Serva
di Dio |
SUOR
MARIA GIACOMINA DI GESÙ
(Domenica Calderoní)
la prima collaboratrice della Madre Maria Costanza
Romagnola d'origine (era
nata il 21 maggio 1880 ad Alfonsine ed aveva trascorso l'infanzia e l'adolescenza
a Riolo Terme di Ravenna), nel fiore della giovinezza entrò fra le Ancelle
del S. Cuore in Bologna, dove, per oltre un trentennio, sia da semplice suora e tanto
più da superiora, profuse i tesori della sue virtù: mortificazíone
fino all'austerità; umiltà, nascondimento, silenzio, a gelosa custodia
della sua vita interiore, assai ricca e dotata di carismi divini; carità sparsa
a piene mani, irradiante la fiamma nascosta. Dal momento dell'incontro con Suor Costanza,
le loro anime s'intesero perfettamente in Dio, quasi senza bisogno di parole. Suor
Maria Giacomina si mise subito alla scuola della futura fondatrice, considerandosi
«l'umile palo che sostiene la vite».
Dopo aver collaborato attivamente alla fondazione della comunità di vita contemplativa,
fece parte di essa e fu veramente il «braccio destro» della Madre, che
le affidò pure la formazione delle prime postulantí. Il Signore la
chiamò a partecipare misticamente alla sua Passione; ed ella corrispose generosamente
a questa vocazione di predilezione, fino a raggiungere l'annientamento dell'Ostia.
Il 1° ottobre 1944 moriva santamente, consumata dall'amore di Dio più
che dalle continue penitenze, offrendosi per la Chiesa e per l'umanità travagliata
da un'atroce guerra.
SUOR
MARIA ANCILLA DI GESÙ OSTIA
(Adriana Turchi)
la «segretaria» della Madre fondatrice
Da Cesena (dove era sbocciata
alla vita il 9 marzo 1905 in seno alla rinomata famiglia Turchi), a 25 anni partì,
quasi fuggendo, dalla casa paterna, lasciando il «sentiero di rose» delle
gioie del mondo per inerpicarsi lungo la «strada stretta» che porta all'identificazione
con lo Sposo crocifisso. Era il 1930 quando Adriana divenne Ancella del S. Cuore
col nome di Suor Maria Ancilla. Tre anni dopo, la vigilia dell'Assunta, per rispondere
alla divina chiamata, entrò lei pure nell'Arca Santa dell'Eucaristia, dove
l'attendeva una missione tutta particolare accanto alla fondatríce: accogliere
le sue confidenze e conservarle per iscritto come sacro deposito per la congregazione.
Assolse il suo compito con fedeltà e diligenza, tenendo tutto gelosamente
segreto.
Come maestra delle novizie, poté trasmettere silenziosamente alle giovani,
che via via entravano a far parte della comunità, la vena purissima della
spiritualità dell'Opera, che riceveva direttamente dalla viva sorgente del
cuore della Madre. Soltanto dopo la morte di lei rivelò alla comunità
di essere depositaria dei preziosi scritti.
Curò poi personalmente la prima edizione dell'autobiografia «MADRE COSTANZA»
(1967).
Eletta superiora nel 1970, sull'esempio della Vergine Maria, si fece madre e ancella,
e guidò le sue figliole lungo la scia tracciata dalla Fondatrice, fino al
suo transito da questa vita, che avvenne il 21 dicembre 1975, IV Domenica di Avvento.
SUOR
MARIA ROSARIO DELL'OSTIA IMMACOLATA
(Silvana Severi)
la piccola Ancella Adoratrice secondo il cuore della Madre
Venne al mondo il 20 settembre
1916 a Cesena, da una famiglia di operai forti nel lavoro e forti nella fede. Rimasta
orfana nella sua prima infanzia, dai parenti venne messa in collegio alla «Provvidenza»,
dove rimase fino ai diciannove anni, data del suo ingresso in monastero.
Fin da bambina, per il suo candore e per l'attrattiva che dimostrava verso Gesù
nascosto nel tabernacolo, dalle suore e dalle compagne era considerata una «piccola
santa».
Nella nostra comunità visse nove anni. soltanto, ma lasciò un'impronta
incancellabile. Le consorelle i quel tempo testimoniarono di non aver mai notato
in lei una mancanza volontaria.
Suor Maria Rosario incarnò il vero tipo dell'ancella adoratrice come lo aveva
sognato la Madre: innamorata dell'Eucaristia; generosa fino all'eroismo nella quotidiana
offerta per la Chiesa e per il mondo; fedele nelle piccole cose come nelle grandi;
umile, povera e obbediente; dolce e soave; ardente di quell'amore fraterno che fa
dimenticare se stessi per il bene degli altri. Si può affermare che l'esistenza
di questa piccola suora fu tutta una immolazione, specialmente per la malferma salute,
che le procurava innumerevoli altre sofferenze; ma fu pure tutta irradiata di gioia,
per la predilezione di cui era oggetto da parte di Colui che sceglie i più
piccoli e deboli per manifestarsi ad essi.
Il 30 ottobre 1944 - dopo la rinnovazione dei voti - lo Sposo la chiamò in
Cielo; e fu la Vergine santissima a venirla a prendere dalle braccia della Madre
fondatrice.
II.
Brani di lettere scritte da suor Maria Giacomina di Gesù al Vescovo mons.
Giovanni Pranzini, durante l'infermità della Madre M. Costanza.
25-12-1925
«... dire come sta
Suor Costanza non è facile, perché quanto addolora fisicamente è
inspiegabile; quanto poi martirizza spiritualmente e moralmente non si può
capire fino in fondo. Posso dire che da parecchi giorni è in una sofferenza
più acuta del solito, le crisi di cuore le tolgono quasi il respiro, la gonfiezza
aggiunge apprensione. Non ha un membro che non sia addolorato da particolare dolore,
né fa un movimento senza sentire spasimo di tutti e di ciascuno.
Quello poi che c'è internamente si può immaginare se si pensa che,
perché copiosa fosse la redenzione, Gesù volle essere dissanguato;
per questo, a lei, che ha scelto di ricopiare lo stato di vittima per essergli l'olocausto
che propizia, permette che partecipi a tutte le specie di pene tanto da parte delle
creature, che del nemico del bene, che da parte di Dio...
Eccellenza, è un dolore misterioso, perché deriva da un amore incomprensibile
ed ha per fine l'elevazione di anime elette...».
14-1-1926
«Le notizie su Sr.
Costanza sono le stesse dell'altra volta: una sofferenza che s'intensifica a misura
che si spiritualizza o quasi si divinizza quell'anima, per l'intensità dell'amore
di Dio, che ne è la vita e la consumazione...
È una vita di morte, che è vita; e sarà vita a molte anime».
20-1-1926
«La salute di Suor
Costanza è sempre cosa... C'è solo da presentarla all'Amore che la
immola affinché se ne soddisfi a pieno, essendo essa immolata in tutto il
suo essere di vittima.
Però, com'è grande questo stato, e accetto!...».
25-2-1926
«Suor Costanza mi
dice di ringraziarla e che appena le sarà possibile le risponderà.
Intanto prega. E soffre molto: questo lo aggiungo io, sicura di dire la verità,
e per affer
mare che della preghiera di Suor Costanza si può avere fiducia, essendo non
solo una supplica, ma come un doloroso gemito di una vita quasi senza vita, che si
consuma implorando, che implora immolandosi...».
7-12-1926
«... Prima di tutto,
ringrazio molto Vostra Eccellenza della carità che ci ha fatto ieri, specialmente
a nome di Sr. Costanza che, riconoscente, esprime la sua gratitudine continuamente
con la sua ininterrotta immolazione di sé al Signore. È certo difficile
il poter dire quanto sia grande il soffrire di quella creatura. Credo di non sbagliare
dicendo che è la sofferenza personificata.
Come non aspettarsi molto da una supplica tale, che può dirsi un continuo
grido straziante che eleva al Signore per l'intensità dell'amore che la unisce
a Lui?».
(Il ringraziamento al Vescovo era per aver permesso che si facesse l'adorazione nella
cappellina dell'infermeria, adiacente alla cella di Suor Costanza, da parte delle
religiose che aspiravano alla vita contemplativa).
III.
DALLE «TESTIMONIANZE» (frammenti)
1. Testimonianze di persone esterne
«Ho avuto la felice sorte di conoscere personalmente e intimamente la Madre M. Costanza negli ultimi anni che precedettero la fondazione del Monastero. La mia impressione, anzi, la mia convinzione è che ella fosse una creatura privilegiata, prediletta da Dio, favorita di lumi speciali e di grazie singolari: lo desumo principalmente dal fatto che, sebbene colpita da dolorosa infermità inenarrabile che l'obbligava al letto in permanenza o quasi, non ho mai veduto né sentito dire che desse segni d'impazienza, ma sempre si è mostrata lieta, serena, sorridente, sorretta dal sentimento vivissimo della divina presenza in lei e della paterna provvidenza di Dio».
(Can. Olindo Corsini)
«Considero come grazia
specialissima l'aver tenuto con Madre Costanza una relazione spirituale dal mio ingresso
in Congregazione (gennaio 1921) fino a due giorni prima della sua morte. La mia fiducia
in Lei si è mantenuta sempre viva, e nei momenti di grande incertezza e necessità,
il suo consiglio esprimeva per me la Volontà di Dio e agivo sicura qualunque
difficoltà avessi trovato nell'eseguirla. Grande fu il suo amore per la nostra
Congregazione anche dopo aver fondato quella delle Adoratrici. Ne ebbi molte prove,
e per il bene delle nostre anime e per il progresso delle nostre Opere fu costante
la sua preghiera e continuo il suo interessamento. Ritengo che nella vita di M. Costanza
vi siano stati favori straordinari; a me però non era necessario vedere prodigi
per credere alla sua eminente santità. Mi era sufficiente la sua
illimitata fiducia in Dio nelle diverse prove, la serenità nella sofferenza
e quel parlare ispirato che intravedeva l'avvenire e leggeva nelle anime».
(Sr. M. Antonietta Zaccheo, sup. gen. Ancelle S.C.)
«Avendo avuto il privilegio di conoscere Madre M. Costanza, non posso fare a meno di esaltare le belle e sante virtù che ho notato in lei: costante serenità, mai offuscata anche di fronte a contrarietà e preoccupazioni; fiducia piena e assoluta nella Divina Provvidenza. Ella era dispensatrice copiosa di consigli ed esortazioni, sempre comunicati con squisita carità».
(Renzo Bugamelli - Presidente di Giunta A.C.)
«Negli anni trascorsi in Collegio, osservavo continuamente Sr. Costanza... Era incaricata della pulizia del dormitorio: essa compiva con diligenza quel suo dovere così umile. L'ho sempre davanti agli occhi mentre spazzolava le coperte e intanto pregava. Quel suo raccoglimento, quel suo ardore trasformavano la sua azione in qualche cosa di sovrumano e meraviglioso. Altro ricordo vivissimo: la prontezza con cui la vedevo correre in chiesa al primo suono della campana. Si aggiustava la mantellina, in verità sempre un po' stinta, e si vedeva in lei la preparazione di chi si reca gioiosa ad un grande convegno... con Dio!».
(Garda Zamboni)
«Ho conosciuto bene
Sr. Costanza perché, quando ero educanda al Collegio S. Giuseppe (dal 1917
al 1924) le dormivo accanto, proprio vicino alla sua tenda bianca. Quando ero ammalata
e non riuscivo a prender sonno, intendevo chiaramente quasi sempre la voce di Sr.
Costanza che invocava il Signore come un'anima innamorata di Dio con le più
dolci e tenere espressioni. Con noi era piena di carità e abnegazione.
Ci insegnava il puro amore verso Dio e la Vergine. Pensavo di lei che era una creatura
tutta celeste, non già di questo mondo; la intuivo distaccata da tutto».
(Mirri Dafne in Gritti)
«Nelle difficoltà della mia vita di collegiale, andavo di nascosto vicino alla porta della camera di Suor Costanza (che era ammalata) e le confidavo tutto. Così facevano le altre educande. Sebbene non la vedessimo, la sentivamo vicina. Ella ci riconosceva dalla voce, ci chiamava per nome, ci dava consigli e ci diceva tante cose buone, sì che quando andavamo via eravamo sempre contente come se ogni cosa fosse già appianata, avendoci ella promesso che ne avrebbe parlato col Signore. Quante volte siamo andate lassù, all'ultimo piano, dove era la sua camera vicina alla cappella; quante volte abbianío accompagnato il Sacerdote che le portava la S. Eucaristia! E sempre ognuna di noi provava la gioiosa impressione di essere stata vicina ad una santa».
(Ruggeri Tradyi Antinesca)
2. Testimonianze di Suore Ancelle Adoratrici
«La Madre era veramente
"l'adoratrice". Il suo contegno esteriore, quando era inginocchiata davanti
al SS. Sacramento, era di una trasparenza cristallina che lasciava intravedere le
meravigliose disposizioni del suo spirito: umiltà, fede, amore; e trascinava
all'imitazione».
«Negli anni vissuti con la Madre fondatrice, ho riscontrato in lei una continua
apertura all'azione della grazia, una corrispondenza piena e delicatissima all'amore
di Dio in ogni circostanza; tanto che mi son chiesta più volte come ciò
fosse possibile a una creatura umana, debole e limitata. Evidentemente, ella era
un'anima interamente posseduta dallo Spirito di Dio».
«Quando la Madre aveva qualche prova molto dolorosa che le faceva sanguinare
il cuore, si mostrava tutta felice, perché diceva: "Ecco un'occasione
di dar prova di amore al mio Dio! "».
«La Madre non cessava di ripeterci che dovevamo essere di aiuto alla Chiesa
e al Sacerdozio con la preghiera e il sacrificio nascosto. E noi tutte sappiamo che
lei aveva dedicato tutta la sua vita al conseguimento di questo grande fine. Ella
era come la radice che si addentra nelle profondità più nascoste per
donare all'albero tutta la sua linfa vitale».
«La nostra Madre amava tanto la Patria e ne seguiva con cuore materno le sorti,
facendoci pregare, specialmente nei momenti più difficili e decisivi, per
il suo vero bene, per la sua vera grandezza. Aveva pure una grande compassione dei
poveri peccatori; pregava e faceva pregare per la loro eterna salvezza. Aveva una
tenerezza particolare per i poveri, per i più bisognosi e li soccorreva caritatevolmente.
Sentiva moltissimo i dolori e le pene che incombevano sulla povera umanità
e sulle singole persone che sapeva provate e che ricorrevano a lei; le prendeva a
cuore come fossero state della sua famiglia. Ma per noi, sue figliole, dava fondo
a tutte le risorse del suo grande cuore».
«La Madre ha amato ciascuna di noi con la vera carità di Gesù.
Non ebbe preferenze, ma ciascuna si sentiva la preferita. La sua maternità
spirituale aveva un'intensità di grazia che solo chi le è stata figlia
la può comprendere».
«Non solo nelle grandi occasioni la Madre ci dava prova di virile e costante
coraggio, ma pure in quel sacrificio quotidiano, continuo, quasi in apparenza trascurabile,
che costituisce il "quotidie morior" di cui parla l'Apostolo».
«Pareva che il cuore della Madre non trovasse riposo finché non ci avesse
rinnovato per l'ennesima volta la raccomandazione della carità scambievole.
Faceva pensare, in questo, all'Apostolo S. Giovanni, che non si stancava di ripetere
ai suoi il Comandamento del Signore».
«L'umiltà della nostra Madre era tutta fondata sulla cognizione del
suo nulla che tutto le faceva attribuire alla bontà del suo Dio. Era evidente
che si considerava un niente; tuttavia, per la sua grande e bella semplicità,
non faceva dichiarazioni esagerate della sua miseria. "L'ombra deve scomparire",
diceva quando temeva che ci si appoggiasse eccessivamente a Lei, e si comprendeva
come veramente avesse fatto suo il programma del Precursore: "Bisogna che Egli
cresca e che io diminuisca"».
«La nostra venerata Madre fondatrice ha sempre tenuto nascoste con somma prudenza
e riserbo le grazie mistiche delle quali era favorita, tanto che l'apprenderle dopo
la sua morte, è stata per la comunità una generale sorpresa».
«Proprio perché profondamente umile, la Madre era un'anima riconoscente.
Si può dire che la sua vita fu tutta un "Magnificat" alla Divina
Bontà».
«La Madre era esuberante di vita e di gioia. Aveva la semplicità dei
bimbi e una fortezza adamantina. Per me, era una donna consacrata completa. Pur vivendo
in un'atmosfera tutta soprannaturale, s'interessava di ogni particolare della nostra
vita pratica, tanto che - benché intuissimo la sua grandezza spirituale -
la sentivamo vicina, materna; ci sentivamo immensamente amate e comprese da lei;
e la confidenza filiale fioriva spontanea, sì che per lei non avevamo segreti.
La sua direzione illuminata ci portava sempre a Dio».