Serva di Dio
MADRE MARIA COSTANZA ZAULI
ROSARIO ED EUCARISTIA
contemplazioni sui misteri
*


La Madona mi ha fatto comprendere
che ogni anima eucaristica
deve riflettere in sé
le impronte dei Misteri del Rosario


La Madonna di San Luca, patrona di Bologna,
venerata nell'omonimo santuario



Misteri del Dolore

Preludio ai Misteri del Dolore

II. L'ingresso di Gesù a Gerusalemme

Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Betfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate nel villaggio che vi sta di fronte: subito troverete un'asina legata e con essa un puledro. Scioglieteli e conduceteli a me. Se qualcuno poi vi dirà qualche cosa, risponderete: Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà subito». Ora questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato annunziato dal profeta: «Dite alla figlia di Sion: Ecco il tuo re viene a te mite, seduto su un'asina, con un puledro figlio di bestia da soma».
I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l'asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla numerosissima stese i suoi mantelli sulla strada mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla via. La folla che andava innanzi e quella che veniva dietro gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!».
Entrato Gesù in Gerusalemme, tutta la città fu in agitazione e la gente si chiedeva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea».

(Mt 21, 1-11)

1.

Non avevo mai seguito come in quest'ultima illuminazione il mistero di passione che si racchiude nella Domenica delle Palme.
Gesù mi ha aperto il segreto delle disposizioni del suo cuore nella circostanza del solenne ingresso nella Città Santa.
Quale scena commovente e toccante!
L'ho avuta chiara ed aperta allo sguardo interiore, come se mi ci fossi trovata presente.
Quando il corteo che si era venuto formando dietro la modesta cavalcatura del Divino Maestro, fu a poca distanza da Gerusalemme, Gesù, con una profonda emozione che trapelava dal suo sguardo, alzò gli occhi al Padre per rinnovare l'offerta di tutto se stesso al compimento dei suoi disegni di redenzione.
Qui, fra il Padre e il Figlio, vi fu uno di quei particolari incontri quali ce li fa rilevare lo stesso Vangelo, come ad esempio, nel battesimo al Giordano, sul Tabor, ecc.
Prima che il grande dramma volgesse al suo sanguinoso epilogo, era necessario che un'immersione nell'amore del Padre temprasse la Vittima al supremo combattimento.
Dopo questa espansione di carità, che aveva rese ancora più sensibili le fibre affettive del cuore divino, un'immensa angoscia venne ad invaderlo, causata dalla forza stessa del suo amore, che si vedeva incompreso e incorrisposto fin dai suoi più intimi.
Gesù si guardò attorno col desiderio di sentirsi accanto un palpito amico, ma non lo trovò neppure fra i suoi discepoli. Erano colmi di entusiasmo, quasi fuori di loro stessi, ma per la lusinga del prossimo avvento di quel Regno del quale già sognavano i primi posti... e non pensavano neppure di volgere gli occhi al loro Maestro, acclamato e accolto entusiasticamente nella santa città come il tanto sospirato ed atteso Figlio di Davide. Se lo avessero guardato, ne sarebbero rimasti sconcertati...
Nel bellissimo Volto di Gesti si vedeva impressa un'altra mestizia che, contenuta, finì per manifestarsi con una irrefrenabile esplosione di pianto.
Da quale immensa profondità di amore scaturiva quel singhiozzo! Venuto per salvare gli uomini, espressamente mandato al suo popolo prediletto, proprio i più beneficati avrebbero respinto il suo dono d'amore; e i tanti che ora osannavano, avrebbero fra poco gridato a Lui il «crucifige».
Non tanto la previsione della sua prossima e obbrobriosa morte, quanto la chiara vista dei mali irreparabili che il suo Sangue invocato a maledizione avrebbe addensati su Gerusalemme (che sarebbe stata distrutta insieme al meraviglioso tempio) e sulle anime che avrebbe voluto salvare... Quale tormentosissima pena!
Ho voluto consolare il mio Gesti stringendomi a Lui e ricordandogli i tanti che il suo dolore avrebbe conquistati al suo amore; ed Egli, con amorosa tenerezza, mi ha confidato che fu appunto questa certezza la luce che illuminò i momenti più oscuri della sua passione (20.3.1951).

2.

Ho ancora vivamente presente il pianto di Gesù nell'appressarsi a Gerusalemme.
Mi pare d'intuire il vero motivo di quell'angoscioso pianto.
Amando ardentissimamente le anime, le avrebbe volute stringere tutte a sé per renderle felici...; veniva ad offrire loro la vita, la salvezza...: e il suo dono sarebbe stato rifiutato!
Negli «osanna» di oggi, sentiva i «crucifige» di domani; «crucifige» che si sarebbe continuato a gridare anche ai suoi araldi che avrebbe inviati nel mondo per portare la buona novella...
Non per sé, ma per le anime che si sarebbero perdute e sulle quali il suo sangue sarebbe caduto a condanna, per l'espiazione che l'umanità colpevole si sarebbe attirata in terribili castighi sulle generazioni fino alla fine, soffrì immensamente, e lo schianto di quella pena morale, se la potenza divina non lo avesse sostenuto, lo avrebbe fatto soccombere.

3.

Parla Gesù: «Molte anime si fermano a compassionarmi flagellato, crocifisso..., ma sono pochissime quelle che penetrano la vera passione del cuore, che culminò il giorno stesso del mio ingresso trionfale in Gerusalemme.
Allora bramai chi mi comprendesse, ma mi vidi e mi sentii solo a sorbire l'amarissimo calice.
Un'unica Creatura avrebbe potuto essermi di conforto: la Madre mia. Quanto l'ho desiderata nelle ore più oscure della passione... Ma Ella doveva essermi accanto soltanto quando il Divin Padre lo permetteva.
Il pensiero di Lei, di quanto avrebbe dovuto soffrire per me e con me, costituiva uno degli assilli più tormentosi per il mio cuore, e vi si congiungeva il dolore che avrebbe gravato su tutte le membra del mio Corpo Mistico lungo i secoli...
Questa sofferenza fu il preludio dell'agonia del Getsemani e preparò il mio sudore di sangue.
Da quel punto continuai a parlare, ad operare, a compiere miracoli, ma sempre con quella trafittura nel cuore...».
Avendomi fatto esperimentare un'impronta di quella sofferenza, mi è sembrata fra le più ardue di quante ne avessi sperimentate fin qui. Ero interamente imbevuta della più angosciosa amarezza, e tuttavia in pace, in una quanto mai intima unione al mio Dio.
Soffrivo in me la persecuzione che viene mossa alla Chiesa, spasimavo per il desiderio di poter contribuire a costo di qualsiasi sacrificio alla salvezza dei fratelli... (26.3.1951)

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Con approvazione ecclesiastica
Testi tratti da: Madre Maria Costanza Zauli, Rosario ed Eucaristia, Roma: Città Nuova, 1995/3, e da altri appunti pro manuscripto

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