Serva di Dio
MADRE MARIA COSTANZA ZAULI
AMORE PER AMORE
dal «diario intimo» della Serva di Dio



PARTE TERZA
NELL'ARCA SANTA DELL'EUCARISTIA
(1933-1954)

Ouell'Ostia è il mio tutto. Il mio povero essere, come le specie sacramentali, non è che un'apparenza che l'Onnipotenza sostiene, tanto mi trovo tutta passata e transustanziata in Gesù.

2. IL MERIGGIO (1945-1954)

Dal SS. Sacramento, ove raggia l'Umanità santa di Cristo, mi si manifesta la Divinità. E l'anima mia si trova accesa da una fiamma d'amore che la porterebbe a congiungersi in eterno al Sommo Bene, trasformando in un martirio insostenibile la povera esistenza, che pur deve proseguire nell'esilio.

Un nuovo sacrificio

L'immediato dopoguerra non fu meno difficile del periodo precedente. Con amarezza dovetti sentire in fondo all'anima il lamento di Gesù: «Non è ancora riconosciuta la mia bontà, e tante ingratitudini chiederanno altri olocausti in riparazione».
Intese con ciò annunciarmi prossima la morte della nostra Suor Maria Agostina del Preziosissimo Sangue? Avevamo appena ridato alla nostra casa l'ordinamento consueto (lasciando le sole inferme al pianterreno per comodità dei sanitari che venivano a visitarle), quando la notte del 5 maggio 1945 venni chiamata d'urgenza al capezzale della mia figliola. Presentendo l'imminenza del passo estremo, era entrata in una penosissima agitazione ed aveva supplicato che si chiamasse la Madre.
Come mi vide accanto a lei, disse subito: «Come la ringrazio, Madre, di essere venuta! Ora che lei mi è vicina, io mi abbandono tranquilla senza pensare più a niente, proprio come fanno i piccoli che si addormentano sotto gli occhi della mamma».
Le sorrisi, cercando di vincere la commozione che mi serrava la gola. In quali preziose disposizioni la vidi prepararsi all'incontro con Dio! Sempre assistita da noi e dal Sacerdote, rimase in coma fino al Vespro di quel giorno (era il sabato precedente l'Ascensione e, come tradizionalmente in questa città, proprio in quell'ora veniva portata dalla sua basilica alla cattedrale la venerata immagine della B. Vergine di S. Luca), e mi parve che fosse la Madonna, della quale Suor Maria Agostina era sempre stata tanto devota, che se la venisse a prendere per presentarla allo Sposo divino.
Nello stesso mese, la giovane religiosa che non pensava ad altro che a ricongiungersi alla sua famiglia, se ne tornò al secolo...
Non riuscirò mai ad esprimere quello che provai quando dovetti aprire la porta della clausura per lasciar uscire quella figliola con la mamma, venuta a riprendersela. Mi sforzai per dominarmi, ma lo strappo fu così forte da provocare la riapertura dell'ulcera. Quale intimo e reale dissanguamento!

Il filo d'oro

13-8-1945. (40° anniversario del distacco dalla famiglia). All'alba è venuto a me Gesù con in mano una magnifica corona da regina e me l'ha presentata con la soddisfazione dell'artista che presenta il suo capolavoro. Era un gioiello di finissima fattura, un lavoro a cesello con incastonate nell'oro quaranta gemme più luminose del brillante e riflettenti i diversi colori dell'iride.
«Vengo all'alba di questo nuovo giorno perché tu ammiri la corona che ho potuto intesserti in questi anni della tua vita religiosa con un filo d'oro che non si è mai spezzato, non essendoti mai sottratta volontariamente a me. Però rimane vero che di tuo non vi è niente e che la gloria dell'opera è tutta mia».
Mi sentivo più che convinta di questa verità e lo sono stata sempre. L'azione della grazia, la condotta, direi, l'impero di Dio è stato sempre così forte sulla mia anima da farmi quasi parere più difficile il sottrarmivi che il corrispondere. Non potrei attribuirmi il minimo merito. «Signore, come avrei potuto spezzare quel filo d'oro che stringevi tanto forte nelle tue mani?».
«Sappi, figliola, che tutte le creature ragionevoli sono state dotate di libertà, perciò la determinazione delle loro azioni dipende dalla loro volontà. Tu eri nell'impossibilità di sottrarti all'azione della grazia solo perché liberamente preferivi dare compiacimento alle esigenze del mio amore, ed era la tua fedeltà che intensificava la forza con la quale agivo in te, senza tuttavia toglierti la tua libertà.
Lasciasti la casa paterna, la mamma, il babbo, i fratelli per me; volesti essere interamente mia, e lo sei stata, tanto da permettermi di comporre per te questo ornamento che tornerà di mia gloria per l'eternità». Semplice come sono, convenivo della verità di quanto mi diceva...
Io sola so quanto mi sia costato il distacco dalla diletta famiglia e con quanta energia, fin dal mio ingresso nella casa del Signore, abbia voluto ad ogni costo essere tutta sua e aderire in pieno alle esigenze del suo amore. Molte imperfezioni vi sono state per effetto della mia fragilità e debolezza, ma infedeltà volontarie non mi pare ve ne siano state. Sono tanto povera in umiltà da non avere pena neppure per la mia estrema miseria. Che debbo fare? Non la vedo neppure tanto mi sento immersa e compenetrata dalla Divina Misericordia che tutto ha purificato.
Non sono capace che di ringraziare e magnificare l'infinita bontà del mio Dio e di amarlo sempre più.
Durante la Messa, l'Eterno Sacerdote ha dato la massima solennità alla sua manifestazione: mi ha aperto il Cielo e per un attimo mi ha trasportata lassù ove mi son vista cingere da Lui la corona magnificamente lavorata e ornata.
«Lo vedi, mi diceva, quando un'anima mi ha dato per lungo tempo prova di fedeltà, io posso, ancora prima di trarla dall'esilio, presentare il mio capolavoro agli Eletti per provocare un canto di ringraziamento e di lode che valga a colmare le deficienze del tuo cuore di povera creatura». E mi ha fatto sentire l'eco melodiosa di quel canto.
Come descrivere queste cose? Quello che mi ha fatto balenare delle bellezze e del gaudio che si gode in Cielo, mi ha fatto sospirare con tale veemenza di desiderio alla Patria beata da vedermi sul punto di venire esaudita. Quale sofferenza quando, ritornando in me, mi son ritrovata incatenata a questo corpo di morte!
Con un energico atto di volontà mi son detta: «Attenta, ora tocca a te a dar prova di amore al tuo Dio!». E gli ho protestato di essere contenta di quello che la sua bontà vorrà disporre per me e in me.
Questi atti mi rimettono nella consueta tranquillità e pace interiore e, con l'adesione alla Divina Volontà, mi danno un più intimo possesso del mio Dio. Il mio cuore è tutto lassù, ov'è il mio Tesoro.

Esercizi spirituali predicati dal Divino Maestro

Ottobre 1945. La crisi economica di questo difficile periodo ha risollevato molte difficoltà anche riguardo alla continuazione di un indirizzo come il nostro e, con molta pena, ho dovuto sentire proposte di mutamenti che sento non conformi alla precisa volontà del Signore.
Ho rimesso tutto fiduciosamente in Lui.
Mi trovo di nuovo ridotta alla segregazione; per obbedienza al medico dovrei fermarmi in letto, ma essendo prossimi gli esercizi, per non comprometterne in parte i salutari effetti, continuo a seguire il più possibile la comunità.
Durante le prediche vengo sollevata ad approfondire in Dio le divine verità e mi è sufficiente cogliere il soggetto che si sta trattando per poter poi nei colloqui con le mie figliole seguirle nel loro lavoro di perfezionamento.
Raramente, fin dagli inizi della mia vita religiosa, mi fu dato di poter partecipare regolarmente agli esercizi e di ascoltare le conferenze insieme alle consorelle. Il Divino Maestro, in ordine ai suoi piani e per rendermi atta al compito che mi avrebbe assegnato, si riservava Lui la mia formazione. Quale conoscenza mi diede dei Novissimi!
Quando mi fece vedere l'inferno, rimasi tre giorni come morta. Al solo pensarvi mi sento ancora venir meno, tanto è grande il bisogno che ho di luce, di felicità, del mio Dio.
«Ti faccio vedere queste cose, mi disse, perché tu e le tue figliole vi accendiate di zelo per la salvezza delle anime e nessun sacrificio troviate troppo duro, pur di ottenere che nessuno abbia a precipitare nella dannazione eterna».
E il luogo della purificazione, il Purgatorio? Quante comunicazioni ne ho avute, quante cose ho appreso, tutte di salutare ammaestramento. Non è facile volarsene direttamente alla gloria... A volte sento di soffrire insieme alle Anime del Purgatorio, tanto è viva per loro la mia compassione.
Gesù mi ha dato in proposito questo profondo insegnamento:
«Non disapprovo il tuo sentire, ma vorrei che più che alla sofferenza delle Penanti tu pensassi al dolore del mio cuore allorché si vede costretto a ritardare il suo abbraccio di amore ad anime predilette, mentre la loro ammissione immediata alla Patria celeste avrebbe dato tanta gloria al Padre mio. L'approfondire questa mia intima amarezza torna di molto sollievo alle Anime del Purgatorio. L'interessamento per esse mi torna graditissimo. Bisogna pregare sempre per i Defunti!».

Una morte invidiabile

Il mese di novembre 1945 mi riservò un nuovo schianto. Dovetti seguire e risentire al vivo in me le sofferenze dell'altra mia figliola inferma e accompagnarla nell'ultimo tratto della sua ascesa al Calvario.
Il Signore, pietoso della mia estrema debolezza, mi sostenne con grazie particolari, lasciandomi intravedere quanto lo compiacesse il candore, la trasparenza, l'ornato di virtù di quell'anima eletta, che non avrebbe tardato a venirsi a prendere.
Io, che fin dagli inizi lo avevo tanto pregato perché mi conservasse a lungo in sanità e in vita le mie figliole, avrei dunque dovuto vedermene rapire una quinta?
«Ma non ti dissi che avresti dovuto sapermi offrire con gaudio i fiori più belli della tua aiuola, perché siano di ornamento alla celeste Gerusalemme e di gloria al Padre mio?».
Che santa invidiabile morte fece la nostra carissima Suor Maria Saverio del Cuore Eucaristico di Gesù!
Si era ottenuta la facoltà di poter celebrare la S. Messa in un altare eretto nell'infermeria; e la mattina del 22 novembre l'inferma potè avere il conforto di parteciparvi in piena conoscenza e di ricevere la S. Comunione. Verso le dieci di sera di quello stesso giorno, senza rantolo né agonia, si spense serenamente.
A mio incoraggiamento mi venne fatto intendere che se l'Opera non avesse ad ottenere altro che di aver potuto dare a Dio la gloria offertagli dalle anime andate di qui a Lui come vergini sagge con le lampade accese, vi sarebbe già il motivo sufficiente per giustificare la sua erezione nella Chiesa.

La festa del Cielo

1946. In occasione della nostra uscita per assolvere il dovere del voto, essendo iscritte al seggio stanziato presso il Collegio S. Giuseppe, con profonda emozione mi rividi negli ambienti della Casa madre delle Ancelle del S. Cuore, carichi per me di tanti ricordi. Con divina delicatezza, Gesù me li andava rievocando, facendomi notare come avesse saputo mantenersi fedele alle sue promesse di un tempo, e m'incoraggiò a proseguire senza sgomento, anche se vi fosse stato molto da «offrire» per venire incontro alla povera famiglia umana, travagliata da convulsioni impressionanti.
Quel rapido contatto col mondo fu sufficiente per convincermi di quanto si sarebbe dovuto pregare e soffrire per cooperare al rinnovamento tanto auspicato.
16-5-1946. Avendo avuto notizia dell'infermità di un'anziana signora (parente di una delle mie religiose) da tempo lontana dalla Chiesa e dai Sacramenti, mi sentii vivamente interessata ad ottenerne la salvezza e mi rivolsi alla Madre di Dio, pregandola a voler ottenere uno di quei trionfi di grazia e di misericordia che tornano di tanta gloria all'Altissimo. Raccomandai la stessa intenzione al caro S. Giuseppe.
Il nemico tentò ogni mezzo per sfogare la sua rabbia su di me e per trattenere nei suoi lacci quella povera anima, ma il tocco della grazia fu tale che, fatto chiamare il Sacerdote, dopo una confessione compiuta con ottime disposizioni, passava dall'oscurità del peccato alla luce della grazia.
Mi fu dato seguirla fino alla fine. Dopo una notte intera passata pregando, durante la celebrazione della S. Messa, vidi Gesù chinarsi su quell'anima (che in quel momento riceveva il Viatico e l'Unzione degli Infermi) e sollevarla in alto.
Allora, come si legge nel Vangelo, un grande applauso echeggiò di lassù, perché «si fa più festa in Cielo per un peccatore che si converte che non per molti giusti che non hanno bisogno di penitenza».
È qualche cosa di bello questa festa!
Pare che tutta la Chiesa trionfante riceva un aumento di splendore quando si afferma il trionfo della Redenzione su di un'anima, mentre ne rimane onorata anche la Chiesa militante.
Il contrario avviene quando taluni, rifiutando coscientemente la grazia, muoiono impenitenti.
Quanto mi è stata di conforto quella preziosa morte! Sono stata associata alla festa che si è fatta in Cielo, parendomi di venire trasportata molto, molto vicina all'aula celeste.
Non è ancora la vista svelata di Dio, ma l'ho sentito tanto vicino e aderente a tutto il mio essere da non saper neppure pensare ad una più intima unione con Lui.

Sono passata di gioia in gioia

1-8-1946. Il mio intelletto è stato folgorato da una bellissíma luce. Vedevo lo splendore senz'ombre della Divinità: la Trinità santa nettamente distinta nelle Persone. Ammiravo la felicità del Padre riversarsi con infinita compiacenza nel Figlio e l'effusione della loro reciproca gioia incentrarsi nello Spirito Santo, vincolo di gaudio che beatamente li unisce in un'unica essenza di felicità, che è lo stesso Iddio, attraentissimo ed appagante in pieno tutte le sue creature per la felicità che effonde col dono di sé.
Quale meravigliosa degnazione di amore è mai quella di volere i suoi figli di adozione partecipi dell'ineffabile gioia che gode nell'imperscrutabile segreto del suo Essere uno e trino!
Ho intuito chiaramente come il compiacimento più gradito e desiderato che si possa dare all'Altissimo sia quello di farci vedere compenetrati della sua stessa felicità, immutabilmente sereni.
L'anima stabilita in Dio vede tutto quanto le accade nella sua luce, sapientemente ordinato al suo ultimo fine; e non si turba mai, ma da ogni circostanza e permissione, anche incresciosa, trae motivo per magnificare la bontà del Padre, la misericordia del Figlio, la sapienza dello Spirito Santo, Spirito di gioia, perché Spirito di amore.
Di queste verità ho fatto esperienza anche nelle ore più dolorose. La perfetta conformità ai voleri del Padre finisce per farci godere della felicità di Dio; e, rallegrandosi l'anima al pensiero che nulla può turbare il gaudio che Egli gusta negli abissi di luce del suo Essere, prorompe nel canto sublime: «Gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam». Questo superamento della propria sensibilità dà la forza per conservarsi nel perfetto dominio.
Queste meraviglie sono effetto della grazia, ma ritengo come elemento indispensabile un sano equilibrio naturale. Fra tante sofferenze e prove di ogni genere, l'essermi conservata invariabilmente serena ha sempre meravigliato i miei direttori; ma, se non fosse stato così, non avrei potuto resistere un solo giorno: non mi sento fatta per il dolore. Fin da piccolissima sentivo di essere fatta per la gioia; e, se là vita di consacrazione a Dio non si fosse potuta conciliare con questa mia profonda aspirazione, non sarebbe stata per me. Se mi sono sempre trovata bene nello stato religioso abbracciato, è stato appunto perché il mio buon Padre, che è la stessa felicità, me l'ha comunicata sempre più ampiamente. Si dirà che una vocazione di riparazione esige di per sé l'immolazione e che la passione è in pieno contrasto con la gioia. Apparentemente, forse, ma in realtà non è così.
Pur essendo largamente favorita del dono della sofferenza, non mi ci posso fermare. La natura (sensibilissima) la sente e opporrebbe un moto di ripulsa al patire, ma la volontà prontamente reagisce, entrando nella bellezza dell'«offrire», sicché posso dire in verità di non aver mai sofferto, ma di essere passata di gioia in gioia.
Ammiro quasi con sgomento quelle anime grandi che s'immergono nell'assenzio del dolore e mi confondo perché non saprei imitarle.
Sono veramente molto piccola... Mi pare che nel gaudio, che è amore puro, riconoscenza e lode, vi sia molto minor pericolo per l'amor proprio. Soltanto l'anima lieta riesce a sollevarsi in alto cantando, come l'allodola, che più vola in alto e più gioiosamente canta.
Che bella vita è questa e quanto feconda di bene!
«Figliola mia»
16-10-1947. Una delle grazie più segnalate ricevute durante il ritiro annuale è stata una luminosa manifestazione della Divinità.
Mentre il predicatore accennava a Dio Creatore, ai suoi rapporti con l'intera creazione, specie con l'uomo, e ai divini attributi, per un attimo il mio intelletto, avvalorato da una potenza superiore, ha veduto realtà trascendenti, distinguendo nettamente l'Unità e la Trinítà di Dio, ognuna delle singole Persone, e riuscendo ad individuare il Padre. Come? Non potrei dirlo, trattandosi di un'Essenza puramente spirituale; ma, senza che possa dubitarne, la mia anima si è trovata intimamente abbracciata al Padre suo. «Padre!», gli dicevo abbandonandomi al suo paterno amore; e sentivo la tenerissima risposta: «Figliola mia!».
Mi è bastato questo per rimanere tutti i giorni degli esercizi spirituali più in Cielo che in terra, senza che nessuna delle gravi preoccupazioni del momento presente potesse distrarmi dal mio centro di vita.
Ho poi sperimentato la realtà di questa affermazione dell'Apostolo: «In Lui viviamo, ci muoviamo e siamo», vedendo come Dio ci porti in sé. Nell'immensità della sua Divina Essenza, ogni creatura si trova riflessa come in un fedelissimo specchio, ed è così che l'Altissimo la vede e la segue, permanendo nel suo immutabile riposo.
Non è possibile ridire quanto siano sapienti, amorose e delicate le provvidenze della Paternità divina su ciascuna delle sue creature...

I frutti dei semi sparsi nella sofferenza

9-12-1947. Pensavo che fosse venuto il momento di deporre il pesante fardello del superiorato; ma, quando sentii che l'obbedienza me lo faceva riassumere, mi portai innanzi alla vera Superiora della comunità, la Madonna, supplicandola a voler fare tutto Lei, a trasmettermi i suoi ordini, le sue direttive; ad assumersi la responsabilità di ciascuna delle nostre anime, essendo disposte a non seguire altra linea di governo che la sua.
Ella benignamente mi raccomandò di rimanere tranquilla e certa della sua assistenza.
Lo sperimento ogni giorno e nelle varie circostanze come io non sia che un semplice strumento trasmettitore.
Se mi saranno docili, le mie figlíole, dovranno ammirare un giorno i frutti dei semi che ora si debbono spargere nella sofferenza.
19-1-1948. In questi giorni sono stata presa da una delle crisi più forti; tuttavia, mi tengo interamente abbandonata al beneplacito del mio Dio, contenta di offrirgli quello che permette al momento.
La Chiesa attraversa un periodo assai arduo; ed è necessario cooperare con l'immolazione ai suoi trionfi. Ma lo faccio molto soavemente e potrei assicurare che la sofferenza non è neppure avvertita, tanto sono tenuta intimamente unita al mio Signore.
In questo tempo di malattia, sotto la guida della mia celeste infermiera, la Madonna, che mi è sempre maternamente accanto, favorita dalla solitudine e dal silenzio, intensifico quanto mai la mia vita contemplativa.
Il Signore, nelle sue comunicazioni, illuminazioni ed altri doni di orazione, mi fa sempre seguire l'ordine liturgico, sia riguardo ai Misteri della sua vita che a quelli della Madre sua, facendomeli penetrare ogni anno in maniera nuova.
In passato erano contemplazioni più varie, grandiose e complesse, direi quasi più umane, mentre ora si vanno facendo sempre più semplici e vi prevale il divino, in modo da impedire ai sensi e alla fantasia di fermarsi ai contorni, alle impressioni, e noto come queste ultime fissino l'anima in tale unione con Dio che difficilmente può venire scossa o alterata dalla variazione delle umane vicende.
Al presente il mio intelletto riceve cognizioni forse più rispondenti alla verità e di una maggiore efficacia trasformate.
Passione e Risurrezione
29-3-1948. Il Giovedì santo, dopo aver seguito Gesù in intima partecipazione alle sue disposizioni nella istituzione dell'Eucaristia e all'effusa tenerezza col Padre, mi trovai poi come imbevuta in quella amarezza di morte che gettò in agonia il Cuore sensibilissimo del Divino Maestro.
Causa principale di quella estrema ambascia fu la vista delle ingratitudini, dell'indifferenza, dell'abituale freddezza di tante sue creature che non avrebbero fatto nessun conto del suo dono d'infinita carità.
Il Venerdì santo l'ho passato molto unita alla Madonna, che mi ha fatto sperimentare qualcosa delle sofferenze da Lei sostenute in quel giorno. Non è possibile immaginare
quello che pesò sul cuore materno di Maria nel tremendo epilogo della Passione del Figlio, specie nella crocifissione, quando si arrivò ad insultare l'amore e la bontà divina, che si dispiegava con magnanima larghezza... Quale amarissimo calice sorbì Maria in quelle ore di tremenda tenebra e di desolante abbandono!
Finalmente, appena la Liturgia ha fatto risuonare il primo «alleluia», ecco in un meraviglioso splendore apparire il Divino Risorto. Non è la prima volta che l'anima ammira questo glorioso trionfo sulla morte; eppure, ogni volta che questa manifestazione si rinnova, vi trovo sempre nuove bellezze e ricchezze inesplorate di grazia.
In quest'ultima commemorazione del Mistero pasquale, Gesù ha voluto lasciarmi intuire la gloria che venne all'Altissimo nell'istante della sua Risurrezione, mirabile compendio della Redenzione, ed ho potuto rilevare questo nell'incontro del Divino Risorto con la Madre sua.
In quale amplesso si fusero quei due cuori! In un palpito unico di ineffabile, gaudioso amore sprigionarono al Padre un cantico di lode e di ringraziamento che fermò nello stupore i cori celesti.
Gesù, in cambio della vita umana ricevuta dalla Madre sua, le comunicò il palpito della Vita divina, rendendola partecipe dell'intimità di amore che stringe il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo in seno alla Trinità. Non riesco a comprendere come Gesù abbia potuto lasciare sua madre in terra dopo l'Ascensione... Riesco appena a farmi una pallidissima idea del cruciante martirio di amore sostenuto dalla Madonna nell'ultimo periodo della sua vita.
Per noi, ogni giorno dovrebbe essere una rinnovata Pasqua.
Posso dire che, per me, ogni aurora che sorge è come una risurrezione; e la festeggio, sapendo che mi porterà il Sole che vivifica di sempre nuova giovinezza la mia vita spirituale.

Alla scuola dello Spirito Santo

8-4-1948. Il Signore ha riservato per questo ultimo periodo della mia vita i contatti con lo Spirito Santo. Non mi sento vecchia, perché, nonostante i miei 62 anni, ad ogni giorno che passa ho l'impressione di ringiovanire tanto mi sento aperta ai più freschi entusiasmi; ma la mia vita interiore ha raggiunto una tonalità così alta da darmi il senso del prossimo fine, dello sfociare nella beatitudine perfetta...
Mi trovo in grande intimità con la Tre Persone divine e sono molto soddisfatta dei miei rapporti con lo Spirito Santo. Con questo Divino Spirito, che è Amore, Luce di verità, Consolazione, ecc., l'anima si trova in un'atmosfera pura, tersa, serena, in un ambiente di pace e di tranquillità che favorisce soavemente l'espansione dell'amore, alimentando l'ardore della sacra fiamma, mentre, con la luce che fa sfolgorare all'intelletto, lo apre a una sempre più vasta e profonda conoscenza di Dio.
Non è possibile elevarsi alle altezze della contemplazione senza essere stati alla scuola dello Spirito Santo. L'esposizione solenne del SS. Sacramento ci tiene di continuo sotto l'azione dello Spirito Santo (che è lo Spirito di Gesù); e, se fedelmente corrisponderemo ai suoi impulsi, in breve potremo pervenire alle altezze dell'unione con Dio.

La Settimana Pro Unione

Nel settembre del 1948 venne tenuta, per iniziativa del nostro Cardinale Arcivescovo, una solenne «Settimana Pro Unione» che ci riservò la grazia di poter partecipare, nella nostra chiesa, al Divin Sacrificio celebrato nei diversi riti: Armeno e Bizantino, e di comunicarci sotto le due specie.
In quella circostanza era stata portata dalla sua Basilica alla Cattedrale la venerata immagine della B. Vergine di S. Luca e si dovette certo alla potenza interceditrice di Maria santissima il felice esito di quella «Settimana».
Ebbi allora dalla Madonna questa consolantissima promessa:
«L'unità di tutta la Chiesa potrà sembrare cosa impossibile a raggiungersi; ma, essendo rimasto sulla terra, a pegno di unità il Sacrificio dell'altare e il SS. Sacramento, si può stare certi che la parola di Gesù diverrà realtà. Per la forza stessa del Sacramento eucaristico, per la divina onnipotenza del glorioso e immortale Re dei secoli, verrà giorno (e non sarà molto lontano) in cui si farà un solo gregge sotto un solo Pastore».

Gesù era lì...

17-1-1949. Le mie condizioni fisiche sono assai preoccupanti. L'ulcera sempre aperta, lo spasimo che s'intensifica, l'impossibilità di nutrirmi convenientemente mi hanno ridotta allo stremo delle forze; ed è soltanto per un energico sforzo di volontà che riesco a reggermi in piedi. La divina condotta a mio riguardo, le prove di tenerissima bontà che ricevo dalla Madonna mi danno la speranza di potermene andare presto.
Già ultimamente, mentre genuflettevo innanzi al SS. Sacramento, mi sentii invitata ad abbandonare ogni preoccupazione per la comunità, perché anche dopo la mia morte mi sarebbe stato concesso di adoperarmi per tutte e per ciascuna molto più e meglio di quanto lo possa fare ora. Tuttavia, sapendo quanto le mie figliole abbiano ancora bisogno di me, non oso esprimere al Signore l'intensità del mio desiderio...
14-4-1949. Giovedì santo. Ieri sera, dopo una forte crisi di cuore che mi aveva quasi finita, venni in cappella e, posando la testa contro il piccolo tabernacolo dove era stato riposto il SS. Sacramento, intesi attingere da Gesù quella forza che sentivo mancarmi; e in quel contatto compresi quanto mai chiaramente l'intima essenza dell'Eucaristia.
Mi parve penetrare l'ampiezza del palpito di amore del Cuore divino per le sue creature e lo sentii, quel palpito di vita, trasfondersi in me per immettere nel mio essere qualcosa della corrente di vita che circola in seno alla Trinità fra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Sentivo l'ardore, la veemenza, la delicatezza, l'immensità dell'amore del Cuore divino (impossibile ad essere da noi compresa in tutta la sua pienezza) e mi sentivo rapita di ammirazione, accesa di amore.
Gesù era lì: vita dell'anima, con le immense ricchezze della sua carità e della sua grazia, per farsi palpito del mio cuore, sollevarmi al Padre, rendermi partecipe del suo gaudio.
Come per me, per tutti i suoi Sacerdoti, per le sue consacrate, per tutte le anime redente.
Egli attende soltanto che le anime si avvicinino a Lui per mettere a loro disposizione tutto il suo amore.
7-7-1949. Quello che è per me rimanere davanti a Gesù vivente nell'Eucaristia non posso dirlo a parole. Vorrei potervi rimanere di continuo. È vero che mi segue ovunque, mi parla, mi tiene occupata di Lui fin nel parlatorio, ma in cappella è un contatto, una comunicazione ben diversa. Allora sono proprio nel mio centro, nel mio cielo!
Nei giorni scorsi venni presa da un forte disturbo (un'emorragia interna). Gesù mi disse: «Tu ti dissangui per mio amore, per le mie anime. Sono io che ti domando questa sofferenza, io che prendo, per poterti dare sempre più di me stesso».
L'affievolimento delle forze fisiche non mi ha tolta la pace, la serenità; sperimento che ogni permissione divina non ha altro effetto che di affondarmi sempre più in Lui e farmi vivere del suo amore.

«Ho dovuto sempre lottare con te!»

14-11-1949. Gesù mi tiene molto intimamente stretta a sé. «D'ora in poi, dice, la tua vita sarà più di cielo che di terra, perché io ti voglio con me ad altezze molto sublimi. Non sgomentarti per l'ardua ascesa, perché sarai sollevata dalle mie braccia, sebbene sia necessario anche il tuo generoso concorso. Desidero portarti sulla vetta della montagna della perfezione, perché, soltanto toccata quella, si può raggiungere quell'unione consumata che apre alla conoscenza del Padre; conoscenza che anelo darti con la maggior ampiezza possibile. Vorrei anzi associarti alla mia stessa vita di intimità col mio Padre celeste, perché ciò tornerà a Lui massimamente gradito e glorioso...».
Ed io: «Gesù, ti prego, lasciami nella mia semplicità!
Sono tanto contenta della mia minima via... Riserva questi favori alle anime grandi. Ti vorrò bene ugualmente, anche se mi terrai terra terra».
Ma Lui, con accento deciso e autoritario, ha rimproverato la mia resistenza: «Ho dovuto sempre lottare con te! E sei ancora restia a seguirmi. Non perderti in questi riflessi su te stessa; lasciami fare; seguimi con docilità. Sono stato sempre la tua guida fin dai primi passi, e unico tuo direttore voglio essere io!».
E con un'irresistibile azione di grazia mi ha sollevata a sé e, come uno sposo che conduca la sposa, mi ha condotta attraverso regioni meravigliose, additandomene le varie bellezze, fino ad una dalla quale si dominava l'universo creato, al centro della quale era collocato il trono dell'Altissimo. Il punto che ha maggiormente attirato la mia attenzione è stato il vedere come in Dio, la sua sapientissima volontà sia come un motore ultrapotente, dal quale deriva ogni minimo movimento, facendo tutto convergere al conseguimento voluto dal Creatore fin dal principio; e ciò, fin nei minimi particolari riguardanti ogni singola creatura.
Ogni cosa creata è per il suo compiacimento e per la sua gloria; le creature inferiori a servizio delle superiori, l'uomo intelligente e libero, capace di venire associato alla stessa vita divina.
L'opera della Creazione viene poi meravigliosamente restaurata dalla Redenzione. Veramente divino, questo restauro, compiuto mediante l'Incarnazione del Verbo, la sua vita, passione, morte e risurrezione.
Come risplendono nel piano di Dio il suo amore, la sua bontà paterna per noi! Con quanta fiducia dovremmo tenerci abbandonati alla sua condotta e in tutto aderenti al moto della sua volontà!
In questa adesione è il segreto di una inalterabile pace.

Incontro con mons. Giulio Facibeni

9-12-1949. È venuto a celebrare da noi mons. Giulio Facibeni, fondatore dell'Opera «Madonnina del Grappa», anima elettissima e santa, che da tempo seguo, ammirandone le continue ascensioni.
Il solo avvicinarlo rivela le altezze di perfezione e di unione con Dio raggiunte da quel suo degnissimo Ministro. Mentre era all'altare, ho visto su di lui una bellissima luce, significante come Gesù lo avvolgesse nella più ardente effusione della sua carità, ed ho intuito come il Salvatore prendesse da quel suo Sacerdote il contributo di una immolazione cruenta per dargli in cambio una partecipazione alla sua vita divina che lo sollevava fino al Padre.
Quali altezze raggiunge un Sacerdote che attui in pieno il suo programma di vita sacerdotale! Quale luce e ardore si effondevano dalla Trinità sulle potenze spirituali di questo eletto!
Ritengo che in parte ne avvertisse gli effetti, perché evidentemente appariva molto assorto, anche dopo la celebrazione.
Anche la Vergine si è mostrata teneramente materna con lui; e l'ho veduta stringersi al cuore quella fedele copia del suo Gesù.
Mi diceva poi questo Sacerdote, ormai infermo di malattia inguaribile, di non saperla neppure desiderare la guarigione, vedendo quanto la sofferenza favorisca la sua intimità con Dio; e neppure per meglio attendere ai suoi ragazzi, perché, anche dalla sua camera, li segue più che se si trovasse in persona in mezzo ad essi.
Questo è un effetto del grado di intimità che ha raggiunto col Signore.

Anno Santo 1950

Vedo con gioia immensa giungere l'Anno Santo, che riserverà e offrirà tante grazie alla Chiesa e alle anime di buona volontà.
Per la società, i tempi si mostrano ancora gonfi di oscure minacce, e molto sarà chiesto ad impetrazione di misericordia.
La prima indulgenza giubilare lucrata dalla comunità ha avuto per me un palese attestato del dono di grazia ricevuto da ogni singola religiosa per mano della Madonna.
In questo tempo di grazia, cerco di lucrare molte indulgenze a favore delle Anime Penanti e me ne valgo largamente per saldare i miei debiti di riconoscenza verso i benefattori defunti e soprattutto verso i Sacerdoti.

Un'unica offerta d'amore e di dolore

13-3-1950. Quaresima. Gesù ha voluto farmi conoscere in qual modo e con quale intensità di soffrire la Madre sua gli fosse associata negli strazi della sua Passione.
L'unione più stretta fra la Madre e il Figlio si stabilì dall'agonia del Getsemani fino al «consummatum est». Nelle diverse stazioni della loro via crucis, sullo strazio e la cruda sofferenza emergeva sempre alta e vittoriosa la nota della glorificazione del Padre.) La più oscura tappa di quel doloroso cammino mi sembra essere stata, sia per Gesù che per Maria, la flagellazione. Durante quella barbara carneficina che arò di solchi profondissimi il sacro corpo del Signore, l'amore materno della Vergine risentì ad ogni sferzata tale violenza di dolore da rimanerne oppressa. Non è possibile intendere a pieno il martirio del suo cuore.
Poiché la generosa Corredentrice si era offerta con tutto lo slancio dell'amore materno ad assorbire la parte più amara del calice per alleviare il Figlio, sembrava che i colpi facessero più presa su di Lei che non sulle membra del Cristo.
Con tutta l'anima gridava al Padre come quando aveva fatto eco alla ripetuta implorazione di Gesù nell'Orto: «Se è possibile, passi da me questo calice...»; e pronta aggiungeva: «Non la mia, ma la tua volontà sia fatta».
Maria rimase particolarmente trafitta quando vide deturpato il Volto bellissimo del suo Gesù; avrebbe voluto detergerlo dal sangue aggrumato, dagli sputi, dal fango, ripulendolo delicatamente come aveva fatto quando era bimbo; ma, impedita, agiva con l'affetto. Fra Madre e Figlio fu attivissima e reciprocamente sentita questa calda corrente; e Gesù vi si refrigerò, se ne nutrì come quando, bambino, si nutriva al suo petto. Ne rimasero entrambi rinfrancati, pronti a continuare la via dolorosa fino al Calvario.
Penso con ammirazione alla ricchezza di amore della quale poteva disporre la santissima Vergine per essere di aiuto a Gesù paziente.
Iddio, creando la donna, intese dare all'uomo un aiuto a più facilmente elevarsi a Lui e la dotò di meravigliosa sensibilità, di singolare capacità d'intuire, comprendere, amare, donarsi (ed arrendersi conseguentemente alla grazia e all'amore di Dio in maniera meravigliosa).
L'esemplare perfetto della donna lo ammiriamo in Maria santissima e tanto più nell'assolvimento dei suoi compiti più sublimi col Figlio durante la Passione.
Se in tutte le donne fosse un riflesso di Lei, con la santità della famiglia e la sana educazione dei figli si potrebbe arginare tanto male...

«Voglio farti un bel regalo!»

20-4-1950. L'ultimo favore ricevuto occupa ancora il mio spirito e mi sta innanzi in tutti i suoi particolari.
Mi commuove sempre più la bontà, la condiscendenza di Gesù verso la sua povera creatura. Nell'anniversario del mio Battesimo, mi disse:
«Voglio farti un bel regalo, proprio quello che desideri e gradisci maggiormente».
«Tutto quello che mi viene da te mi è ugualmente gradito».
«Sarà un regalo tutto di gioia, col quale voglio festeggiare il tuo giorno natalizio».
E mi ha sollevata al Padre, aprendomi un orizzonte di luce di una bellezza superiore ad ogni umano intendimento, ove l'Altissimo Iddio, il mio Padre infinitamente buono, si
è manifestato alla sua piccola figlia con tale e tanta bontà che mai la potrò esprimere.
Quello che ho visto in Lui, della sua Essenza, delle sue perfezioni, delle sue ricchezze, è rimasto quale sole abbagliante sulle mie potenze spirituali, così che la troppa luce mi ha resa cieca per tutto il resto. Un nuovo e più intimo sigillo della Divina Paternità si è ineffabilmente impresso nell'anima mia inondandola di una soavità di cielo. Quali deliziosi momenti ho passato col mio Padre buono!
Questa volta il dono che mi ha fatto è stato tale da superare le mie più ardite aspirazioni, sicché, con la gratitudine più piena, non faccio che ripetergli: «Come sei buono!».
Gesù poi mi ha detto: «Proprio in questi tempi, in cui l'orgoglio domina e trionfa, mi suscito una falange di piccolissime anime aperte alla fiducia in me; e sulla loro estrema fragilità, abbandonata alla mia onnipotenza, edificherò il mio capolavoro. E saranno queste povere, minime creature (delle quali tu sei regina) che io solleverò fino al Padre per farlo conoscere ad esse. Questa via, sulle prime, troverà non pochi oppositori, ma in seguito sarà quella che verrà percorsa per attuare la riforma che rinnoverà la mia Chiesa e adunerà intorno a me quella falange già richiesta dalla mia piccola Teresa di Lisieux. Attendete con semplicità evangelica a compiacermi in tutto e sempre, senza troppo sgomentarvi delle inevitabili cadute (purché non siano di malizia). Il mio amore tutto consuma, donando all'anima umile, fiduciosa e abbandonata alla mia bontà, una trasparenza invidiabile. I più piccoli mi attirano irresistibilmente».

Sento miei gli interessi del mio Sposo

4-11-1950. La solenne proclamazione del dogma dell'Assunzione di Maria in anima e corpo in Cielo e tutti gli omaggi che l'universalità dei credenti tributarono in quel giorno alla Madre gloriosa, toccarono il cuore di Dio, provocando la più ampia effusione di grazia e di misericordia su tutta la Chiesa. La pallida impronta che ricevetti del tripudio della celeste Gerusalemme intorno alla sua Regina fu sufficiente per mettermi in uno smarrimento dal quale stentai a riavermi. Quale contrasto fra le miserie di quaggiù e le ricchezze della Casa paterna! Ne ho risentito tale nostalgia da non riuscire poi a persuadermi di dovermi ancora muovere sulla terra...
Il giorno della commemorazione dei defunti, insieme alla Madonna facemmo una visita al Purgatorio. Quanto si compiace la nostra Madre di bontà di portare a quelle anime l'annuncio del termine del loro penare!
Sentii di dover proporre, per me e per le mie figliole, di prenderci maggiormente a cuore la liberazione delle Penanti. Basterebbe anche solo questo impegno, seriamente assunto, per occupare tutta una vita. Ma la nostra vocazione non ci limita solo a questo, perché vuole che ci diamo a tutti i fini abbracciati dalla carità.
Compresi ciò fin dalla mia prima professione; ed ora, per quante missioni mi sento adoperata! Mi pare di poter svolgere il mio invisibile apostolato a favore dell'intera umanità, come se già fossi fuori della vita terrena.
Il palpito dell'amore di Gesù per il Padre suo e per le anime mi pervade tutta, e sento veramente miei gli interessi del mio Sposo.
Quanto ho sofferto ultimamente per la rovinosa inondazione del Polesine! Come sentii al vivo le sofferenze di tutti i colpiti!
Mi trovai in spirito sul luogo del disastro e non avrei resistito se non avessi avuto il conforto di vedere come per molti quella specie di diluvio fosse stato un battesimo di salvezza.
Il momento presente m'impegna molto per la Chiesa e per il Sommo Pontefice, presi di mira in maniera impressionante.
L'unica àncora di salvezza per il mondo è Gesù sacramentato.
Il Signore desidera pure riparazione per lo scempio che si fa al presente dell'innocenza dei bimbi: «Guai a chi scandalizza questi piccoli!».
Il disordine delle passioni, l'immoralità del costume penetra ovunque. Occorre riparare con delicatissima fedeltà di amore le offese che Dio riceve, anche dai suoi...
I centri eucaristici sono baluardi di difesa per città, province e intere nazioni. Quale straordinaria potenza si racchiude nell'Ostia consacrata e come questa potenza si compiace di venire svincolata dalla preghiera di anime amanti!

Adorare e formare le anime all'adorazione

4-1-1951. Sono impegnata nella contemplazione dell'adorazione di Maria santissima al suo piccolo Gesù. La vedo là, nel più misero abituro del mondo, innanzi a una povera mangiatoia - rozza culla per il neonato Figlio di Dio - primo trono dell'adorazione.
Gesù vi giaceva nell'assoluta impotenza dell'infanzia e Maria si offriva desiderando di poterlo sostituire, fino a che avesse raggiunto l'età conveniente, nell'immolazione richiesta per soddisfare il gran debito dell'umanità colpevole.
Gli uomini erano ancora molto lontani ed oscurati per apprezzare il gran dono di Dio e sapersene valere, ed ella, Madre universale, intendeva supplire per tutti i suoi figli. Tutti li abbracciò nella sua adorazione che, come anello d'oro, parve congiungere al trono dell'Altissimo tutta la famiglia umana.
Comprendo la finezza della mia Madre buona nel presentarmi questi punti in un momento per noi particolarmente difficile.
Ci sarebbe davvero motivo di rimanere angosciate, trepidanti, riguardo all'avvenire dell'Opera e di queste figliole che tanto fiduciosamente si sono affidate a me... Cerco di rimanere stretta a Lei e, chiudendo gli occhi su tutto, rinnovo il mio atto di abbandono.
Un punto mi ha fatto sempre particolarmente riflettere nella vita della Madonna: il vedere Lei, tanto illuminata dall'alto, lasciata assolutamente all'oscuro nella circostanza dello smarrimento del fanciullo Gesù a Gerusalemme. Iddio, con questo, ci fa vedere come finché siamo sulla terra dobbiamo esercitare la fede.
In questo, che ritengo essere l'ultimo periodo della mia vita terrena, sento il dovere di imitare Maria santissima particolarmente nella sua continua adorazione del Padre: adorare e formare le anime all'adorazione.
18-1-1951. Ho chiesto alla Madonna di volerci indicare un metodo semplice, alla nostra portata per convenientemente adorare, ed ella mi ha risposto di seguirla nelle linee che verrà tracciando.
Non pensavo più alla mia domanda quando, appena in cappella, mentre fissando la sua immagine, intendevo unirmi a Lei per adorare Gesù sacramentato, in una bella luce mi si è fatta accanto dicendomi:
«Figliola, se vuoi che la tua adorazione raggiunga la perfezione voluta da Dio, chiama in tuo aiuto e abituati a farti precedere dal tuo Angelo custode».
Aveva appena finito di parlare quando, in un chiarore soavissimo, si è reso presente il mio Angelo custode. La sola vista di lui disponeva le mie potenze all'adorazione. Di più, questo spirito celeste ha penetrato l'anima di una luce, di un ardore, di una forza che mi hanno perduta in tale annientamento adorante da darmi la percezione del più intimo contatto con Dio.
Ho chiesto perdono al mio santo Angelo di non essermi abbastanza ricordata di lui, dato che la mia piccolezza mi aveva indirizzata con più ardire verso la mia buona Madre del Cielo.
Questo mio procedere non deve averlo offeso.
Ho compreso come questi potenti e splendidi messaggeri di Dio pongano molta cura per aiutare la santificazione delle anime, onde metterle in grado di offrire all'Altissimo omaggi meno indegni della sua Maestà.
26-1-1951. Le mie condizioni fisiche si sono aggravate al punto da fare seriamente temere, sicché non sono potuta scendere in cappella.
Però, Gesù, nell'ora della S. Messa, mi si è fatto accanto e:
«Non ti voglio privare della preziosa partecipazione al mio Sacrificio, mi ha detto; anzi, ti terrò ancor più strettamente unita a me, non formando noi che una cosa sola». E in una maniera ineffabile mi ha fatto realmente partecipare alla S. Messa e non mi ha neppure privata della S. Comunione...
29-1-1951. Giorni di preziosa immolazione, questi, che mi danno modo di offrire qualche cosa per ottenere il trionfo delle Divine Misericordie sul mondo sconvolto.
Per incoraggiarmi, Gesù pone alla mia considerazione la perfezione interiore della Madre sua e, seguendo il ciclo della liturgia corrente, mi fa meditare sui Misteri della sua vita.

Con Maria, vicino a Gesù sofferente e risorto

27-2-1951. Quaresima. Vengo associata alla Passione interiore di Gesù, quale fu vissuta dalla Madre sua. Mi diceva la Madonna:
«Figliola, vuoi meditare con frutto la Passione di Gesù? Leggine la pagina nel cuore della Madre tua».
Quante volte ho contemplato la Passione! Eppure, queste nuove illuminazioni mi svelano profondità impensate.
La meditazione sulle agonie del Divino Maestro e della Madre sua è di fondamentale importanza. Tutte le grazie riservate alle anime non sono che il frutto preziosissimo delle amare sofferenze che il Redentore e la Corredentrice sostennero generosamente per nostro amore.
28-3-1951. Pasqua. Avendo seguito tutto lo svolgimento della Passione attraverso il cuore della Madonna e penetrato l'ineffabile strazio da Lei sostenuto per la morte del Figlio, per la separazione dalla adorata salma di Lui, allorché vide sigillare il sepolcro, e l'abbandono desolante dei tre giorni che seguirono, ho potuto comprendere assai meglio quanto la Madre ebbe a provare nella Risurrezione del suo Gesù.
Quale incontro fu mai quello! Gesù la strinse al cuore lasciando che soltanto i palpiti commossi cantassero al Padre il più sublime e solenne cantico di ringraziamento.
Dopo aver tanto sofferto, Maria riceveva dal Redentore in compenso e in deposito, onde poterne disporre a favore di tutti i figli di adozione, le ricchezze di grazia meritate dalla Passione redentrice.
La gioia di Lei era al colmo; eppure mi faceva osservare: «L'Onnipotente ha dato tanto alla sua piccola creatura, ma mi ha onorata più con l'associarmi alla Passione del Figlio che non facendomi partecipe dei gaudi della Risurrezione.
L'amore si appaga più nel dare che nel ricevere!».

Nuove finezze di Gesù e di Maria

16-4-1951. Con quali finezze di amore Gesù e Maria hanno voluto festeggiare il mio compleanno! Ieri mattina, appena scesa in cappella, proprio come farebbe la più tenera delle madri, la Madonna mi si è fatta accanto e mi ha detto: «Presenterò io la tua anima a Gesù come un piccolo cielo di amore!».
Appena pronunciate queste parole, si è reso visibilmente presente anche Lui, ed io mi sono trovata fra la Madre e il Figlio, in un delizioso incontro di famiglia.
Nei brevi momenti trascorsi in familiarità di amore con Gesù e Maria, ho pregustato il Cielo e, come S. Pietro nella trasfigurazione, mi è venuto spontaneo l'esprimere il desiderio che quella gioia si fissasse in eterno.
La Madonna, con bontà tutta materna, mi faceva osservare:
«Non pensi che queste figliole che ti sono state affidate hanno ancora tanto bisogno di te? Lavorale, raffinale; abbi pazienza ancora un poco e non desistere dal compiere fedelmente la tua ardua missione. Non ti sgomentino le difficoltà. Io ti aiuterò sempre. Abitua le anime a ricorrere prontamente a me in tutte le circostanze difficili con filiale confidenza: a misura della loro fiducia avranno la mia risposta. Non desidero che ti potermi valere dei poteri che Iddio mi ha conferito a vantaggio dei miei figli. Tu lo sperimenti già, ma avrai modo di persuaderti ancor più di quanto sia potente la Madre tua».
Gesù, poi, ha soggiunto:
«Chi più di me avrebbe, non solo il desiderio, ma pure il diritto di portarti nella mia Casa? Ma l'amore per queste figliole impongono al mio cuore, come al tuo, di prolungare l'attesa.
Niente ci dividerà, perché, facendo in tutto la mia volontà, tu ti rendi sempre più intima a me e diletta al Padre mio».
2341951. In prossimità delle elezioni politiche, per il fermento che agita le popolazioni, intensifico la mia supplica, ricordando a Gesù la promessa che mi fece di non rifiutare mai nulla di quanto gli si chiede in virtù del suo palpito eucaristico; ed offro quello, per mezzo del Cuore immacolato di Maria, al Padre, per la salvezza della Patria nostra.
Ho chiesto pure la fervida cooperazione di tutta la comunità, mediante un raffinamento di perfezione, che escluda dal compimento dei propri doveri, anche l'ombra del difetto.

Il SS. Sacramento è il mio cielo

20-5-1951. SS. Trinità. Questa mattina, durante la S. Messa, dall'offertorio alla comunione, Gesù mi ha dato un'intuizione del perfetto gaudio delle Tre Persone divine a causa della loro Unità; ed ho potuto farmi un'idea (certi concetti sono intraducibili in parole umane) della felicità che gode il Padre nell'eterna generazione del suo Verbo.
Velato, ma realmente presente qual è nella gloria, GesùSplendore del Padre, Immagine della sua sostanza, nel Sacramento del suo amore è vincolo di unità, come lo Spirito Santo lo è in seno alla Trinità.
In quale atteggiamento di profondissima adorazione e reverenza stanno gli Angeli accanto all'Ostia consacrata!
Il SS. Sacramento è il mio cielo, e se mi fosse tolto tutto e mi rimanesse soltanto la possibilità di starmene in adorazione innanzi all'Ostensorio, sarei pienamente felice.
È soltanto Gesù sacramentato che acquieta la veemenza tormentosa del desiderio, che sento, di venire portata lassù. La Madonna mi ha nuovamente incoraggiata ad attendere ancora un poco, rincuorandomi con la promessa che ciò varrà ad affrettare l'avvento di quell'era di pace che segnerà il trionfo del Regno di Cristo.
16-7-1951. Come nei primi anni della mia vita religiosa, Gesù mi è sempre accanto, moltiplicando le sue finezze. Meravigliata, gli dico di non stare a perdersi con la mia miseria; ma ciò non fa che renderlo più assiduo al mio fianco.
Mi dice: «Fai bene a non preoccuparti delle cose materiali; rimani tutta a mia disposizione e ti farò vedere cosa voglia dire fidarsi dell'Onnipotente».
Non solo nei casi di maggior rilievo; ma, anche in particolari che si direbbero indifferentí, Egli interviene in mio aiuto. Il più tenero dei babbi non avrebbe per la sua famiglia le delicate premure che dimostra per noi.
Proprio ieri notte mi diceva:
«In Cielo vi è la gioia, la beatitudine (e intanto mi faceva intuire la felicità che Padre, Figlio e Spirito Santo si comunicano vicendevolmente in seno alla Trinità); in terra avete il sacrificio che, offerto per amore, è di sommo pregio. Mentre rende all'Altissimo l'onore che gli è dovuto, ripara, impetra validamente ogni grazia».
E com'è divenuta preziosa la nostra sofferenza dopo la sua grande immolazione redentrice!
Sento che molte, amarissime prove mi sono preparate..., cosa che mi colma di gioia, perché il soffrire per il mio Dio mi pare la cosa più preziosa. Ho soltanto chiesto alla Madonna se lei pure mi abbandonerà, ed ho avuto la confortante promessa della sua materna assistenza fino al mio ultimo respiro.
13-9-1951. Ieri l'altro, all'alba, mentre - aperta la finestra - ammiravo il bel cielo ancora trapunto di stelle, lo Sposo mi si è fatto accanto e, con accento soave e penetrante, ha chiesto:
«Sei disposta ad offrirti a me, onde il mio amore ti precipiti negli abissi, ti stritoli, t'immoli completamente...?». E poiché lasciavo attendere la risposta, insisteva:
«Io aspetto il tuo consenso...».
Quasi sgomenta, per nulla lusingata da quella proposta, tenendo ben presente la mia debolezza e impotenza: «Mio Signore (gli dissi), perdona la mia grettezza... Non mi sento di offrirmi a questo o a quello, essendomi già interamente data al tuo amore. Sono tutta tua. Io chiudo gli occhi e mi affido a te, lasciando che tu - che conosci a fondo la mia estrema miseria - faccia tutto quello che credi e che più ti compiace».
«Chi ti ha suggerito una risposta tanto conforme al mio desiderio?».
«La tua grazia, Gesù, perché, se qualcosa di buono è nella tua creatura, viene da te, essendo essa per se stessa incapace anche di un buon pensiero».
«Sono molto contento delle tue disposizioni e della libertà che mi dai di adoperarti e di servirmi di te come credo meglio. Questo mi onora di più che certe proteste e atti coi quali alcuni si lusingano di fare qualcosa di più del comune, mentre poi non adempiono neppure i loro doveri».
La mia intimità con Gesù si è fatta tanto spontanea, familiare, da tenermi in continua conversazione con Lui, che sento vicino e presente più che non lo siano le persone con le quali convivo.
Nessuno sposo tenero e amante potrà mai fare tanta buona compagnia alla sua diletta quanta ne fa a me il Signore! L'intimità che si può godere con Gesù è di un tono assai diverso da quella che si può avere con Dio Padre. Anche se sono paternamente teneri i tocchi dell'Altissimo, l'anima non perde, anzi, sente accresciuta la distanza immensa che la separa da Lui, la cui Maestà intimidisce...
Con Gesù, invece, allorché favorisce dei suoi familiari colloqui, l'anima riconosce di trovarsi col Mediatore e vede in Lui il mistico Ponte che le permette di varcare l'abisso e di congiungersi alla Divinità. Quanto è buono!

Ma perché sei sola?

8-10-1951. Quanto è bella e soave la vita di grazia vissuta come al presente me la fa vivere il Signore! Niente riesce a distrarmene, e mi è perfino venuto il dubbio se faccio quanto mi si chiede, perché tanti e tanti vengono a domandare preghiere per intenzioni pressanti; ed io, dopo aver semplicemente presentato al Signore i vari casi, non riesco a pensarvi più.
Dovrei forse fare diversamente?
Il mio buon Maestro, che mi ha sempre dato le lezioni più convincenti, appena mi ha avuta in cappella, si è reso visibile, attraentissimo, invitandomi a seguirlo nella sua bella regione di splendore.
Non me lo son fatta ripetere due volte... e in un attimo mi son trovata con Lui in quell'incantevole paradiso di delizie.
Gesù, allora, come sorpreso, mi ha chiesto: «Ma perché sei sola? Non hai nessuno da portare con te? Dove sono le tante persone che volevi presentarmi?». «Signore, ho risposto, quando vengo così attratta dal tuo amore, non posso che arrendermi alla sua forza e non sono più capace di pensare ad altro...».
«Ti è dunque impossibile l'enumerarmi persone, casi... Era dunque giusta quella pena che hai provata al riguardo? Sta' pur tranquilla, perché non potresti altrimenti giovare tanto salutarmente al bene del prossimo come quando attendi a compiacere il mio amore! Se si conoscesse quanto sia fruttuoso un simile apostolato tutto nascosto, che per le vie segrete della grazia opera meraviglie di conversioni, di santificazione ed elevazione ed impegna la mia onnipotenza ad intervenire nei momenti più gravi.... Una sola piccola anima intimamente unita al mio Cuore e quasi nascosta nel seno del Padre si fa canale ai miei torrenti di grazia e di misericordia per la Chiesa e per il mondo e può svolgere, ancor più di molti operai apostolici, un vero apostolato di straordinaria ampiezza e fecondità».
Mentre il Divino Maestro m'intratteneva così, ho visto venire avanti una delle mie figliole... Sorpresa, andavo chiedendomi come fosse potuta giungere fin là; ed allora Egli mi ha fatto vedere l'Opera sotto la figura di un bellissimo albero carico di fiori e di frutti mai veduti, irrorato con cura da quella mia figliola, a mezzo di un serbatoio colmo di acque vive sgorgate dall'alto...
Ho compreso e ammirato la bontà di Dio, le sue provvidenze per l'Opera, pensando di conservare ad essa queste linee che segneranno la traccia sicura per mantenerci costantemente negli indirizzi da Lui dati fin dall'inizio.

«Hai ancora il coraggio d'insistere?»

11-10-1951. Sono ancora con Gesù in quella bella regione; e la mia preghiera, unita a quella di Lui, non è mai sospesa in impetrazione di misericordia per questa generazione che va sempre più orribilmente imbrattandosi di delitti...
Mi pare quasi di vedere come dal trono dell'Eterno tre immensi fiumi sarebbero sul punto di sfociare, l'uno dei quali viene impedito da una specie di diga insuperabile. Questo ostacolo viene posto dalla libera volontà degli uomini, fissati nel male e nella ribellione a Dio.
Il Signore stesso pare amareggiato per questa pertinacia nel male, che gli impedisce di beneficiare come vorrebbe queste povere anime, e ciò mi fa temere...
Non desisto dal supplicarlo di aver compassione, di compatire tante povere creature illuse, ingannate ad arte, più disgraziate che maliziosamente colpevoli, e di venire in aiuto a questi suoi figli in fondo assetati della sua luce e della sua felicità.
«Ma non sai che si commettono delitti su delitti tali da provocare il giusto sdegno del Padre, troppo, troppo offeso? Hai ancora il coraggio d'insistere?».
«Si, perché so che sei buono, che ami tanto le anime e non potrai volere che, dopo averle ricomprate a prezzo del tuo Sangue, cadano in dominio di satana!».
Ho visto che la mia preghiera era ascoltata; e ci siamo uniti in una stessa invocazione di misericordia all'Altissimo; dopodiché Gesù ha detto: «Non subito...; ma torneranno a me!».
Sulla Chiesa l'effusione della grazia è quanto mai abbondante: essa è fatta oggetto di particolarissima predilezione da parte di Dio; la Porzione eletta viene custodita come la pupilla dell'occhio.
Con le più delicate sollecitudini si cerca di richiamare gli erranti e di facilitare a tutti un cammino di maggiore fedeltà. Quanto ama il Signore le sue creature!

«Povera figliola, quanto dovrai soffrire!»

19-12-1951. La visita della venerata immagine della B. Vergine di S. Luca, che ha prolungato la sua permanenza fra noi dalle 20,45 del 5 dicembre alle 8 del mattino seguente, è stata quanto mai ricca di grazia.
Nelle linee semplici e primitive di quella sacra immagine, ai miei occhi prende rilievo il vero sembiante di Maria santissima, che sempre, in queste visite, si presenta in persona.
Notte veramente santa, che ritengo preziosa in effetti di grazia sull'intera comunità e su ciascuna in particolare.
Ma, nel lasciarmi, la Madonna, guardandomi con profonda compassione: «Povera figliola, disse, quanto avrai da soffrire! Ma, sta' tranquilla, io non ti abbandonerò; e, dopo la prova, verrò a prenderti».
Non supponevo di che cosa si fosse potuto trattare e, pur fisicamente stremata, non riuscivo però ad abbattermi. Ed ecco che, proprio nella festa dell'Immacolata, sono piombata improvvisamente nella più spaventosa ed oscura notte.
Dopo la deliziosa intimità nella quale ero stata portata, mi trovavo interamente abbandonata dal Signore, quasi non ci si fosse mai conosciuti. Niente... Più niente... Neppure il ricordo delle grazie passate, ma solo un senso di desolante terrore, unito alle circostanze più gravi e preoccupanti ed a uno stato di salute da mettere apprensione. Mi trovo in un labirinto di velenose e inestricabili insidie...
Avrei dovuto rimanere molto turbata; ma non ho saputo che umiliarmi profondamente e rimanere tranquilla.
Dirò anzi che in un certo senso mi sento più contenta ora che ho motivo di dare qualcosa che non quando non facevo che ricevere.
Allora era tutta ricchezza di Dio; adesso, mi sento più al mio posto di misera creatura, parendomi grazia troppo grande e della quale mi sento indegna quella di essere sopportata qui, nella Casa del Signore, al suo servizio.
Mi sento contenta; e, se Gesù, anche fino all'ultimo dei miei giorni, non mutasse condotta e mi avanzasse in un ancor più profondo annientamento, non mi permetterei volontariamente d'intrattenermi a considerare le cause seconde o altri motivi di turbamento, rimanendo abbandonata e fissa nella sua adorabile volontà.
Non dico di non sentire! Però, con la forza della volontà, riesco ancora a dominare la mia sensibilità acutissima, a mantenere la mia linea di dovere, senza permettermi di omettere o diminuire la preghiera e le pratiche di pietà.
Considero il più segnalato dei favori il grande ardore di volontà che sento e che mi fa desiderare di sacrificare tutto senza risparmio, pur di compiacere il Signore con quella fedeltà delicata che cerchi di perfezionarsi di continuo nell'adempimento di ogni dovere.
Nella luce della Volontà di Dio trovo la mia gioia. Posso assicurarlo in verità: il mio gaudio non ha subito alcuna alterazione.
28121951. Comprendo di essere giunta a quella fase del mio cammino spirituale che mi fu mostrata fin dai miei primi anni di religione, quando ero diretta dal Padre Basile S.J. Allora vidi che mi era riservato in fine un periodo nel quale avrei vissuto in pieno il vero annientamento eucaristico, nell'abbandono e nella privazione di ogni conforto; sola, incompresa perfino dalle persone che mi avevano sempre sostenuta e aiutata spiritualmente; in piena consumazione del mio olocausto per i fini della vocazione.
È quello che va verificandosi al presente in tutti i suoi crocefiggenti particolari...

Anche il mio Sole mi ha velato i suoi raggi!

2-1-1952. Rimango quieta nel mio stato di annientamento e assoluta privazione. Riconosco con tanta gratitudine come le grazie ricevute in passato abbiano servito a stabilirmi in una fermezza di fede che ora mi permette di sostenermi e di rimanere orientata verso la vera Luce, pur nella più oscura notte.
Ringrazio la Madonna di avermi in qualche modo prevenuta.
Oh, quella visita! Pareva che io non mi potessi staccare da Lei, quasi presaga del messaggio che aveva da comunicarmi... .
Come sente sue le nostre prove, le nostre sofferenze! L'ho sentito dall'accento col quale, guardandomi pietosamente, mi diceva:
«Povera figliola mia; quanto, quanto dovrai soffrire! E... non sentirai più la mia voce fino a quando verrò a prenderti».
Il pensiero che quella era l'ultima volta in cui mi era dato ascoltare la soavissima voce della mia Madre celeste, mi diede un'impressione indefinibile, quasi che tutto crollasse intorno a me.
Volevo persuadermi che col SS. Sacramento mi sarebbe rimasta la più grande ricchezza; tuttavia, quando rientrammo in cappella dopo aver accompagnato processionalmente la Madonna, mi accorsi che anche il mio bel Sole mi velava i suoi raggi e intuii che la mia vita avrebbe preso un nuovo indirizzo.
L'ultimo bagliore che colsi, prima di venir sorpresa dalle tenebre, fu un bellissimo raggio che, partendo dall'Ostia santa, mi scopriva i pregi, le ricchezze di grazia di uno stato di totale annientamento, simile a quello di Gesù sotto i veli eucaristici, e compresi che, dopo quello, non sarebbe rimasto che il varcare l'ultimo passo che dal Calvario conduce al Cielo.

L'adorazione è tutta la mia vita

7-1-1952. Durante la S. Messa della solennità dell'Epifania, in un lampo, quasi immagine che rapidamente passi, vidi la Madonna nell'atto di porgere il Bambino ai Magi. Ella mi sorrise in silenzio, e Gesù mi assicurò che nulla era cambiato per me, che eravamo sempre nella più stretta intimità e che quanto permetteva era un adoperarmi per i suoi fini. Quello che sperimentò l'anima mia in quell'attimo non saprei dirlo.
Ormai non sarei più capace di sostenermi negli ardori e splendori del periodo precedente. Riconosco di dovere alle grazie già ricevute la stabilità delle mie potenze spirituali nell'adorazione.
L'adorazione del SS. Sacramento è tutta la mia vita.
14-1-1952. Mi torna ora quanto mai difficile il pregare vocalmente. Gli indirizzi che prima ricevevo con voci, visioni, illustrazioni, ecc., ora mi vengono a mezzo di un impulso di grazia non meno chiaro, sicché non potrei dirmi abbandonata interamente... Forse l'intimità, spoglia dell'elemento sensibile, si è fatta più unitiva che mai.
Direi che questa notte abbia acuito la potenza di penetrazione di Dio e che al mio spirito venga data una conoscenza di Lui ancora più aderente al suo vero Essere.
Lo intuisco dal come mi trovo durante l'adorazione... Mi tengo quieta nel mio buio per amore delle mie figliole, per rimanere ancora un poco con loro.
20-1-1952. Mi pare di non aver mai tanto amato il mio Dio come lo amo ora. Comprendo ed apprezzo il pregio della grazia attuale che mi muove, mi accompagna fra le tenebre, o meglio, nella privazione di quei favori straordinari dei quali ero tanto largamente favorita; e procedo tranquilla, desiderosa di un sempre più raffinato perfezionamento nella fedeltà ai miei doveri.
Questo tempo che ancora mi è dato di prova debbo impiegarlo nella imitazione della mia Madre celeste; con Lei e come Lei nell'amore, nell'adorazione, nella continua lode al mio Dio.
Come ho sempre fatto, glielo ripeto ancora e spesso che è tanto, tanto buono... Non posso dubitare dell'amore del mio Dio. Se non lo vedo, se non ne sento più la voce, è Lui che ugualmente mi dirige e mi guida con la sua grazia.
Mi sento sempre più intimamente posseduta dal suo amore, che direi sempre in aumento e che mi comunica l'impulso di dare tutto, di sacrificarmi senza risparmio, di aderire ai minimi cenni della Divina Volontà, di cedere al parere degli altri nelle cose indifferenti, di comportarmi in maniera da poter essere di compiacimento al suo sguardo.
Se me ne fosse lasciata la scelta, sceglierei per me l'inginocchiatoio dell'adorazione e me ne starei là, silenziosa, annientata, l'intero giorno.

Quanto è ricca la vita di fede!

7-2-1952. Sospese le manifestazioni sensibili che mi tenevano in continuo contatto col soprannaturale, sento ingagliardita, alta e sicura la mia fede.
Quanto mi sento grata al Signore per aver voluto che si conservi in scritto in queste relazioni il deposito delle sue grazie!
Non so dire quello che sperimento quando (perché ne controlli l'esattezza e la veracità) mi vengono lette quelle pagine.
Mentre da sola non potrei ricordare nulla, ascoltando la relazione che in passato diedi di quei favori, il mio spirito torna a irradiarsi di quelle luci già ricevute e ne sento la verità con un'evidenza da non potermi trattenere dell'affemare: è proprio così, né più né meno che così.
28-2-1952. Quanto è bella e ricca di grazia la via della fede! Mi ci trovo a tutto mio agio; e, invece che deplorare una mutazione che potrebbe farmi dubitare della realtà di tutto un passato, rimango in una pace inalterabile.
Innanzi all'Ostia santa sento di vivere profondamente la mia vita eucaristica. Pur continuando l'oscurità, il silenzio, mi trovo benissimo innanzi al SS. Sacramento, perché la mia fede nella reale presenza è tale da escludere ogni ombra di dubbio.
Ieri, quando, per la cerimonia dell'imposizione delle sacre ceneri, si dovette riporre il SS. Sacramento, rimasi quasi senza vita e senza respiro ed ebbi ancora una volta il modo di comprendere la preziosità del dono a noi affidato. Soltanto quando rividi la bianca Ostia mi ritrovai nel mio elemento vitale.
Se stesse in me, non mi basterebbe la notte e il giorno per soddisfare il bisogno che sento di sempre adorare, rimanendo nel mio annientamento profondo che oscuramente ma realmente mi associa al palpito del mio Gesù sacramentato, alla sua adorazione al Padre.
13-3-1952. È un susseguirsi di circostanze le più penose; e, in quest'ora di prova, mi torna alla mente la promessa della Madonna di rimanere sempre con me. Questa certezza rianima il mio coraggio, ma le difficoltà che si presentano sono ben gravi...
19-6-1952. Non avevo mai trascorso una festa del S. Cuore come quest'ultima. Nessuna delle belle luci delle quali abbondava la mia via; silenzio assoluto. A preferenza di altre solennità, sembrava che in questa il Divino Maestro lasciasse traboccare dal suo Cuore nel mio la piena della sua Carità e le più intime confidenze...
Non me ne rimane neppure il ricordo.
Ma sono tanto contenta della condotta che tiene al presente con la sua povera creatura, che in questo periodo di prova può meglio conoscere la sua estrema povertà. Pregusto gli eterni silenzi...
15-7-1952. Sempre silenzio... il gran silenzio che risuona lassù!
Nello stesso tempo potrei affermare in verità di vivere - forse come non mai - la pienezza della Vita divina in tale intimità col mio Dio da non poter avere nessuna parola o espressione umana capace di significarla. Non ho rimpianti del passato, né dubbiezze tormentose, perché mi sono sempre lasciata possedere in pieno dal Signore e Lui ha fatto tutto quello che ha voluto della povera creatura tutta sua.
Agli stati dell'orazione più sublime preferisco il presente e ne valuto sempre più l'eccellenza.
Mio centro di vita e di riposo è l'adorazione innanzi all'Ostia santa. Mi pare che le illustrazioni, visioni od altro non farebbero che disturbare l'intimità della mia unione con Lui; e penso che non avrà più bisogno di cambiare direttiva, perché quella tenuta in precedenza non era forse che la necessaria preparazione allo stato attuale.
Tutto quello che voleva farmi conoscere me lo ha manifestato.
Non occorre altro. Lo amo. Mi sento amata. Sono in Lui. Mi basta per conservarmi nel perfetto gaudio.
18-8-1952. Appena entro in chiesa, sento di dover fare tre profonde genuflessioni innanzi al SS. Sacramento, sembrandomi che tale omaggio debba tornare quanto mai gradito alla SS. Trinità.
Non dico nulla a parole, ma lascio che le potenze spirituali rimangano tutte impegnate nell'adorazione che sgorga spontanea dalla conoscenza della Santità di Dio e della mia estrema miseria, unita a una vivissima gratitudine che mi pervade nel sentirmi da Lui amata.
Questo semplice atto m'immerge negli abissi divini più di quanto si possa pensare...
27-9-1952. La mia unione con Dio è intima e stabile, e molto chiara la cognizione che ho di Lui.
Comprendo che in realtà non ho perduto nulla, e quello che mi viene dato ora supera di molto quanto mi veniva elargito in passato.
Non più in enigma o in figura mi viene ora ineffabilmente comunicata la spiritualissima Essenza di Dio... Quest'altissima operazione di amore e di grazia si produce in maniera da poter essere sostenuta da un cuore ormai troppo indebolito...; ed è certamente per compassione di queste figliole, per i suoi disegni sull'Opera che il Signore, per potermi conservare ancora un poco in vita, ha dovuto velare i suoi ardori con la nube...
2-12-1952. Non ho più parole per manifestare l'intimo dell'anima; e, se potessi seguire l'impulso che sento, farei mettere alle fiamme tutto quello che ho fatto scrivere, sembrandomi che la Verità di Dio sia per noi inafferrabile...
Continua l'assoluto silenzio, ma è il silenzio dell'eternità. Il silenzio in cui si avvolge l'intima Vita divina in seno alla Trinità e che silenziosamente viene comunicato alla sua povera creatura...
Pregusto gli eterni silenzi della beatitudine, senza che le moltissime difficoltà del momento mi distolgano dall'adorazione e turbino la mia serenità.

Iddio è Fuoco illuminante

7-2-1953. È stato un semplice sogno, ma ricco in effetti di grazia. Mi è parso di vedere il compianto cardinale Nasalli Rocca avvolto di splendore e più del solito affabile e sorridente.
Avendo espresso la mia meraviglia nel vedere che veniva a trovarmi: «Ma noi possiamo comunicare con le anime con le quali avemmo rapporti in terra!», mi ha detto.
«Allora, potrebbe dirmi in che consista l'essenza della beatitudine?».
«Lei vuol sapere troppo... Ma poiché il suo desiderio compiace e glorifica il buon Dio, Egli stesso l'appagherà. Vede?» (e mi faceva leggere quasi come impresse nella luce che lo compenetrava queste verità: Iddio è come un ardente braciere di carità a confronto del quale l'intero mondo incendiato sarebbe nulla. Noi siamo immersi e immedesimati a quel Fuoco illuminante che comunica la conoscenza di Dio, mentre associa alla sua stessa intima vita e felicità).
Da questo, mi è venuta una chiara intuizione del come Iddio si doni ai suoi eletti colmandoli di amore, di felicità, in maniera da appagare pienamente ogni loro brama e nella misura della capacità di ognuno, in un trionfo di carità senz'ombre di gelosie, tornando tutto ad aumento di felicità.
Al ridestarmi, ritrovandomi nel mio buio, mi sono sentita incoraggiata a proseguire nella serena accettazione di ogni sofferenza, in vista dell'immenso Bene che ci attende.

Una luce fra le tenebre

1-10-1953. Uno sprazzo di luce ha interrotto per un poco le mie tenebre. Mentre ero al mio turno di adorazione, il Signore mi ha fatto contemplare le meraviglie interiori, i tesori di grazia che adornano la Madonna nella gloria del Cielo. I suoi dodici privilegi splendono di una luce così abbagliante che formano l'ammirazione e la compiacenza della SS. Trinità. I doni dello Spirito Santo l'adornano come sette soli. Le sue virtù (la fede, la speranza, la carità, l'umiltà, ecc.), sono come meravigliosi splendori che magnificano la bontà, la grandezza di Dio.
La Madonna mi ha investita così fortemente del suo ardore di carità che la mia anima è ora tutta immersa nell'amore, nella lode, nella riconoscenza alla bontà del Divin Padre.
Pensando che questa illustrazione fosse un cenno che mi si dava della mia prossima partenza, ne ho chiesto alla mia buona Madre; ed ella mi ha fatto comprendere che dovrò attendere ancora un poco e mi ha raccomandato di incentrare sempre più la mia vita nel Mistero eucaristico.
Natale 1953. Diversissimo da quello degli anni passati, eppure, per intensità di grazia, forse li supera tutti.
Fin dai primi giorni della Novena, mi sentii investita e penetrata da Dio con tale forza da farmi pensare che quell'inesprimibile presa di possesso m'immettesse per sempre nel Centro della Vita.
Quando sarà?

Il Signore riprende le intime comunicazioni

19-2-1954. Ero al mio turno di adorazione, quando mi vidi al fianco il caro S. Giuseppe. Bello, di aspetto giovanile, dai tratti fini, delicati: una figura tanto simile a quella di Gesù. Era tutto splendente, e la sua luce che veniva ad avvolgermi sembrava comunicarmi le sue disposizioni interiori di quando con Maria adorava il Verbo incarnato.
«Adora con profonda umiltà, mi ha detto, con intenso raccoglimento e annientamento; è questa l'adorazione in spirito e verità. Sono sempre con voi in adorazione e vi trasmetto il mio spirito per adorare».
Ho compreso, più di quanto lo avessi fatto in passato, come l'annientamento sia di compiacimento al Signore: e su questo annientamento Egli compirà grandi cose.
Quindi il caro Santo, silenziosamente, ma con una comunicativa penetrantissima, mi ha aperta la conoscenza della vita beata, quasi per prepararmi ad iniziarla... presto! Rispondendo tacitamente ad un interrogativo che gli ponevo... mi tranquillizzò promettendomi la sua assistenza e dicendo che sarebbe tornato... (a prenderla?) nel suo giorno.
(La Madre infatti morì nelle prime ore del mercoledì 28 aprile 1954).
4-3-1954. Il Signore è molto, molto buono con me.
Nei momenti di maggior depressione fisica e di più intensa sofferenza riprende il tratto delle intime comunicazioni del periodo precedente la prova; cosa che, dopo tanto silenzio, mi fa una particolarissima impressione.
Non riuscirò ad esprimermi, perché sono cose alte e profonde che credo non possano essere comprese se non da chi ne abbia fatto l'esperienza. Da tempo Gesù mi aveva promesso di illuminarmi sulle profondità del Mistero eucaristico. Data la vivezza della mia fede, mi pareva di saperne già abbastanza; ma l'ultima luce che ne ho ricevuta, mi ha convinta della mia grande ignoranza.
In cappella, mi ero appena prostrata per la genuflessione, quando si è resa sensibile la realtà della Divina Presenza e, con un'intensissima e rapida azione di grazia, mi son sentita rivestita e interamente restaurata dalla potenza di Gesù Redentore.
In quello stesso istante, alle potenze spirituali - quasi per effetto dell'irradiazione di una luce superna - ha folgorato l'essenza del Mistero eucaristico.
In mirabile sintesi ho veduto la Trinità adorabile: Padre - Figlio - Spirito Santo; la Creazione, la Redenzione e gli effetti dell'opera redentrice del Cristo conseguiti mediante la Passione, continuati e conservati a tutte le generazioni attraverso i Misteri eucaristici, rinnovanti sui nostri altari il Sacrificio del Golgota; quanto sono preziosi tali effetti quando vengono applicati alle anime, potendo in forza di essi venire sollevate fino alle altezze della comunione con Dio, in intima associazione alla sua stessa vita, con un pregustamento dei gaudi del possesso.
In queste contemplazioni intuisco l'ordine armonico di tutti i Misteri della vita di Gesù, che ritrovo, vivi e palpitanti nella loro espressione più fedele, nel Mistero eucaristico. Qui è Gesù, realmente presente, Autore della grazia, che dalla viva sorgente la distribuisce in abbondanza, specie per mezzo della Comunione sacramentale.
Dopo queste illuminazioni, sono rimasta quasi fuori di me e stento moltissimo a seguire la comunità.
Mentre lo spirito trova il più corroborante pascolo, il fisico è tanto accasciato che stento a trascinarlo.
Ora sono a banchetto con i miei Tre e mi tengo la figliola più felice accanto al mio Padre buono. È ben grande la sua degnazione nel chinarsi fino a questa povera creatura! Gesù mi fa notare che, più che una degnazione di misericordia, devo vedere in ciò un effetto di amore, perché Dio è Amore.
Ritengo essere questa l'ultima meta alla quale conduce la vocazione eucaristica: portare l'anima, immedesimata, trasformata in GesùOstia, ad iniziare - nell'adorazione, nella lode, nell'amore - la sua beatifica comunione col Padre celeste.
10-3-1954. Gesù, nella S. Comunione, mi ha detto: «Sei sempre la mia Costanza!».

Mai avevo sofferto come in questa Quaresima

7-4-1954. In questa Quaresima ho approfondito la Passione interiore del Cuore divino, e Gesù mi ha fatto comprendere la veemenza del suo amore per il Padre e per le anime e come, a confronto dell'ardore di quella fiamma, fossero quasi un sollievo le sofferenze fisiche.
Il poter ottenere alle anime tanto amate la salvezza, le grazie per una perfezione che le avrebbe sollevate fino al Padre gli rendeva desiderabile la Passione, tanto da bramarla col più acceso desiderio.
Queste sue ammirabili disposizioni andavano accumulando quei tesori ai quali avrebbero attinto le anime, specialmente quelle scelte a calcare le sue orme cruente.
Fra gli effetti della Redenzione vi è anche questo delizioso frutto: la perfetta letizia nella più cruda sofferenza. Le anime che comprendono il valore della Croce sono le più favorite e quelle che raggiungono i più alti gradi di santità e di conformità col Cristo.
12-4-1954. Ieri, Domenica delle Palme, è stata una giornata di particolarissima intimità col mio Gesù, che già dalla notte precedente mi aveva fatto conoscere le disposizioni del suo Cuore, associandomi alla sua Passione interiore, che in quella circostanza ebbe uno dei momenti più angosciosi. Non avrei mai pensato che in quel trionfo che sembrava tanto spontaneo e sincero, Gesù avesse sofferto tanto. Ma Egli, per la sua prescienza, vedeva, sapeva tutto; conosceva la trama del nero tradimento e come fosse deliberata la sua morte.
Per l'amore tenerissimo che ci portava e che gli faceva bramare la nostra felicità, era avido di soffrire in vece nostra. Pur essendo in questa sete d'immolazione, sentiva al massimo la ripulsa per quel battesimo di sangue al quale anelava. Tale contrasto provocava in Lui un'agonia in tutto simile a quella del Getsemani e talmente amara che una sola stilla che me ne ha fatta gustare mi ha ridotta agli estremi.
Mai, neppure quando in passato venni associata ai vari momenti della Passione, avevo sofferto come in questa Quaresima.
Era veramente l'amore che immolava Gesù. Egli pensava con sentitissima pena alle anime fedeli, che avrebbe associate al suo martirio per averle a collaboratrici nelle opere sue.
A queste, per sostenerle, avrebbe fatto conoscere quanto per loro amore aveva voluto soffrire.
Lamenta di averne pochissime di anime che lo comprendono pienamente.
15-18 aprile 1954. La Madonna aveva promesso di farmi conoscere altri particolari della sua vita e non so dire quanto l'abbia seguita in questa Settimana di Passione nella partecipazione alle intime sofferenze e agli strazi del Figlio; in quest'anno, con una profondità e intimità tali da rivivere realmente le sofferenze di Gesù dal Getsemani fino al consummatum est, più morali che fisiche e di una portata e intensità da non potersi neppure immaginare. In una pallidissima impronta mi sono state fatte risentire così, come le sentì la Madre del Redentore. Il culmine dello spasimo fu per Lei ai piedi della Croce, quando dal grido implorante di Gesù, ebbe a penetrare l'abbandono del Padre. In quelle ore tremende, l'amore materno, l'amore verso Dio, l'amore per le anime, quasi lame taglienti di una stessa spada, le trafiggevano il cuore.
Su di Lei, come sul Figlio, la divina Giustizia pesava inesorabilmente, reclamando l'intera soddisfazione dei suoi diritti; ed ella, senza morire, sperimentò tutta la cruda realtà della morte.
La sua fede, luminosa e fermissima, non faceva penetrare nell'oscura notte che l'avvolgeva, neppure un barlume confortante; come per Gesù, misteriosamente tutto il suo essere fisicospirituale era imbevuto di amarezza. Così fu dal venerdì fino all'alba della Risurrezione.
Maria santissima rimase in un dolore che il solo penetrarne una stilla sarebbe sufficiente a provocare la morte. (Per me, la notte fra il venerdì e il sabato santo avrei creduto fosse l'ultima tanto era estremo lo sfinimento del cuore).
La Madonna, in quella estrema sofferenza, era in disposizioni interne perfettissime e si conservava in un ordine che era di ammirazione a Dio stesso...

Iddio è felicità: l'ho compreso benissimo

22-4-1954. Al primo canto dell'alleluia, si è ripetuta la manifestazione dell'incontro di Gesù Risorto con la diletta Madre sua.
Scena toccante che, ogni volta che mi viene presentata, mi rivela nuovi splendori.
Quale finezza di amore filiale e materno in quel delizioso incontro! Non è possibile descriverlo con le nostre povere parole...
In tutta la bellezza e lo splendore della sua Umanità gloriosa, con le sante piaghe raggianti, Maria si vide innanzi il suo Gesù!
Senza dir nulla si strinsero in un abbraccio che parve sprigionare all'Altissimo un canto di suprema glorificazione. Poche ore prima, il massimo della sofferenza...; ora, lo straripamento del gaudio!
Il gaudio dell'Annunciazione aveva dato motivo al Magnificat di Maria; ora che la Redenzione compiuta aveva dato il suo frutto di Vita, il gaudio aveva raggiunto la sua perfezione.
Iddio è felicità!
La sofferenza è castigo della colpa...
L'anima si unisce assai più intimamente e perfettamente a Dio nella gioia che nel dolore.
L'ho compreso benissimo.
In un trasporto di felicità e di amore Maria è passata dall'esilio alla Patria!
(fine del diario intimo)

Nella notte del 28 aprile 1954 (mercoledì), la venerata Madre Maria Costanza del Sacro Costato passò dall'Arca Santa al Cielo.

Dalla cronaca di comunità

«Giunse il 27 aprile, ultimo giorno dell'esistenza terrena della nostra venerata Madre.
Niente lasciò temere di quanto si andava preparando. Fin dal mattino ella fece il suo primo turno di adorazione senza dare nessun segno di stanchezza, e seguì poi tutti gli atti di comunità mostrandosi fra noi più serena del solito.
Durante la ricreazione del mezzogiorno, parlò fra l'altro dei bei trionfi della grazia nelle anime, spronandoci a cooperare generosamente a quelle vittorie che tornano di tanta gloria a Dio, ripetendo quello che la Madonna aveva detto ai Pastorelli di Fatima: «Molti vanno all'inferno perché non c'è chi si sacrifichi e preghi per loro».
Nel pomeriggio, essendo venuto il Confessore, la vedemmo in Coro per la preparazione e il ringraziamento alla Confessione ed ammirammo commosse l'espressione della grazia e della carità che sembravano brillarle sul viso.
Quando ci riunimmo ancora per la ricreazione serale, la trovammo più che mai animata e radiosa. Le era piaciuto tanto quanto aveva sentito leggere del Santo dell'indomani (S. Paolo della Croce fondatore dei Passionisti e delle Passioniste) e voleva che indovinassimo quale fosse stata la frase che più l'aveva colpita.
Una di noi chiese: «Forse dove si parla della fondazione delle Religiose, quasi unicamente occupate nel meditare sui dolori di Gesù?».
«La cosa è quella, rispose, ma il Santo la esprime in maniera molto più bella, dicendo che le sue Passioniste avrebbero dovuto meditare e contemplare l'eccesso di amore dello Sposo divino».
E continuò con ardore crescente a parlare dei trasporti di carità di S. Paolo della Croce, che finì per morire consumato da quella fiamma.
Essendo la novena del Patrocinio di S. Giuseppe, volle poi che si cantasse una canzoncina in suo onore, e vi unì la sua voce ben intonata: «Beato fra i beati, ricordati di me!...».
La Madre, quella sera, pareva emanare una particolarissima attrattiva, tanto che, con semplicità, incominciammo a pregarla di prenderci presto a colloquio.
Sorrise a lungo, come assorta, e, guardandoci con materna tenerezza, promise:
«Sì, una alla volta, le chiamerò tutte!».
Dato il segnale del silenzio, si alzò pronta, ripiegò il suo lavoro e si pose, come di consueto, nell'angolo vicino alla porta per benedire ognuna con il suo crocifisso, accompagnando quella benedizione con un ultimo sguardo eloquentissimo.
In Coro, con la breve formula da lei composta, invocò la benedizione di Dio su di noi e ci affidò tutte al Cuore immacolato di Maria.
Infine, dopo essersi prostrata innanzi al SS. Sacramento ed aver fissato a lungo il suo Re d'amore, rapida uscì.
Ci facemmo violenza per non seguirla...
La mattina seguente, non avendola vista scendere per il mattutino incontro con Gesù Eucaristia, salimmo alla sua cella, trepidanti, per conoscere il motivo di quel ritardo e... dovemmo convincerci della più dura delle realtà: la diletta Madre era morta...
I suoi occhi, perfettamente chiusi, diedero l'impressione che una mano pietosa si fosse posata su quelle palpebre e ci venne spontaneo pensare che la Madonna, fedele alla sua promessa, avesse assistito la sua figliola prediletta fino all'ultimo respiro, dandole l'ultimo sigillo di somiglianza con Lei, con quella morte che non ebbe testimoni in terra.

*

Ci alternammo poi con devozione filiale nel vegliare la salma della diletta Madre - religiosamente composta nella sua cella, divenuta un piccolo santuario - attratte da quel volto i cui lineamenti si facevano di ora in ora sempre più distesi e sereni, trasmettendoci, pur nell'immenso dolore, una pace sovrumana.
L'indomani, la venerata spoglia venne trasportata in chiesa dove rimase esposta nelle ore pomeridiane.
La visitarono in preghiera vari prelati, fra i quali mons. Giulio Facibeni di Firenze, fondatore dell'Opera «Madonnina del Grappa»; molti Sacerdoti; le religiose Ancelle del S. Cuore con le loro educande e tante altre persone che avevano conosciuto, amato e stimato Madre M. Costanza. Troppo presto venne tolto a noi e ad altri devoti che affluivano nel tempio dell'adorazione il conforto di poter contemplare più a lungo quel volto amabile e di toccare quelle care mani ancora rosee e flessibili...
Il 30 aprile, solennità di S. Caterina da Siena, patrona d'Italia, mons. Della Casa celebrò la S. Messa esequiale in paramenti bianchi.
Ma tutto era bianco, quella mattina: la schiera delle adoratrici che facevano corona per l'ultima volta alla loro Madre, i fiori a profusione, il drappo damascato che ricopriva la bara, sul quale spiccava una croce dorata.
Uno stuolo di sacri Ministri attorniavano l'altare della celebrazione; a destra del presbiterio avevano preso posto i parenti, e, nella cantoria, le amate consorelle della Congregazione del S. Cuore, della quale Suor Costanza aveva fatto parte per tanti anni.
Nel momento in cui mons. Gilberto Baroni intonò l'antifona gregoriana: «In paradisum deducant te angeli...», nel cielo grigio denso uno squarcio d'azzurro lasciò filtrare un raggio di sole che giunse a posarsi sul feretro, inondandolo di luce.
Ci sembrò un sorriso di Dio, un invito ad aprire il nostro cuore, straziato dal dolore, a quella gioia che la Madre già possedeva in pienezza.
Infine, la salma venne posta nel piccolo sepolcreto del monastero, dove rimarrà come pietra di fondamento al trono eucaristico.
L'epigrafe incisa sulla lapide sintetizza il cammino spirituale della Madre, simbolicamente espresso nei suoi due nomi, di battesimo e di religione:

NEL COSTANTE MARTIRIO DI CARITÀ - PROSEGUENDO SERENA IL MAGNIFICAT DI MARIA ñ CONQUISTÒ LA PALMA.


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