Serva
di Dio |
Sono risorto e sono sempre con te.
(Liturgia - cf. Sal 138, 8)
1.
Il Sabato Santo, nel momento
in cui la Liturgia della Chiesa fa risuonare il primo alleluja, mi è
parso di venire immersa nella luce di Dio e in quello splendore ho visto come la
potenza della Divinità operò nell'Umanità di Gesù composta
nel sepolcro: rapida come il baleno fece circolare nuovamente in quel Corpo la vita,
ridestandolo dal sonno di morte. E in quale fulgida bellezza! In quel punto il Risorto
era veramente l'immagine e lo splendore del Padre! Così abbagliante di gloria,
con le stigmate rilucenti come soli, ritto in tutta la maestà della sua figura,
con gli occhi levati in alto, ringraziava l'Altissimo con una effusione di carità
al tutto ineffabile (25.4.1950).
Maria, dalla stanza della casa di Giovanni, ave s'era appartata in preghiera dopo
il ritorno dal Calvario - dopo aver avvertito il beato istante della Risurrezione
- ne ebbe la conferma dalla apparizione del Figlio.
Egli si presentava a Lei ornato delle insegne della sua maestà suprema per
associarla alla sua lode, al suo ringraziamento al Padre.
Le tante piaghe e lividure, ognuna delle quali aveva fatto stigma nel cuore materno
di Lei, era ora sorgente di beatitudine e di gaudio, e l'amoroso Figlio si compiaceva
di formarne come un diadema per ornare l'amatissima Madre.
Vedevo la Madonna adorna di tutte le ricchezze conquistate da Gesù mediante
la Passione redentrice e, oltre la bellezza interiore, ammiravo anche i tratti della
somiglianza fisica tra loro.
Appena apparso nella stanzetta, Gesù si fece sentire e con voce chiara chiamò
Maria come ultimamente l'aveva chiamata dalla croce con vibrazioni d'intensissimo
amore: «Madre!».
A quel timbro di voce ben nota, alla vista di Lui, la Vergine passò dall'angoscia
mortale a un massimo di gioia, e non poté far altro che prostrarglisi umilmente
davanti nell'atto della più profonda adorazione.
Gesù immediatamente la risollevò e, tenendola stretta a sé,
le comunicò la piena del suo gaudio; e cosi uniti in un cuor solo,
elevarono al Padre quella lode amorosa e riconoscente che mai era salita a Lui dalla
terra, neppure prima della colpa, da Adamo ed Eva.
Per un attimo ho avuto l'intuizione del compiacimento divino su Gesù e Maria
e ne sono rimasta rapita.
Per la Madonna, lo spazio di vita terrena che le rimase da percorrere dopo la risurrezione
del Figlio, fu prevalentemente celeste. Coi piedi poggiava quaggiù, ma l'anima
era già coi suoi Tre nella Patria beata.
Tale gaudio non le impediva tuttavia di sentire la sofferenza; e non ebbe poco da
soffrire... (25.4.1946).
Mi è rimasta particolarmente impressa la profondissima adorazione di Maria
al suo Figlio risorto.
In realtà è soltanto Maria che può degnamente adorare.
Innanzi al Santissimo Sacramento, Ella è sempre presente.
Noi anime eucaristiche, chiamate a continuare a Gesù l'omaggio dell'adorazione,
con umiltà e semplicità ricorriamo a Lei, intendendo adorare per mezzo
di Lei e attraverso il suo cuore (9.4.1945).
Dice la Madonna: «Voi avete lo stesso Gesù, velato nel Sacramento, ma
ugualmente glorioso. La vostra vita, come la mia, dovrebbe passare tutta nell'adorazione,
nella lode e nel ringraziamento a Dio. Come facevo io, presentatelo spesso, anzi,
continuamente, Gesù al Padre: questa sarà la vostra impetrazione potente!»
(9.5.1945).
2.
Di tutti i Misteri della
vita di Cristo, quello della Risurrezione è il più grande, perché
corona l'opera sua con un trionfo che associa la terra al Cielo.
Giustamente la Chiesa considera la Pasqua la solennità delle solennità,
perché fu in quel giorno che il suo Sposo la dotò d'immense ricchezze,
frutto della sua Passione e del suo Sangue.
Da quel punto s'iniziarono gli intimi rapporti, l'ammirabile commercio fra l'Altissimo
e i redenti.
Nel cuore del Divino Risorto mi sembra di rilevare un triplice motivo di compiacimento:
1) per la massima gloria che la sua Risurrezione rende al Padre;
2) per il diritto acquistato dai redenti ad una rinascita spirituale (perché
incorporati a Lui) e alla fruizione delle ricchezze della sua grazia;
3) per il consenso ottenuto dal Padre di poter elevare ai più alti gradi dell'amore
e dell'unione, fino ad associarle ai gaudi del suo trionfo, le sue creature fedeli.
Gesù desidera effondere il suo gaudio su ogni anima ben disposta, come sovrabbondantemente
lo riversò in Maria nel momento della sua Risurrezione.
Di questo gaudio vorrei saper parlare, ma me ne mancano i termini. Questo prezioso
frutto della Redenzione compiuta è una partecipazione alla stessa felicità
essenziale di Dio che trabocca nell'anima, la colma, la trasporta in un'estasi di
amore beatificante, facendola uscire nel canto della lode: «Magnificat!»,
eco dei cantici che risuonano nella Gerusalemme celeste.
Ma come cantare se il cuore non trabocca di amore e di gaudio? L'immedesimazione
alla Passione del Cristo è il mezzo più atto a colmare il cuore di
questo palpito gaudioso. Gesù risorto vuole riversarlo a torrenti. Apriamoci
a riceverlo in noi! (27.4.1943/30.4.1943/10.4.1947).
3.
Parla Maria: «Nell'annunciazione,
allorché l'Altissimo volle significarmi l'ordine del suo decreto, diedi il
mio consenso, ma non feci che ricevere; e la straordinaria grazia ricevuta, la luce
nella quale mi si manifestò la Divinità, il privilegio unico della
Divina Maternità mi mise in cuore il Cielo: e ciò senza nessun mio
merito.
Nella Risurrezione, invece, nell'apparirmi del mio Gesti risorto e glorioso, nella
felicità, nel gaudio che faceva traboccare in me, vedevo l'effetto di quanto
insieme avevamo dato.
Una madre dà molto più che se stessa dando il proprio figlio, nel quale
è tutta la sua vita.
Sentii allora, per una forza che s'imponeva al mio spirito, l'impulso di offrirmi
per continuare a soffrire ancora, onde fosse reso al Padre un attestato di amore
per ringraziarlo, lodarlo, adorarlo a nome di tutti gli uomini ingrati.
Il naturale mio desiderio sarebbe stato quello di seguire il Figlio mio nella gloria;
ma come avrei potuto pensare a me in quel momento? Non vi faccia meraviglia se chiesi
di rimanere ancora nell'esilio per dare la consumazione di me stessa nel piccolo
sacrificio quotidiano».
Non fu poi tanto piccolo tale sacrificio, anzi, dopo l'Ascensione di Gesù,
fu un continuo martirio tanto simile alla Passione interiore del Figlio, giacché
gli stessi motivi derivanti dal puro amore trafiggevano quasi spade a doppio taglio
l'anima sensibilissima della divina Madre. Noi non possiamo che vagamente intuire
tale sofferenza. La Madonna, nel Figlio glorioso e risorto, vedeva l'immagine del
Padre e lo adorava nell'annientamento delle sue potenze, accendendosi di sempre più
vivo amore per Lui. Era la prima vittima, la prima adoratrice.
Chi avrebbe, dalla terra, servito, amato, adorato Dio come si conveniva?
La Madre universale si sentiva spinta a riparare, a supplire per noi tutti.
Continuamente offriva al Padre il preziosissimo Sangue di Gesù, i patimenti
da Lui sofferti in unione ai suoi, a vantaggio dei redenti. Nella luce della Risurrezione,
la Santissima Vergine conobbe tutta la preziosità del dolore, la necessità
di un contributo di sofferenza offerto per ottenere alle anime il risorgere alla
grazia. Gli Apostoli, la sempre crescente famiglia dei credenti chiesero tanto alla
sua generosità; ed Ella pensava ad offrire anche per le generazioni future.
Prevedeva la continuazione della lotta, delle persecuzioni; vedeva la Passione del
Capo misticamente rinnovata e completata nelle membra del Mistico Corpo di Cristo,
e ciò la faceva spasimare non meno che sotto la croce.
L'offesa a Dio, l'incorrispondenza all'Amore le trapassavano il cuore, consumandola.
Ma era per il pregio di quell'offerta, per quel purissimo olocausto d'amore che saliva
gradito fino al Trono dell'Altissimo che la Chiesa prosperava ed avrebbe finito per
trionfare.
Questo compito di Maria non può venir meno sulla terra, e sono particolarmente
le anime consacrate a Dio che debbono continuarlo (5.4.1951).
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Testi tratti da: Madre Maria Costanza Zauli, Rosario ed Eucaristia, Roma: Città Nuova, 1995/3, e da altri appunti pro manuscripto