasi con il suo Gesù».
Le testimonianze potrebbero continuare a lungo. Nulla di aspro e di scostante risaltava da suor Costanza, ma solo il fascino di Gesù che invita: «Venite tutti a me». Lo stesso fascino emanava dalla sua persona, che si faceva ogni giorno di più prolungamento di Cristo, continuazione della sua umanità in mezzo ai fratelli. Era la sposa che sempre più rassomigliava allo Sposo, in una simbiosi d'amore.
Luce e ancora luce
Era altissima la mèta cui Gesù voleva condurla. Le tenebre del mondo, le difficoltà provenienti dagli uomini, le opposizioni all'azione di Dio sono, in ogni tempo, fitte e aspre. Ma lui non teme nulla e prosegue la sua strada: nessuno lo può fermare.
A suor Costanza donava, di giorno in giorno, lo slancio di cui aveva bisogno per giungere al traguardo. Ella avrebbe indicato Dio ai fratelli e li avrebbe attratti a Lui con la forza della sua preghiera e della sua offerta, con la forza dell'amore.
Ella vedeva Dio e lo «toccava con mano», affinché agli altri fosse dato di credere in Lui.
Dopo un periodo di prove, Gesù le mostrò il Purgatorio: «Hai osservato bene?», le domandò.
«Sì, Gesù, ho visto quale espiazione esige la colpa. Ma è tanto fragile la natura umana».
E Lui: «È vero, ed è per questo che molte fragilità si scontano in questa vita con atti d'amore. Quelle che esigono espiazione in Purgatorio sono le mancanze avvertite. Anche queste tuttavia si possono scontare in questa vita con penitenze e sofferenze, soprattutto con l'annientamento».
In seguito Gesù le mostrò l'inferno. E le disse: «Nessuno viene precipitato in questo luogo orrendo senza avere conoscenza profonda di ciò che accetta e di ciò cui rinuncia. Nessuno sarà privo della beatitudine eterna senza il suo pieno consenso».
Vennero ancora giorni di oscurità: le sembrava di non aver mai conosciuto il suo Amore. Sentì che stava espiando per la salvezza dei fratelli come Gesù sulla croce.
«Allora - scrive - con un lavoro energico, mi spingevo in alto con la mia fede e il punto più valido del mio appoggio era sempre la mia consacrazione a Dio; essere tutta di Dio, aver dato ogni libertà su di me, per amore, al Dio del mio amore. Sì, volevo amarlo tanto il mio Dio, a qualunque costo: volevo dargli tutta la mia gratitudine, la mia fedeltà, la mia dedizione più piena».
Nella festa del Sacro Cuore si trovò avvolta di luce su una montagna sulla quale stava la croce. Vide Gesù, sfolgorante di gloria, assiso in trono davanti alla croce; la chiamò a sé e le offrì due corone, una di rose, l'altra di spine: «Scegli, prediletta, quale delle due gradisci».
«Gesù, scelgo quella che ti dà più compiacimento: ponimela tu stesso in capo».
«Ti do quella di spine, perché è più conforme al mio desiderio».
Gliela pose in capo e aggiunse: «Ora non ti resta che adagiarti sulla croce e qui consumarti tutta per mio amore».
Il 1° gennaio 1911, durante la santa Comunione, Gesù mostrò a suor Costanza il Paradiso. «Vidi - racconta - una grande estensione di luce. La parola umana è incapace di ridire. Distinguevo negli eletti la diversità di intimità che ognuno aveva con Dio. Tutti però erano pienamente beati».
Il materialismo, già allora diffuso, negava la realtà della vita eterna. Non era lontano il tempo - il nostro - in cui le realtà ultime sarebbero state dimenticate per una proposta soltanto orizzontale, pressoché tutta terrena. Suor Costanza annunciava queste realtà al mondo come chi ha visto, ascoltato, toccato. Ed indicava la via per giungervi: la fedeltà, il sacrificio, la croce, l'amore.
In questo compito meraviglioso non sarebbe stata sola.
«Nelle notti - racconta - che, con il permesso dei superiori, passavo in adorazione, venivo sempre più ammaestrata e illuminata sulla spiritualità che avrebbe dovuto informare l'Opera che il Divino Maestro si compiaceva di chiamare "il nuovo Carmelo eucaristico"».
Un giorno, durante l'adorazione, Gesù le dichiarò:
«Ora sei tutta mia e potrò fare di te quello che voglio».
«Sì, Gesù, ma guarda che io non abbia a rovinare tutto. È meglio che faccia tutto tu, per la tua Opera».
«Farò tutto io. Ma tu lasciati adoperare docilmente per questo mio piano. Rimani nel mio amore. Segui le nuove linee che ti do per vivere nella mia intimità eucaristica» (Diario, 67s).
E dall'ostensorio la illuminò tutta con la sua luce. Da quel momento, anche fuori della cappella, suor Costanza ebbe davanti allo sguardo un Ostensorio luminoso e sentiva la presenza di Gesù-Ostia, come in chiesa.
Era vicina ormai la festa sublime delle sue «mistiche nozze» con Gesù, il vertice più alto della mirabile storia d'amore, iniziata quando era soltanto una piccola bimba.

«Ecco, Padre, la mia sposa»

1913, settimana santa. Suor Costanza, per volere di Gesù, vegliò in preghiera l'intera notte tra il giovedì e il venerdì santo (5 aprile 1913). È la notte che ricorda l'ultima cena di Gesù, prima della sua Passione, il dono di sé come Pane di vita agli uomini, il sudore sanguigno dell'agonia nel Getsemani, il tradimento di Giuda, il processo nel Sinedrio...
Suor Costanza visse l'esperienza che Dio concede solo ad alcune creature che Egli sceglie, tra le sue predilette, come le più grandi mistiche della Chiesa: Caterina da Siena, Teresa d'Avila, Margherita Maria Alacoque, Gemma Galgani, Alexandrina da Costa..,
«In quella notte - narra suor Costanza - Gesù mi volle associata alle sue pene interiori, all'agonia del Getsemani, allo strazio che ebbe a sperimentare quando Giuda lo mise in mano ai suoi nemici con il bacio traditore... Non potrei ridire quel che passò in me: nell'anima e fin nel mio fisico.
Me ne stetti innanzi al Tabernacolo, interamente prostrata, con la faccia a terra, essendo tanto forte quell'azione di grazia da non riuscire a reggermi in piedi...
Dopo le ore della durissima agonia, Gesù mi avvertì che in quella stessa mattina sarebbe tornato per stringere con me "i mistici sponsali".
Alle quattro mi chiusi in una cameretta al pian terreno e poco dopo venne Gesù con la Madre sua, seguiti da vergini recanti lampade accese, simbolo di fede e di carità, e il mio Angelo custode.
Gesù significò a sua Madre la sua intenzione; ed ella, dopo avermi rivestita di una bellissima veste di candore, mi si mise al fianco. Con Gesù ci prostrammo, in una specie di genuflessorio di luce, al cospetto del Padre Celeste, della SS. Trinità, e si compì il rito nuziale.
Lo Sposo chiese il mio consenso e, quando l'ebbi dato, mi mise all'anulare della destra (e Maria finì di introdurlo), uno splendido anello con tre pietre preziose, riportante i suoi emblemi... Io preferii consegnarlo alla Madonna, perché me lo conservasse fino al mio ingresso in Cielo» (Diario, 68s).
Quella mattina del venerdì santo suor Costanza diventò, per una grazia singolare, «una» con lo Sposo divino, nelle mistiche nozze cui Egli l'aveva chiamata. Il dono più grande che una creatura possa ricevere su questa terra, prima di immergersi per sempre con Lui nell'eternità: «L'Amato con l'amata, l'amata nell'Amato trasformata», come canta san Giovanni della Croce (Opere, Roma 1975, p. 7). Tanto grande era la penetrazione di Dio in lei, così esuberante la gioia e lo stupore che, dopo quell'esperienza altissima, suor Costanza non riusciva più a riprendere contatto con le cose della terra. Persino le giovani alunne dell'Istituto lo notarono. Ed ella iniziò un nuovo cammino.
«Fu allora - continua a narrare con semplicità - che Gesù cominciò a manifestarmi il desiderio che aveva di presentarmi al Padre suo. Lo pregai di non farlo, perché ne avevo una soggezione grande, ma inutilmente.
Il primo incontro, nonostante la paterna benevolenza con la quale venni accolta, aumentò il mio timore e questa impressione durò a lungo. Preferivo una vita ordinaria, senza tante grazie straordinarie, ma le mie preghiere non servirono che ad attirarmene delle sempre più segnalate...
...Gesù volle far risentire anche nel mio corpo lo strazio dei flagelli, delle spine, la trafittura dei chiodi alle mani e ai piedi, quella del costato, tutto fino all'ultimo grido... Venni poi, dal Redentore risorto, sollevata fino al Triplice Trono.
"Ecco, o Padre, la sposa che mi hai data!". Queste parole mi aprirono la vista del Padre. Quale ineffabile meraviglia!
Intanto il mio cuore bruciava di un fuoco consumante; e non avrei potuto sostenermi senza un continuo soccorso dall'alto.
Indissolubilmente unita al mio Sposo, spaziavo nei suoi domini, sentendo di non aver altri interessi che i suoi» (Diario, 70s).
Era diventata davvero la sposa di Gesù, per compiere nella Chiesa una grande Opera, in uno scambio continuo di dedizione, iniziato in modo ineffabile su questa terra, scambio che solo il Cielo di Dio corona nella pienezza eterna.

Di Cristo, per sempre

Ormai suor Costanza viveva in unità totale con Gesù. Anche per lei giunse il giorno, il 19 settembre 1913, in cui la Chiesa le consentiva di offrire a Dio i voti religiosi per sempre. Celebrava il cardinal Della Chiesa, arcivescovo di Bologna. Fu lui ad accogliere la professione perpetua di suor Costanza.
Mentre leggeva la formula dei voti, si sentiva immergere sempre di più nella luce di Dio. Per dividersi mesi le parve di vivere una vita più celeste che terrena. Eppure, era fedele ai suoi doveri quotidiani, umile, semplice, sorella e mamma per coloro che l'avvicinavano.
Dopo la professione perpetua, Gesù le disse: «Un giorno dovrai uscire dalla congregazione che ami». Costanza gli rispose meravigliata e dolente. «Sii docile in tutto - la esortò Gesù. - Non essere debole, comprendi le mie esigenze, se vuoi che io continui le mie finezze di amore».
Una volta, mentre puliva il dormitorio delle alunne, Gesù la chiamò: «Guarda!». Dal suo costato uscì un fuoco che la investì tutta: «L'Opera scaturisce dal mio Cuore. Questo fuoco investirà la vita di quelle anime che io mi sceglierò. Voglio anime che mi diano piena libertà di agire in loro».
In una via così fuori dal comune, suor Costanza temeva di ingannarsi. Ricorse al padre Basile. Egli la rassicurò e le propose di entrare al Carmelo. Suor Costanza fece domanda, ma non venne accettata. Dio la voleva su un'altra via, tutta sua, originale.
Per confermarla sulla via che le era segnata, padre Basile invitò nell'Istituto il cardinale Della Chiesa. Suor Costanza gli aprì l'anima con semplicità. L'Arcivescovo l'interrogò e l'ascoltò a lungo. Infine, con la sua benedizione, le diede l'obbedienza di non resistere alla Grazia, di non opporsi alla volontà del Signore. Suor Costanza ne uscì con l'anima in pace, felice.
Poco tempo dopo, il 3 settembre 1914, il card. Della Chiesa venne eletto Papa: Benedetto XV. Il p. Basile lo seguì a Roma come suo confessore e così poté continuare a parlargli di suor Costanza e chiedergli la benedizione su di lei.
Nel dicembre 1914 giunse a Bologna il nuovo arcivescovo, il card. Giorgio Gusmini: s'interessò con cuore grande e paterno della via che Dio indicava a suor Costanza, intuendo il bene che ne sarebbe venuto. Essa aveva 28 anni, ed era tutta di Cristo, tutta offerta all' Amore divino, interamente posseduta da Lui. Con l'incoraggiamento che le veniva da coloro che rappresentano Dio sulla terra e che hanno il compito di discernere i carismi che Egli gratuitamente distribuisce, poteva camminare sicura, alla sequela di Cristo, per realizzare l'Opera che le chiedeva per la gloria della SS. Trinità e per la salvezza del mondo.
Il suo tempo - preludio del nostro tempo - era segnato da storie d'amore vissute da uomini e donne, e cantate da poeti, in cui l'amore nascondeva spesso l'egoismo e la solitudine, conseguenza dell'assenza e del rifiuto di Dio. Storie d'amore mancate, cariche di amarezza e spesso di violenza.
Una piccola donna come suor Costanza, ignota al mondo di quelle storie, anzi da esso irrisa, viveva nel nascondimento e nel sacrificio la più sublime storia d'amore che sia data ad una creatura, quella con il suo Dio.
«Una storia sorprendente e stupenda che eccede ogni nostra capacità di immaginazione, ogni attesa, ogni possibile comprensione, come tutto ciò che proviene dall' Amore fantasioso e dall'infinita intelligenza di Dio. È una storia, che, una volta che si è rivelata, non può non spingere ad annunciarla, a farla conoscere, a renderla principio di Vita per gli altri» (2).
E la gioia dilaga sconfinata.


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P. Alessandro Basile, gesuita, direttore spirituale di suor Cosatnza dal 1905 al 1920
@ 1994 Editrice Elle Di Ci - 10096 Leumann (Torino) ISBN 88-01-10392-1

SI RINGRAZIA LA CASA EDITRICE ELLE DI CI
PER AVER ACCORDATO IL PERMESSO DI PUBBLICARE ON LINE L'OPERA


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