Paolo Risso |
«Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi, profumo olezzante è il tuo nome, per questo le giovinette ti amano.
Attirami dietro a te, corriamo».
(Cantico 1, 3-4)
Nella primavera del 1905
Palmina comprese che era giunta l'ora di intraprendere la sua strada. Parlò
di nuovo al Confessore del suo desiderio di consacrarsi a Cristo per sempre.
Don Maccolini riferì sulla sua vocazione alla Madre Giuseppina Papotti, superiora
generale delle Ancelle del Sacro Cuore, in visita alla loro casa di Faenza, in quel
mese di marzo. La madre volle conoscere Palmina, e, dopo averla ascoltata a lungo,
le promise di accoglierla.
Ma come fare a parlarne con i genitori, con la mamma soprattutto? Scelse il 15 agosto,
festa dell'Assunzione di Maria, come giorno per entrare in convento, ma non disse
nulla in casa. L'avrebbe detto poco prima di partire. Intanto già soffriva
assai per il distacco e pregava intensamente per avere luce e forza per sé
e per i suoi cari.
Il 1° agosto 1905 invitò il papà a recarsi da don Maccolini. Nel
colloquio con il sacerdote, Giuseppe Zauli comprese ciò che Dio gli chiedeva.
Tra le lacrime, rispose: «Lo avevo già capito che la mia Palmina non
poteva scegliere che questa via. È sempre stata di Dio, fin da bambina. Ora
gliela dono, perché è più sua che mia! ».
Al ritorno, abbracciando la figlia, le disse: «Ho acconsentito... diversamente
sarei andato contro la volontà di Dio». «Papà - gli rispose
Palmina - mi lascerete partire il 15 agosto?». «Sì, ma come faremo
a convincere la mamma?».
Quando la mamma lo seppe, si oppose con forza: «Non permetterò mai che
mia figlia mi lasci. Come potrei vivere senza di lei?». Ma, visto che il marito
aveva già accettato, si arrese. Il giorno dopo, furono lamenti e pianti. Palmina
non si piegò: «Dal nostro sacrificio - le spiegò - verranno
grazie e benedizioni per la famiglia!».
Andarono insieme dal vescovo diocesano, mons. Cantagalli, in visita di omaggio. «Va'
pure - disse a Palmina il buon pastore -, il Signore ti vuole e credo abbia particolari
disegni su di te. Offerto il dono, non riprenderlo più. Non accontentarti
di essere una buona religiosa, devi farti santa; questo vuole da te il Signore».
Anche un santo religioso, presso cui era andata per far piacere al papà, la
confermò nel suo proposito. Alla vigilia della partenza, la mamma tentò
l'ultima carta per non lasciar la figlia. Fece chiamare Palmina dal parroco di San
Lorenzo, che le fece un esame durissimo. Alla fine però il sacerdote si dichiarò
vinto: «Non credevo che tu fossi così ferma: fa' quel che Dio vuole
da te».
L'ultima sera, in casa, cenò con i suoi cari, serena e forte. «Ti saluto
ora, le disse papà, prima del riposo - domani non ne avrei la forza».
E aggiunse: «Sei prima di Dio che mia: è giusto che io non mi opponga
al suo volere». E la benedisse. Lo stesso fece la mamma. La casa si riempì
di singhiozzi.
Palmina trascorse l'ultima notte pregando. L'indomani si alzò prestissimo,
si avvicinò alla culla del fratellino più piccolo, Berto, per dargli
un ultimo bacio. La mamma scoppiò a piangere e il bimbo si svegliò:
«Abbraccia forte Palmina - disse la mamma - perché vuol andare via!».
Berto le gettò le braccia al collo: «Pammina, tà chi, Pammina,
tà chi!», le ripeteva il piccolo. Non poteva restare, Palmina Zauli,
perché la voce del Cristo la chiamava: chi può resistere a Lui?
Vincenzo volle accompagnarla. Uscirono, parteciparono alla prima Messa in cattedrale,
ricevettero Gesù eucaristico. Era l'alba dell'Assunta ed ella stava per iniziare
una nuova «giornata» nella sua esistenza.
Alla stazione, papà l'aspettava per l'ultimo saluto. Salì decisa in
treno, Palmina, e salutò papà finché poté vederlo. Solo
un affascinante Rapitore divino può sottrarre così una figlia al padre!
Lungo il viaggio per Bologna Vincenzo e Palmina non dissero una sola parola, uniti
nel dolore e pur nella gioia di rispondere sì a Dio.
Come Abramo, a Ur dei Caldei, come Mosè nel deserto davanti al roveto, come
Andrea e Simone, Giacomo e Giovanni sulla riva del lago, Palmina aveva sentito l'Unico
che avvince, conquista e possiede: «Lascia tutto e parti. Seguimi».
Non sapeva quel che avrebbe trovato.
Certamente - secondo la promessa - il centuplo e l'eternità.
A Bologna, Palmina partecipò
con il fratello a una seconda Messa, in duomo. Poi si diresse alla casa generalizia
delle Ancelle del S. Cuore. Nell'atrio suonò decisamente il campanello. «Proprio
qui io ti voglio», le disse Gesù. «Ecco, vengo - gli rispose
Palmina - per darmi tutta a te, per consacrarmi al tuo amore, per fare, istante
per istante, la tua volontà».
Le apri suor Maria Giacomina, la portinaia di quel giorno. «Questa è
un'anima - pensò tra sé - assai cara al Signore». Palmina entrò,
serena e raccolta: era giunta finalmente nella casa dello Sposo, il quale l'accolse
dicendole nell'intimo: «Entri nella casa del tuo Dio; ricordati di dare
opere di luce, devi effondere la luce intorno a te, per compiacermi, per il bene
della tua comunità e i disegni che ho su di te. Non sgomentarti, lasciami
fare: comprenderai in seguito in qual modo mi servirò di te per effondere
la mia luce».
La Madre Generale, Giuseppina Papotti, l'accolse maternamente. Vincenzo se ne andò
sereno. Allora la Madre le disse: «Da questo momento considerati figlia dell'obbedienza
e dipendi in tutto dalle superiore che ti parleranno in nome di Dio. Ti proverò
molto».
Aveva già compreso, la Superiora, che Palmina era chiamata da Dio a una santità
eccezionale. La mandò in cappella a pregare davanti al Tabernacolo e le suggerì:
«Obbedienza e carità perfetta di pensiero, di parole e di opere».
Sentì tutto il dolore del distacco, ma intuì che Gesù l'avrebbe
accompagnata ad ogni passo.
«Appena entrata... - scriverà - Gesù cominciò
a darsi all'anima mia. Il compito della mia formazione se lo assunse lui stesso.
Mi seguiva sempre (spesso con presenza a me visibile), mi ammaestrava, mi
guidava in tutto e per tutto» (Diario, 53).
L'indomani la Madre Generale le assegnò i suoi compiti: custodire il guardaroba
delle educande, assistere le inferme, mantenere in ordine e pulizia i dormitori.
.. Erano impegni gravosi e le sue giornate si riempirono di lavoro senza fine.
Fin dal primo giorno qualcuna delle più piccole l'aveva già notata.
Un'alunna del collegio (un'educanda, si diceva allora), cinquant'anni dopo, dirà:
«Io ho avuto la fortuna di conoscerla fin dal primo momento... Un viso dolce
e sorridente». Una novizia le si avvicinò alla sera del primo giorno
per dirle: «Lei non è fatta per la nostra famiglia... Deve andare in
clausura». Era una profezia.
Le «prove» non le mancarono più, ma Palmina era serena, felice,
piena di gioia: viveva nell'intimità con Gesù, ormai giunta nella casa
dello Sposo, e irradiava luce attorno a sé. Si sentiva. Si vedeva.
Una settimana dopo l'ingresso,
la mamma di Palmina tentò l'impossibile per farla ritornare in famiglia. Cominciò
a scriverle lettere su lettere per convincerla al rientro. Nonostante soffrisse molto,
Palmina rimase. La mamma ricorse al pretore affinché intimasse alla figlia
di lasciare il convento.
Ma, andata in pretura, nell'istante di suonare il campanello si sentì respingere
da una forza invisibile sino in fondo alla scala. Riprovò per tre volte e,
alla fine, vide un personaggio maestoso che le ordinò: «Non si può».
Sgomenta, la donna se ne andò di corsa a confessarsi per raccontare ciò
che le era accaduto.
Il sacerdote la consigliò di desistere: «Restando nella casa di Dio,
sarà sorgente di tante benedizioni e grazie per la vostra famiglia».
Si tranquillizzò. Saputolo, Palmina si sentì più serena. Aveva
Gesù vicino, assai vicino, che manteneva la promessa di guidarla personalmente.
Una mattina stava leggendo un libro sulla verginità consacrata. La Madre generale
glielo prese, giudicandolo troppo alto per lei. Da quel momento Gesù stesso
le fece comprendere tutti i pregi della verginità offerta a Lui.
Durante una lettura comune, assai interessante, fu mandata in città per commissioni.
Gesù le disse: «Io sarò con te con la mia luce a misura che
mi sarai fedele nelle minime occasioni dell'istante».
Quando usciva, Gesù l'accompagnava dicendole: «Non sei sola, Io ti
seguo. Rimani occupata della mia presenza e lascia che io illumini il tuo intelletto,
doni ardore di carità al tuo cuore, per elevarti alla contemplazione...».
Oppure: «Ti segno il cammino che dovrai percorrere fedelmente. Lo potrai
se adorerai incessantemente. L'adorazione è amore, l'amore è donazione.
Rinnoverai la tua donazione ad ogni tua azione. Opera sempre alla mia presenza.
Non ti chiedo cose grandi, ma fedeltà all'istante. Anche i più piccoli
atti di fedeltà sono da me accolti con compiacenza» (Diario,
54).
Davvero Gesù veniva preparandola alle «nozze» con Lui, con grazie
straordinarie. Il Cielo stesso le si apriva ed ella penetrava in Dio, nella sua luce,
nella sua Unità e Trinità, si perdeva in Lui.
Una mattina faceva meditazione. La Madre generale la mandò fuori per impegni.
Gesù le disse: «Tu sarai ammaestrata da me sui punti fondamentali
della vita religiosa. Pensa al dono di Dio: ti ho scelta per me e voglio delinearti
il cammino che dovrai percorrere senza la minima infedeltà».
«Come sarà possibile?».
«Con l'essere attenta al tuo dovere verso di me, verso la tua comunità,
verso te stessa».
Un giorno, dopo un atto di carità verso alcune consorelle, Gesù manifestò
a Palmina la sua soddisfazione. E incominciò a tracciarle la missione per
il suo futuro: «Ho un disegno di amore, di grazia e di misericordia da compiere
per il trionfo della mia Chiesa: di amore per le anime da me predilette; di grazia
per la Chiesa, perché, attraverso questa potente azione di grazia, farò
scaturire i più bei capolavori del mio amore e la mia Chiesa si adornerà
di tanti riflessi di luce per attrarre le anime a me; di misericordia per l'umanità
che, stritolata sotto il terrore della prova della duplice purificazione,
troverà la via della salvezza».
Durante la novena di Pentecoste 1906, mentre Palmina puliva il dormitorio delle educande,
Gesù le disse: «Lasciami fare, ho bisogno di una piccola anima aperta
ad accogliere la pienezza del mio amore per poterne allargare l'effusione su tutta
la terra. Questa è la tua missione».
«Mentre diceva queste parole - annoterà un giorno - con la rapidità
del lampo mi sentii trasportata ai quattro punti del globo ed ebbi non solo intuitivamente,
ma sensibilmente, la visione di tutte le terre che sono sotto il sole ed insieme
venni investita da un senso di maternità per tutte le anime. Da quel punto,
il mio cuore sentì di abbracciarle tutte, con un amore grande, quanto la carità
divina che lo dilatava e a ciascuna e a tutte rimase incatenato. Mi diedi al mio
Dio, dicendogli di fare di me e attraverso di me tutto quello che voleva...
Da quell'epoca, cominciai a sentirmi associata ad ogni forma di missione svolta
dalla Chiesa. Un solo campo, un solo ramo di essa non mi avrebbe potuta soddisfare,
perché sentivo che il mio cuore abbracciava l'universo» (Diario,
57).
Per unirsi a Cristo, in totale comunione d'amore con Lui, è indispensabile
rassomigliargli. Nessuno può arrivarvi da solo: è Lui che crea questa
configurazione piena.
E così a Palmina, fin dall'inizio Gesù, donava luce, amore, intimità
e la sua stessa missione universale.
I mesi erano passati. Palmina
aveva dato prova di poter vestire l'abito religioso. Si avvicinava il giorno della
vestizione, ma le superiore non le dicevano nulla al riguardo, lasciandola nell'incertezza.
Ella soffriva e insieme accettava, serena e fiduciosa, attendendo... Al compiersi
di un anno dal suo ingresso, la Madre generale e il suo consiglio l'ammisero alla
vestizione. Ella gioiva pensando al ritiro di preparazione, predicato dal Gesuita
padre Alessandro Basile, confessore della comunità e suo direttore spirituale.
Ma in quei giorni stava assistendo un'alunna malata di tifo, completamente isolata
dalla comunità, in infermeria. All'inizio del ritiro la Madre generale le
chiese di starsene chiusa in infermeria con la bambina malata: «Non è
vero - le domandò - che sei contenta ugualmente?».
«Sì, sono contenta - rispose - perché la volontà
di Dio è tutto per me».
Ma Gesù venne a prepararla alla vestizione. Il primo giorno le disse: «Tu
sei il mio ciborio in cui io entro ed effondo le mie grazie per arricchirlo e compiacermene».
Pensò Egli stesso a farle istruzioni... e furono preziosissime.
Solo alla vigilia poté avvicinare padre Basile, confessarsi da lui, sentirsi
incoraggiata a crescere nell'intimità con Gesù. Scrisse: «Una
grande luminosa idea dominava fin d'allora il mio spirito: la santità che
il Signore esige dalle persone a Lui consacrate, sacerdoti, religiose: esigenze di
amore non abbastanza soddisfatte, per cui il lamento del Cuore divino m'impegnava
a curare al massimo il mio perfezionamento e a pregare e a offrire per la santificazione
della porzione eletta. Con il consenso del direttore, mi offrii per questo fine tanto
desiderato da Dio» (Diario, 59).
Giunse il 20 settembre 1906, il giorno di vestire il santo abito. Le compagne si
presentarono in abito da sposa. Palmina venne in cappella con un abito semplice e
dimesso. Ma Gesù provvide a «vestirla», a inondarla della sua
luce divina.
Appena giunta in cappella, vide tre nubi di luce splendentissima, come un unico trono...
Tra i santi, distinse uno stuolo di vergini che cantavano un canto bellissimo e la
invitavano. Che grandezza infinita nello splendore della Divinità! Da esso
scese su di lei una così forte azione di grazia da sentirsi distruggere.
Quando, vicina all'altare, stava per ricevere l'abito, vide accanto a sé Gesù
e la Madonna... Maria stessa le porse l'abito e, uscita dalla cappella, ne rivestì
Palmina, la quale, in semplicità e letizia, si comportava come tutte le altre.
Finalmente rientrò in cappella per ricevere il nome nuovo, da religiosa, come
allora si usava. Celebrava il cardinal Domenico Svampa, arcivescovo di Bologna, il
quale le disse, sonoro e solenne: «Tu che nel mondo ti chiamavi Palma Zauli,
in religione ti chiamerai suor Maria Costanza».
Non si sentì contenta di quel nome, ma subito capì che non avrebbe
potuto conquistare la palma del premio senza essere costante nella fedeltà
a Dio. In seguito Gesù le disse: «Ti chiamerai suor Maria Costanza
del Sacro Costato».
Iniziava il noviziato, il periodo di due anni, che doveva prepararla ai santi voti,
le sue nozze con Gesù. In una parola, il suo «fidanzamento»
con Lui.
Come l'amato nei giorni
del fidanzamento si comporta con ogni delicatezza verso la sua amata, così
Gesù con suor Costanza. Quelli furono mesi di intenso amore, in cui Gesù,
più da vicino, insistente e penetrante, la preparava alla professione religiosa,
il mistico «sposalizio» con Lui.
La maestra di noviziato era madre Candida Poggi, accanto alla quale la Madre Generale
continuò a trattare Costanza con rigore. Le difficoltà non le mancarono,
ma ella aveva e sentiva Gesù vicino: con Lui tutto è possibile, anche
passare nel fuoco.
I primi sei mesi di noviziato furono pieni di prove. Finalmente poté attendere
alle istruzioni, alle letture, quasi come le altre novizie. Ma era Gesù il
vero maestro di noviziato della sua prediletta:
«Tu devi - le disse un giorno il Signore - fissare il tuo sguardo
nel semplice istante che io passo nell'Ostia consacrata. Addestrati sempre più
nello spirito di annientamento, che sarà il punto fondamentale della tua vita
religiosa. Osserva il mio stato di Ostia: non appare in nessuna manifestazione
la mia onnipotenza; così tu dovrai scomparire davanti a te stessa e alle creature,
tenendo sempre più nascosto il dono del mio amore in te. Non importa se la
tua vita esteriore si svolge nel massimo movimento; osserva il mio istante nell'Ostia
consacrata e procedi serena in ogni incontro, anche penoso, non guardando alle
molte difficoltà che ti si presenteranno da ogni parte e che tenteranno di
sottrarti a questo unico moto di grazia che deve essere sempre più intensificato
in te. Ecco il programma di novizia: ti attenderò al "consummatum est"
della tua vita religiosa» (Diario, 61s).
Gesù già le segnava la sua strada di domani: essere Ostia pura con
Lui, Ostia Immacolata, per la gloria del Padre e per la salvezza dei fratelli. Attingere
a piene mani da Lui, Pane di Vita, la Vita divina per l'esaltazione della sua Chiesa.
Suor Costanza era preoccupata solo di piacergli, di non perdere la familiarità,
anzi di crescere nell'intimità con il suo Cristo. Si faceva sempre più
semplice, amabile, sorridente, pronta al sacrificio e alla rinuncia della sua volontà.
Per amore, spinta dall'amore per Lui.
Su questa via di immedesimazione con Gesù, Maria era il suo modello e, come
Maria nella casa di Nazaret era vissuta solo per essere la Madre di Gesù Sacerdote
sommo ed eterno, anch'ella, suor Costanza, si sentì presto attratta a offrire
e a pregare per i sacerdoti della Chiesa. Nulla la poteva più fermare nella
sua offerta, per quanto dura e aspra fosse.
Una delle prove più penose richiestele fu quella di non accostarsi alla Comunione
eucaristica: la Madre Generale, con lo stile di quei tempi, per provare la sua fedeltà,
le chiese di astenersene, fino a quanto non avesse ricevuto un altro suo ordine.
Ma Gesù non si lascia vincere da alcuno: in quei giorni difficili per la sua
amata, veniva miracolosamente in Lei, per unirla alla sua offerta al Padre, alla
sua preghiera.
Il noviziato durò due anni, in una continua ascesa verso Dio.
Era una giovane donna sana e robusta, suor Costanza, ma la sua continua disponibilità
la logorava. Ed ella, nel silenzio della sua cella, diceva a se stessa: «Avanti,
suor Costanza. Non vedi quanto è bello e prezioso questo stato di continua
immolazione?». Le disse Gesù: «Metto a tua disposizione il tuo
angelo custode, perché ti aiuti in ogni tua necessità».
Intanto si avvicinava il giorno della professione. Gesù stesso l'ammaestrava
sui santi voti, e incominciava già a parlarle di un suo piano particolare.
«Un giorno - narra suor Costanza - ero all'adorazione e mi disse:
«Ti voglio esclusivamente per me in una via di grazia che sollevi tante
piccole anime nell'intimità con il mio Cuore; e tu dovrai precederle in questo
cammino con una vita di grazia, di dedizione e di amore che niente ricusi alle esigenze
del mio amore» (Diario, 62).
Ed era vicino il giorno delle «nozze».
Chi ha letto fin qui la
storia di questa donna, può domandarsi: «Ma come è possibile?
È incredibile per chi ragiona!».
Davanti a una vicenda tanto straordinaria, chi ha solo la pallida luce della ragione
può sorridere ironico e ripetere quel che i dotti di Atene dissero a Paolo
di Tarso, giunto all'Areopago ad annunciare Gesù crocifisso, morto e risorto,
il Vivente: «Ti sentiremo su questo un'altra volta». E se ne andarono.
Ma alcuni, proprio quel giorno, credettero (At 17,32-33).
Così anche oggi chi è lontano da Dio, davanti a quest'umile donna,
senza studi, ma eletta da Cristo all'intimità con Lui, può, per grazia
divina, essere scosso dentro, toccato in profondità da questo Vivente, sempre
«in agguato» sulle strade degli uomini.
Gesù, che ha promesso: «Io sono con voi tutti i giorni, sino alla
fine del mondo» (Mt 28,20), anche adesso intesse con i suoi amici mirabili
storie d'amore. L'ha fatto con i santi. Con Palmina Zauli.
Lo può fare con te. Se vuoi...
Ma forse la domanda è un'altra: non è fuori dal mondo, fuori dalla
storia, una vita come questa?
Nata verso la fine del XIX secolo, segnato dall'ateismo, che apparirà in tutta
la sua tragicità nel nostro XX secolo, proprio mentre la Chiesa con san Pio
X lanciava al mondo la sfida di «ricapitolare tutte le cose in Cristo»
(Ef 1, 10), Dio ha chiamato questa donna all'intimità con il Figlio suo, nell'offerta
per la sua gloria e per la salvezza di tutti i fratelli.
Cioè alla comunione d'amore degli uomini con Dio e tra di loro: come il
Sacrificio di Cristo sulla croce e nell'Eucaristia, il dono più sublime alla
storia e all'umanità.
prossima > |