Serva
di Dio |
Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè, che discorrevano con Gesù. Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!». Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!». E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno se non Gesù solo con loro.
(Mc 9, 2-8)
Le illuminazioni che ricevo
seguono sempre l'ordine della Liturgia.
Celebrandosi ieri la festa della Trasfigurazione, sotto la guida dello stesso Maestro
Divino, ho approfondito il Mistero che si commemorava.
È ricco di preziosi insegnamenti per tutti i cristiani e particolarmente per
le persone consacrate.
Mi diceva infatti Gesù che in quel delizioso incontro tra Lui e il Padre sgorgò
dal suo cuore una fervida perorazione in favore delle sue creature elette che avrebbe
volute interamente permeate dalla grazia, rese candide e luminose, atte al volo per
venire sollevate fino al Padre e, dal contatto con Lui, trasfigurate.
E mi ha posto davanti all'occhio interiore la bellissima scena... Come descrivere
l'aspetto radioso in cui apparve l'umanità del Cristo in quel momento? Appariva
come se già fosse glorificata, tale quale brillò dopo la Risurrezione.
La sua vista comunicava un'impressione di delizioso rapimento, di gaudiosa beatitudine,
che spiega il grido degli Apostoli: È buona cosa essere qui. Facciamo tre
tende...».
Più che intrattenermi alle esteriorità - capaci da sole ad imparadisare
l'anima - Gesù ha svelato all'intelletto avvalorato dalla grazia la sua intima
bellezza.
Lo sappiamo per fede che il Verbo incarnato, per effetto dell'unione ipostatica,
è inseparabile dalla Divinità, che gode sempre della visione beatifica,
che rimane uno col Padre e con lo Spirito Santo; eppure, al suo cuore, alla sua anima
umana Egli non lasciava fruire di continuo del gaudio della beatitudine.
Questo mistero, che dà la misura dell'amore di Dio per l'uomo, non lo avevo
mai approfondito e compreso come in quest'ultima illuminazione.
Se non fosse stato per ottenerci una copiosa redenzione, per aprirci la via alla
perfezione, alla santità, alla felicità dell'unione, della fruizione
di Dio, al possesso dell'eredità che ci spetta come a figli e soprattutto
per attrarre irresistibilmente i nostri cuori, Gesù non avrebbe mai potuto
sacrificare il bene immenso - interdicendosene il godimento - delle ricchezze della
tenerezza del Padre suo.
L'intuire in parte quello che il Divino Maestro ha voluto sacrificare per noi mi
ha lasciata quasi atterrita...
Là, sulla vetta del Tabor, dopo aver gustata la soavità dell'abbraccio
paterno, Gesù aveva trattato col Padre suo della sua imminente Passione e
Morte, e con magnanimità veramente divina, aveva rinnovato l'offerta e significato
la disposizione ad una accettazione senza riserve, per nostro amore, per la nostra
salvezza. Non valse a trattenerlo la chiara prospettiva della scarsa corrispondenza,
dell'ingratitudine, dell'incomprensione dei più.
Anche per un'anima sola Gesù sarebbe stato disposto ad accettare tutto il
cumulo di sofferenze che ha voluto abbracciare per noi; fin la prova per Lui più
dura dell'apparente abbandono del Padre. Quanto è mai grande la sete che Iddio
ha dell'amore delle sue povere creature! Come vorrebbe essere compreso dai suoi amici!
Per ammollire la nostra durezza vuole che consideriamo tutto quello che ha sofferto
e sostenuto per ognuno di noi in particolare. E dobbiamo dirci: - Per me, proprio
per me, perché lo riamassi, per conquistarmi al suo amore Gesù si è
incarnato; e dopo aver vissuto da povero fra gli stenti e la fatica, ha subito il
travaglio della Passione fino a morire in croce.
Per riportare l'anima mia all'abbraccio del Padre ha voluto sentirsi da Lui abbandonato...
Il pensiero di coloro che avrebbero corrisposto fedelmente alla sua grazia gli diede
lo slancio per percorrere l'ultima ascesa che lo avrebbe condotto al Golgota per
venirvi innalzato da terra.
Dal Tabor al Calvario per assicurare alle anime la suprema trasfigurazione nel suo
amore.
Sceso dal monte santo, ebbe inizio la Passione, punteggiata di momenti di divina
chiarezza, come nel momento dell'istituzione dell'Eucaristia, ma dominati sempre
da un oscuro peso di rigore quanto mai penoso al suo cuore.
Se per essere fedeli al Signore dobbiamo incontrare sacrifici, ci rianimi il pensiero
del sacrificio che il Divino Maestro s'impose per sostenere la nostra debolezza (7.8.1947).
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