Serva di Dio
MADRE MARIA COSTANZA ZAULI
OFFRIAMO A DIO IL SANGUE DEL FIGLIO SUO



Presentiamo al Divin Padre il Sangue del Figlio Suo. Quest'offerta ha una forza dì misericordia a cui Dio non può resistere.
(M. M. Costanza Zauli)


Quaderni Sanguis Christi

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Maria Costanza Zauli

OFFRIAMO A DIO IL SANGUE DEL FIGLIO SUO

Edizioni Pia Unione Preziosissimo Sangue

Con approvazione ecclesiastica

In ossequio ai decreti di Papa Urbano VIII, si dichiara che quanto è scritto in questo libro, specie riguardo a doni e grazie straordinarie, non intende prevenire il giudizio della Chiesa, ha è pura e semplice testimonianza umana, degna di fede.

I N D I C E

Presentazione

MARIA COSTANZA ZAULI - profilo biografico spirituale

I. Contemplazioni sulle sette effusioni del Preziosissimo Sangue

II. Il Sangue di Cristo e il mistero pasquale

III. Il Sangue di Cristo e il mistero eucaristico

IV. Offerta del Sangue di Gesù

V. Il Sangue di Cristo lavacro di misericordia

VI. Maria SS. nel mistero del Sangue di Cristo

VII. Coroncina eucaristica del Preziosissimo Sangue



PRESENTAZIONE

Offriamo ai nostri lettori un'antologia degli scritti della serva di Dio Maria Costanza Zauli (1886-1954), fondatrice delle Ancelle Adoratrici del Santissimo Sacramento. In essa abbiamo raccolto tutti i brani più rilevanti sul Sangue di Cristo presenti negli scritti della Zauli. Li abbiamo organizzati in sei capitoletti. Il primo riguarda le contemplazioni sulle sette effusioni del Sangue di Gesù, argomento classico e centrale nella spiritualità del Preziosissimo Sangue. A esso segue un gruppo di scritti che, prendendo lo spunto dalla liturgia del tempo di passione e del tempo pasquale, propongono riflessioni sul Sangue di Cristo e il mistero pasquale. Nel terzo capitoletto abbiamo raccolto brani sul Sangue di Cristo in relazione al mistero eucaristico. In questo argomento Poteva rientrare anche il quarto - e il più breve - capitoletto, ma gli abbiamo dato un posto isolato e centrale, per la centralità che l'offerta del Sangue di Cristo ha nel pensiero della Serva di Dio. Il quinto capitolo riporta brani sul Sangue di Cristo in relazione con il sacramento di Penitenza. Il sesto ci offre brani sul rapporto tra la Vergine Santissima e il Sangue di Cristo. Chiude l'antologia una breve coroncina eucaristica del Preziosissimo Sangue.
Per la Zauli il Sangue Prezioso di Gesù è l'espressione «di due correnti di un'unica carità: l'amore al Padre e l'amore per le anime». Questa carità ha sostenuto Gesù nell'offerta di se stesso fino al «battesimo di Sangue (con cui) avrebbe sigillato il riscatto dell'intera umanità». Proprio in virtù di questo battesimo di Sangue «s'iniziarono gli intimi rapporti, l'ammirabile commercio, tra l'Altissimo e i redenti» e la Chiesa fu dotata «d'immense ricchezze». Canale privilegiato di queste immense ricchezze è il mistero eucaristico, dove «si rinnova l'implorazione potente del Sangue di Gesù» e dove Gesù solleva «con sé al Padre le anime conquistate a prezzo del suo Sangue», coinvolgendole nella sua stessa offerta. Fatta nostra così l'offerta del Cristo, la possiamo rinnovare al Padre nelle diverse ore del giorno.
Perciò, la Zauli esorta: «Offriamo spesso il Sangue di Gesù all'eterno Padre». «Che forza ha questo Sangue!». Ma perché l'offerta sia autentica è necessario che sia partecipata: «Il nostro sacrificio quotidiano, unito al Sacrificio Eucaristico, impreziosito dai meriti del Sangue di Gesù, acquista una straordinaria efficacia d'impetrazione». Per poter essere elevati a questa «straordinaria efficacia d'impetrazione» è necessario purificarsi e rigenerarsi continuamente nel Sangue prezioso. Solo se si è immersi in questo lavacro di misericordia, si può iniziare «una vita nuova di grazia e venire continuamente e nuovamente immersi nel gran Calice che su tutta la terra viene offerto al Divin Padre nelle ventiquattro ore del giorno». L'offerta del Sangue di Cristo ha il suo campo di apostolato: la Chiesa, i peccatori, le anime del purgatorio, la povera umanità sofferente, il mondo intero! Modello incomparabile della «mistica dell'offerta» - così potremmo definire la nota dominante del pensiero della Zauli sul Sangue di Cristo - è Maria Santissima, la vergine «offerente». Ella «non permise che andasse calpestata e dispersa nessuna goccia del Sangue (prezioso): tutto lo riassorbì»; inoltre, «fatta calice del Sangue divino di Gesù», questo «Sangue, miracolosamente raccolto e conservato in Lei come tesoro di inestimabile valore, Ella, Vergine sacerdotale, continuamente offre alla Santissima Trinità a favore delle anime: compito che prolungherà fino alla fine dei tempi, fino a quando la Redenzione abbia avuto il suo perfetto compimento».
L'insegnamento di Gesù alla Zauli diventa l'insegnamento della Zauli a noi: «Voi dovete continuare a raccogliere misticamente il mio Sangue come faceva la Madre mia e presentarlo con le pure intenzioni di Lei alla Santissima Trinità», «per effonderne i mirabili frutti di grazia e di misericordia su tutte le anime». Proprio questo insegnamento abbiamo sintetizzato nel titolo del Quaderno.

BENIAMINO CONTI

MARIA COSTANZA ZAULI
profilo biografico spirituale

La serva di Dio Maria Costanza del Sacro Costato, al secolo Palma Zauli, nacque a Faenza, nel cuore dell'ardente Romagna, da Giuseppe Zauli e Rosa Tanesini, il 17 aprile 1886. Tre giorni dopo, al fonte battesimale della Cattedrale ricevette, con la grazia del sacramento, i nomi di Palma Pasqua, esprimenti in sintesi tutto il mistero pasquale, che caratterizzerà la sua vita in Cristo. Da babbo e mamma, luminose figure di genitori cristiani, prima con la testimonianza della vita che con la parola, ebbe una solida educazione, che trovò in lei un ottimo terreno.
Fin dai tre anni sentiva in sé una forte e delicatissima direttiva che la portava a scegliere il bene; sempre a quell'età una luce irradiante dall'Ostia santa accese in lei la prima scintilla di quell'attrazione verso l'Eucaristia che sarà dominante in tutto l'arco della sua esistenza. Nella prima comunione Gesù le rivolse l'invito ad essere tutta sua, ed ella, cosciente e decisa, vi aderì con slancio.
Dopo l'asilo infantile non potè frequentare regolarmente le scuole elementari, ma in parrocchia era assidua ai sacramenti, alla preghiera e al catechismo. Il parroco si commoveva ascoltando le sue risposte che rivelavano già un non comune dono di sapienza. Vedendola sostare a lungo in un coretto appartato della chiesa, le domandò più volte cosa mai dicesse a Gesù. Lei allora non osava esprimersi, ma confiderà poi nel suo diario: «Lo guardavo e mi lasciavo guardare da lui».
Trascorse la fanciullezza e l'adolescenza nella cura diligente della casa, dovendo genitori provvedere col lavoro alla numerosa famiglia, e si rivelò una perfetta educatrice dei cinque fratellini minori. Col fratello maggiore Vincenzo era legata da profonda amicizia. Aperta ed esuberante di vita, la piccola Palmina era la gioia di tutti.
Ebbe come primo direttore spirituale mons. Alfonso Archi, penitenziere della Cattedrale di Faenza (e successivamente vescovo di Comacchio, di Como e di Cesena). Aveva dodici anni quando un giorno, dopo essersi confessata, nel fare il ringraziamento davanti al tabernacolo, sotto le volte imponenti del duomo, ricevette una illuminazione interiore per cui distinse con chiarezza le sette effusioni del Sangue preziosissimo; da quel momento comprese - il Signore stesso glielo insegnava - come per implorare grazie avesse dovuto offrire al Padre quei sette calici contenenti il prezzo d'inestimabile valore della nostra Redenzione. Nel candore intatto e trasparente dei suoi tredici anni, nella solennità dell'Annunciazione, che ebbe sempre per lei una particolare attrattiva, si consacrò allo Sposo divino con il voto di verginità.
Il 15 agosto 1905, a 19 anni, partì dalla sua casa per farsi religiosa fra le Ancelle del S. Cuore in Bologna. Il distacco richiese una generosità eroica. Era custodita in famiglia come una perla, ma lei bramava il pane di un duro sacrificio per dare a Dio prova del suo amore in cambio delle predilezioni che riceveva.
Nel periodo della sua formazione fu molto provata dalla superiora generale, che aveva intuito come fosse chiamata ad un alto grado di santità. Lei non si ribellava mai, anzi, in segno di gratitudine, si chinava a baciare la terra dove la Madre passava; si mostrava abitualmente serena, ubbidiente, colma di carità. Nel giorno della sua vestizione ricevette il nome di Suor Maria Costanza, che poi Gesù le completò aggiungendovi «del Sacro Costato». Emise la professione religiosa il 10 settembre 1908 nelle mani del card. Giacomo della Chiesa, il futuro papa Benedetto XV, che tanto l'appoggiò, in seguito, per la nuova fondazione.
Guidata per vie mistiche altissime, con il solido equilibrio che possedeva, procedeva con sicurezza, non lasciandosi turbare neppure dallo scatenamento dell'inferno. Compiva le mansioni, affidatele accanto alle piccole educande con finissimo senso pedagogica perfuso di materno amore.
Nel periodo della prima grande guerra fu assegnata, assieme ad altre consorelle, quale infermiera nell'ospedale militate S. Leonardo, dove incontrò largo apprezzamento sia per la sua saggezza e abilità, come pure per l'umile dignità del suo portamento: un semplice cenno di lei otteneva il, pronto ristabilirsi dell'ordine e della calma negli ambienti più agitati. I soldati la chiamavano la loro mamma a quanti fu premurosamente vicina nell'ora estrema! Veri prodigi visibili di conversioni furono il frutto della sua preghiera e della sua dedizione, che la portava a prodigarsi anche al di sopra delle sue forze. Cadde inferma. Sottoposta a minutissimi esami clinici, si potè riscontrare in lei un temperamento perfettamente equilibrato.
Durante: quegli anni il Signore le veniva manifestando gradatamente il disegno di una nuova Opera di vita contemplativa, che ella avrebbe dovuto attuare; la illuminava sempre, più ampiamente sulla spiritualità eucaristica che doveva informarla, e voleva ché per prima seguisse quelle nuove linee. Perché potesse farlo più facilmente le dava spesso la visione di un ostensorio luminoso e le faceva sentire la sua presenza come in chiesa. Lei si trovava tanto bene sotto i raggi del Sole eucaristico, si univa a lui in tutto ciò che faceva e quando era sola s'inginocchiava in àdorazione. Gesù se ne compiaceva. Voleva infatti formarla così: eucaristicamente. Le diede come guida la Madre sua, affermando che in lei avrebbe trovato l'aiuto per immedesimarsi al suo Sacramento d'amore. Il card. Giorgio Gusmini, arcivescovo di Bologna dal 1914 al 1921, esaminò a fondo le comunicazioni che Suor Costanza riceveva e si convinse che era evidente in lei l'azione di Dio. A lui apri il suo animo e gli parlò altresì dell'illuminazione ricevuta nella sua adolescenza riguardo all'offerta delle sette effusioni del Sangue preziosismimo, ottenendone approvazione e incoraggiamento. Nel 1919 fu mandata dallo stesso Cardinale a Como per consigliarsi col vescovo mons. Alfonso Archi riguardo all'attuazione dell'Opera. In questo viaggio, essendo ospite con la consorella che l'accampagnava delle Suore Canossiane, notò che ogni giorno esse recitavano la coroncina dei sette dolori della Vergine. Mentre pensava che si sarebbe potuta adattare quella pratica, Gesù le fece comprendere di volere che nella nuova comunità si offrissero nelle varie ore del giorno le sette effusioni del suo preziosissimo Sangue (come infatti poi si fece sempre).
Nel 1923 rimase costretta al letto con una malattia che durò ben dieci anni. Di natura ardente, esuberante di energie (era sui 37 anni), dovette fortemente reagire su se stessa per accettare una così prolungata immobilità, ma lo fece con il massimo amore, proponendosi il sorriso in un continuo «Deo gratias» e si tenne costantemente unita all'offerta del Calice santo che s'innalza nelle 24 ore del giorno da un punto all'altro della terra. Da quel letto, che era un altare, si sentiva impegnata in un apostolato universale, particolarmente in aiuto ai sacerdoti, e illuminava con l'esempio e il consiglio le consorelle e quanti potevano avvicinarla. Afferma nel suo diario: «In senso mistico, direi che si veniva operando in me una misteriosa maternità in ordine alla fondazione».
Nel 1933, anno Santo della Redenzione, per obbedienza del card. Giovanni Battista Nasalli Rocca, arcivescovo di Bologna, accettò di iniziare la realizzazione del piano che da anni e ripetutamente il Signore le aveva manifestato. Sigillo della volontà divina fu la sua istantanea guarigione, operatasi la sera del 3 agosto davanti all'Ostia santa solennemente esposta per la prima volta nella cappella della nuova casa religiosa. Per ventun anni consecutivi la Madre resse la famiglia delle Ancelle Adoratrici del SS. Sacramento, nata, come ella affermava, «dal Costato aperto del Redentore», istillando nelle figlie la genuina spiritualità dell'Opera.
Sulla scia della Vergine santissima, della quale era discepola attenta e imitatrice fedele, fu la vera adoratrice in spirito e verità.
La spiritualità della Madre Maria Costanza è tipicamente eucaristica. L'adorazione è stata «il cuore e la sostanza della sua vita» ed è pure il suo messaggio. Per la Madre l'adorazione consiste «in un silenzioso immedesimarsi all'istante di Gesù Ostia», ossia nel compiere per Cristo, con Cristo e in Cristo, i quattro grandi fini della S. Messa: adorazione - ringraziamento - riparazione - impetrazione al Padre.
Si comprende così il posto eminente che occupa nella sua spiritualità il Sangue prezioso di Gesù: è il Sangue della, Vittima divina che continuamente si offre sui nostri altari; è il prezzo della nostra Redenzione, è la voce che incessantemente perora per noi presso il Padre... È una missione che continua la missione di Maria, che adora e offre al Padre il Figlio divino dalla sua infanzia fino alla croce e anche dopo la sua risurrezione e ascensione, e si offre con lui. La Madre si univa alla Madonna nella Messa per offrire al Padre il Calice della salvezza; offriva il Sangue di Gesù nelle sue adorazioni «per la Chiesa e per il mondo»; insieme alla sua comunità faceva, nelle varie ore del giorno; l'offerta delle sette effusioni del preziosissimo Sangue per il fine specifico di questa piccola opera del Signore: aiutare spiritualmente i sacerdoti e domandare l'incremento delle vocazioni sacerdotali. Inoltre, si valeva di questa offerta per ottenere dal Signore le grazie necessarie ,a quanti ricorrevano alle sue preghiere. Una consorella, che ebbe la fortuna di fare l'adorazione notturna con la Madre; attesta che ella era solita offrire le sette effusioni con una semplice preghiera composta da lei, formulando le varie intenzioni che le venivano affidate giorno per giorno. Una delle religiose Ancelle del S. Cuore, che il 3 agosto 1933 entrarono a far parte della comunità delle Ancelle Adoratrici, afferma che - specialmente durante la decennale malattia - Suor Costanza riviveva misticamente in sé - ora per ora - le sette effusioni del preziosissimo Sangue.
Pur abituata a vivere nella più intima comunione con Dio, la Madre si mostrava presente a tutto e a tutti, con senso pratico sorprendente. Arricchita si può dire quotidianamente di singolari carismi, sapeva tenerli nascosti con tanta accortezza che si sarebbe detto percorresse la via più semplice e comune. Nella sua umiltà non avrebbe mai rivelato l'evidente predilezione di cui era oggetto, ma fortunatamente i vescovi Alfonso Archi e Giovanni Pranzini, che la dirigevano, le ordinarono di confidare giorno per giorno ad una delle sue suore quanto passava nel suo intimo, perché nulla andasse perduto. Si è potuto così conservare il suo ampio diario, che racchiude la sua esperienza interiore e la sua storia «viva, calda di umanità e splendente di spiritualità» (J. Galofaro, Pro orantibus, marzo 1969).
Soprattutto nella sua famiglia religiosa Madre Maria Costanza riversò i doni di natura e di grazia di cui era dotata. In ogni figliola vedeva un ostensorio e mentre le prodigava le più tenere cure tanto che ognuna si sentiva la preferita, era attentissima a lasciar operare la grazia, e maternamente esigente nella corrispondenza. Era un continuo lavoro a cesello per rendere prezioso agli occhi di Dio il gioiello dell'anima. Per lei i vincoli della carità superavano anche quelli del sangue: era madre in tutta l'ampiezza del termine. Durante l'ultima guerra, anche sotto i più rovinosi bombardamenti, teneva sollevata la comunità con virile coraggio. La sua fiducia incrollabile nella Divina Bontà le ottenne, la prodigiosa preservazione del monastero. L'essersi chiusa, in clausura non significò per lei dimenticare i fratelli. Tutt'altro! Proprio per poter essere maggiormente utile alla Chiesa e all'umanità ella scelse, per ispirazione di Dio, la vita nascosta dell'immolazione, della preghiera continua, della separazione dal mondo. Si sentiva figlia della Chiesa e attestava coi fatti la sua devozione. (Sentiva suoi gli interessi dello Sposo: non c'era missione o campo di apostolato in cui non si considerasse personalmente coinvolta. Chi soffriva la trovava sempre disponibile al conforto, e al consiglio è ancor più alla preghiera, che diveniva spesso come la lotta di Giacobbe con l'Angelo per riuscire a strappare la grazia desiderata; e specialmente quando si trattava della salvezza delle anime, non aveva paura di pagare di persona, avvalorando la sua moneta con i meriti del Sangue divino.
Una delle più spiccate caratteristiche della sua fisionomia interiore fu la gioia. Alle sue figlie, che volevano conoscere il segreto. di quell'intimo gaudio che non l'abbandonava mai, neppure nei momenti più oscuri e sofferti, confidò: «La mia felicità non si basa su quello che sperimento nella mia sensibilità, ma sul fatto che la mia volontà, fusa con quella di Gesù, non cerca e non brama che il compimento del divino volere. La gioia della Madre è Dio» (dalle Cronache della comunità).
E con la gioia, la riconoscenza, che la portava ad accordare costantemente la sua voce al Magnificat di Maria.
Man mano che si avvicinava alla grande meta, la sua fede nell'Eucaristia - raffinata al crogiuolo della prova - diveniva sempre più luminosa e trasparente. Le sue notti erano, si può dire, veglie eucaristiche in comunione con l'oblazione incessante di Gesù perché, pur coricata, non poteva riposare per gli acuti spasimi del suo fisico martoriato. Nelle prime ore del mattino cominciava a sorgere, salutando con gioia il nuovo giorno come un dono pasquale, e dopo lunghi sforzi poteva, circa alle quattro, scendere in chiesa per la mattutina adorazione.
La sera del 21 aprile 1954, a ricreazione, si era intrattenuta lietamente come al solito con le sue figliole, spronandole a cooperare generosamente a quelle vittorie che tornano di tanta gloria a Dio.
La mattina seguente, 28 aprile, non la si vide scendere in cappella.
Il Signore nella notte, l'aveva chiamata a sé. Le sue suore la trovarono con gli occhi perfettamente chiusi, come se una mano invisibile si fosse posata su quelle palpebre, e pensarono che la Madonna stessa, fedele alla sua promessa, avesse assistito la sua figliola prediletta fino all'ultimo respiro, dandole l'ultimo sigillo di somiglianza con lei, con quella morte che non ebbe testimoni in terra.
La sua salma venne religiosamente composta nella sua celletta, divenuta come un piccolo santuario, venne trasportata in chiesa, - dove fu visitata da vari prelati e sacerdoti, dalle religiose Ancelle del S. Cuore con le loro educande, dai parenti e da tante altre persone, attratte da quel volto - dolcissimo, i cui lineamenti si facevano di ora in ora sempre più distesi e sereni. Il 30 aprile, solennità di S. Caterina da Siena patrona d'Italia, furono celebrate le solenni esequie. All'intonazione dell'antifona In paradisum uno squarcio d'azzurro lasciò filtrare nel cielo grigio denso un raggio di sole che giunse a posarsi sul feretro inondandolo di luce: Sembrò a tutti un sorriso di Dio, un invito ad aprire il cuore a quella gioia che la Madre già possedeva in pienezza.
La venerata spoglia riposa ora nel piccolo sepolcreto del monastero, quasi pietra di fondamento del treno eucaristico. Lo spirito della Madre Maria Costanza del Sacro Costato continua a vivere nella sua comunità.
Molti, al presente, ricorrono alla intercessione di lei, si nutrono della sua dottrina spirituale attraverso le varie pubblicazioni dei suoi scritti e attendono con vivo desiderio il giudizio infallibile della Chiesa sulla sua santità.
È in corso la Causa di canonizzazione.

Ancelle Adoratrici del SS. Sacramento

I. CONTEMPLAZIONI SULLE SETTE EFFUSIONI DEL PREZIOSISSIMO SANGUE

La Circoncisione

Dopo otto giorni dal Natale di Gesù, ancora nella squallida grotta di Betlem, puntualmente e fedelmente S. Giuseppe, il giusto, si accinge ad imprimere nel Figlio divino il sacro sigillo della circoncisione.
È compreso di alta riverenza, il cuore gli trema, gli trema la mano, ma per fedeltà alla Legge compie il delicatissimo religioso ufficio come padre legale di Gesù; e sparge le prime gocce di quel Sangue divino che un giorno, versate in copia dallo Croce, redimeranno il mondo. Egli conosce il valore di quelle stille e con spirito sacerdotale le offre all'Altissimo entro il calice vivo del suo cuore.
Tutto è silenzio. Maria, in disparte, contempla adorando e si offre insieme al suo tenero Agnello per la grande immolazione redentrice.
Il Bambino, comprimendo nel cuore i palpiti dell'Amore infinito, ripete al Padre celeste: «Non hai voluto né ostie né sacrifici; mi hai preparato un corpo. Ecco, io vengo per compiere, o Dio, la tua volontà».
Raccogliamo religiosamente le prime gocce del preziosissimo Sangue di Gesù e offriamole al trono dell'Altissimo: rappresentano la primizia di quel Sangue che sarà versato dal nostro Redentore nella sua passione per la nostra salvezza. (Da una meditazione).

L'Agonia di Gesù nell'Orto del Getsemani

Appena prostrato in atteggiamento di profondissima adorazione, il divino Maestro per prima cosa ringrazia il Padre per il dono immenso che sta per fare all'umanità; lo ringrazia di averlo fatto giungere a quell'ora nella quale gli sarà dato di glorificarlo, e in questo atto prevale lo slancio, l'ardore dell'offerta. Ma nessun segno di compiacimento viene dal cielo; 1a tenerissima paternità di Dio non si fa sentire che ammantata di terrore. Il rigore della giustizia punitrice sta per abbattersi su colui che volontariamente si è caricato dei peccati di tutti. Il Figlio dell'uomo, il divin Redentore, freme di ribrezzo per l'ombra di morte che lo sovrasta.
Nel pieno vigore della sua fiorente giovinezza, la morte, e quel genere di morte, non poteva che ingenerare nella delicatissima sensibilità di lui un senso di ripugnanza invincibile. Quale utilità avrebbe portato la sua morte? Vede la perdita di tante anime, prima fra tutte quella di Giuda. Un tedio opprimente lo attanaglia, lo stringe sotto il peso dei più nauseanti peccati, fino a spremergli un copiosissimo sudore di sangue che inzuppa il terreno. Preso dal più acuto spasimo; nella sottrazione di ogni conforto dall'alto, Gesù, a cui pesala solitudine, cerca la compagnia dei suoi fidi discepoli e li trova addormentati.
Il cuore ambasciato gli fa bramare vicina, per posare il capo sul petto di lei, la diletta Madre. Gemendo sommessamente la chiama. Ella, per la finezza dell'intuito materno, avverte il richiamo, sente quello che esperimenta il Figlio, agonizza con lui, spreme tutto il sangue del cuore. Avrebbe tutto affrontato pur di raggiungere il suo Gesù, che sente abbandonato fin dai suoi, ma un cenno della volontà paterna la trattiene, imponendole un distacco che la fa soffrire più ancora di quando vedrà il Figlio flagellato e crocifisso. Finché l'oggetto amato è sotto i nostri occhi la sofferenza è addolcita. Nel grido iterato: «Se è possibile passi da me questo calice», si sente anche l'esigenza dell'amore filiale e materno insoddisfatta; ma in perfetta fusione di palpiti Madre e Figlio pronunciano il loro incondizionato fiat. Ed ecco in un lampo aprirsi il cielo ed apparire un Angelo, nel quale Gesù vide figurata la Madre e tutte le sue anime amanti e fedeli. (27-2-1951).
Dopo la cattura, la Madonna si mosse e si portò ad adorare, seguita da molti Angeli, quella zolla ancora intrisa del preziosissimo Sangue del suo Gesù. In quell'ora, nella quale l'amarezza, del calice della Passione era al colmo, dimentica di sé, si dava premura di offrire all'Altissimo le primizie del Sangue redentivo per la salvezza dei suoi poveri figli peccatori. Pratica particolarmente nostra quella dell'offerta quotidiana delle sette effusioni del preziosissimo Sangue.
Offriamolo per le mani e attraverso il Cuore trafitto di Maria per la Chiesa e per il mondo. (20-2-1951).

La Flagellazione

Gesù vuole che comprenda bene la preziosità della grazia: dono al quale dobbiamo gli effetti di luce all'intelletto, la forza alla volontà, l'ardore di carità a1 cuore. Colma di gratitudine, mentre ringraziavo effusamente il Signore di questo dono, ne domandavo la massima abbondanza per tutti, specialmente per i Sacerdoti e le persone consacrate a Dio. A questa mia domanda, il divino Maestro ha voluto farmi intendere a quale prezzo ci abbia ottenuto questo dono inestimabile; e mi ha posto sotto gli occhi la scena raccapricciante della sua flagellazione. In passato mi erano state date varie illustrazioni sulla Passione, ma non me ne comunicavano la profonda conoscenza che ne ricavo al presente, in cui mi si apre il segreto delle intime disposizioni di Gesù in tutta la sua grande immolazione. Quale ardore di amore nel Cuore divino per il Padre suo! Che zelo bruciante per la sua gloria! Quante volte lo ringraziava di aver voluto l'Incarnazione, dandogli così la possibilità di offrirsi a Lui in olocausto d'amore, di riparazione, di impetrazione, di lode! Erano questi i sentimenti di Gesù allorché il vile Pilato lo volle sebbene riconosciuto innocente - condannare alla flagellazione. Mentre quegli infuriati strumenti di satana sfogavano il loro odio crudele sulle sue carni immacolate, Egli implorava per essi, come poi avrebbe fatto per i crocifissoti: «Padre, perdona loro...». Gli tornò quanto mai tormentosa quella spogliazione che lo esponeva, velato solo del suo Sangue, agli sguardi irriverenti e ai dileggi della folla. Cercava, per quanto potevano permetterlo le legature, di conservarsi nell'atteggiamento più composto, nonostante che ciò rendesse più spietati quei forsennati flagellatori. Nessuna parte del corpo venne risparmiata: dal capo fino alle dita dei piedi, ogni membro ebbe il suo spasimo. I flagelli terminavano con pallottole di piombo unginato che percuotendo laceravano fino a scoprire le ossa. Gli Angeli, ai piedi della colonna, raccoglievano il Sangue divino. La natura umana di Gesù era tutta un fremito di rivolta e ad ogni percossa avrebbe gridato di venire risparmiata, ma l'amore per il Padre e per noi gli dava la forza di ripetere con gaudio: «Per te, per soddisfare la tua giustizia, per pagare il debito dei miei poveri fratelli ed ottenere loro il dono della tua grazia!».
Mentre Gesù offriva il suo Sangue, intendeva unire alla sua l'offerta di tutte quelle anime generose che lungo il corso dei secoli avrebbero accettato l'immolazione con la stessa carità e per gli stessi fini. Ed offrì per ottenere ad esse ampiezza di grazia e forza per restare coraggiose e serene fino al «consummatum est». (23-2-1950).
Dice Gesù: «Non potendo più soffrire in me stessa, chiedo il concorso di anime generose per l'attuazione dei miei piani di misericordia. Mentre venivo flagellato e le mie carni cadevano a brandelli e il mio Sangue scorreva in abbondanza, non la crudeltà dei soldati romani, ma la sete che avevo di dare come in nutrimento alle anime il mio Corpo e il mio Sangue così mi lacerava. Nelle mie predilette deve trovare eco fedele la sete di anime che premeva il mio cuore. Quando, nei giorni precedenti la mia Passione, moltiplicai i pani per sfamare le turbe, vedendo l'avidità con cui veniva consumato quell'alimento materiale, mi sentivo divorato dalla fame di darmi in nutrimento spirituale, e mi era di refrigerio il vedere ché la mia sete, che culminò nell'ultimo sitio sulla croce, avrebbe trovato eco fedele in quelle anime che per dissetarmi avrebbero vissuto nello spasimo di una simile sete». (10-7-1939).

La coronazione di spine

Con quale dignità Gesù subiva gli strazi e le umiliazioni della Passione! Coronato di spine, percosso e ingiuriato; ingiustamente condannato, Egli teneva un atteggiamento dolce e mansueto. E non è a dirsi quanto lo ferissero nella sua dignità le volgarità che si permettevano i suoi aguzzini! (3-4-1943).
Questa fase de grande dramma fu forse la più umiliante, perché Gesù venne ridotto in maniera obbrobriosa. La sua delicatezza gli fece sentire al vivo l'umiliazione, che rimase incisa a stigma di sangue pure nel cuore della Madre. (5-3-1951).
Nelle ore più oscure della Passione, quasi per un suprema sforzo di amore, pareva che il Padre volesse far brillare nel Volto umiliato del Figlio l'impronta della più avvincente bellezza. Di quel Volto adorabile, quale scempio si fece, nella crudelissima coronazione di spine! Anche per la Madre il vedere deturpare il Volto amabilissimo del suo Gesù fu il calice più amaro. Vedere ridotto e trattato a quel modo il suo divin Figliolo che fin dall'infanzia. Ella aveva servito e adorato con amorosa venerazione... E non poteva nemmeno accostarsi a Lui per detergerlo dal Sangue che colava dal capo coronato di spine alla fronte, a tutto il sacro Volto, e per lenire lo spasimo di quelle piaghe brucianti... (15-3-1951). Gesù la volle vicina per trovare un riparo nell'amore. di Lei. (3-4-1950).

La Via crucis

Sempre, dai primi palpiti della vita terrena, ma particolarmente nell'ultima ardua ascesa verso il Calvario, Gesù trovò nel cuore della Madre sua un riposo d'amore che addolciva ogni sua pena.
Dalla preparazione dell'ultima cena fino al «consummatum est» il divino Maestro ebbe sempre nel pensiero la Madre sua come Colei che sola, era capace di penetrare tutta la sublimità dei misteri di amore ai quali avrebbe dato compimento, e se la chiamava vicina; la chiamò al Getsemani, alla colonna dell'umiliantissima flagellazione, e la ebbe anche realmente accanto nella via crucis e sotto la croce. La Madonna non abbandonò mai il suo Figlio, ed offri al Padre ogni sua sofferenza ed ogni stilla del suo preziosissimo Sangue, perché ricadesse in effusione a grazia e di misericordia, su tutte le anime (14-3-1949).

La morte di Gesù in Croce

Parla Maria: «Quando Gesù, la mansuetissima Vittima, l'immacolato Agnello, fu disteso sulla croce, vi si adagiò guardando sua Madre... Da quel momento i suoi occhi cercarono sempre i miei, comunicandomi silenziosamente parole di vita. Fra i nostri cuori era una comprensione massima, che li teneva indissolubilmente uniti. Se mi fossi potuta distendere con Lui sulla croce, il mio patire sarebbe divenuto una gioia: dovetti subire tutta la crocefissione mantenendomi eretta accanto a Gesù. Quattro esseri inumani, posseduti da odio satanico, si gettarono violentemente sopra il mio Figlio per fissarlo al tronco fatale. Lo stirarono così che tutti i nervi si rattrappirono, riducendo quel Corpo adorabile, perfettissimo, come verme della terra. Presero il braccio destro e, slocandolo alle giunture, lo stirarono finché rilassati i muscoli e i nervi, arrivò al punto ove volevano fissare il chiodo. Il Sangue preziosissimo scorreva a rivoli, e veniva calpestato con disprezzo e indifferenza... Conficcate le mani, gli furono sul corpo e per distenderlo, lo pigiarono brutalmente coi ginocchi sul costato. Non è possibile descrivere tutti i particolari di questa scena straziante... Lui mi guardava sempre. Finalmente, come fu confitto, andarono per interrare la croce, ma nel sollevarla, incespicarono in un rialzo del terreno, e per non rimanere essi sotto il peso lasciarono cadere la croce con appeso il mio Gesù. Al colpo ché fece, mi si oscurarono gli occhi e fui sul punto di venir meno. Ma mi ripresi e andai a vedere. La croce era caduta in una fossa ed il suo peso aveva fatto franare la terra in maniera che Gesù ne era rimasto quasi interamente sepolto, con la terra che aderiva alle sue Piaghe sanguinanti... Solo gli occhi erano rimasti liberi e col destro, che riuscivo a vedere, mi guardava ancora, dicendomi interiormente: Come sono preziose le anime! Quale dimenticanza di sé; che generoso amore! Allorché la croce fu innalzata, vi fu un'attimo in cui ai nostri cuori balenò il compiacimento del Padre per la prossima riabilitazione del genere umano. Ma fu immediatamente seguito dall'abbandono, e prima del 'consummatum est', Gesù sperimentò anche il dolore della separazione dalla Madre sua che non vedeva più... Per ciascuna anima in particolare il Figlio mio ha tanto sofferto e ha versato il suo Sangue. Il mio cuore di Madre avrebbe avuto l'impulso irresistibile, di strappare il mio Figliolo dalle mani di quegli spietati carnefici, ma lo sguardo di Lui mi ricordava la mia missione, la mia maternità di dolore, dandomi la forza di rimanere ferma, mentre risentivo anche nel mio fisico tutti gli spasimi che distruggevano quell'immacolato, perfettissimo Corpo...» (28-8-1939).

Il tradimento di Giuda e il preconosciuto tradimento di tutti quelli che avrebbero seguito il disgraziato apostolo fu per Gesù la feccia più amara dell'amarissimo calice della sua Passione. Questo fu il motivo dello strazio che torturò l'anima e il cuore del Redentore morente e che addensò su di Lui l'oscurità più cupa dell'abbandono del Padre.
Proprio nel momento in cui con magnanima generosità abbracciava il sacrificio fino all'ultimo dissanguamento per accumulare tesori di grazia, di forza e di luce per le sue predilette anime, doveva venire nauseato dall'aceto mirrato che si porgeva alla sua sete di amore. Questa sofferenza fu compresa a fondo e condivisa in pieno soltanto dalla Madre che agonizzava sotto la croce, con una particolare sensibilità, accresciuta dall'investimento di quella Maternità universale assunta proprio quando i figli di adozione le costavano il Sangue e la morte del suo Gesù (21-3-1949).

Mi risuona continuamente nell'anima l'eco dolorosa dell'ultimo grido di Gesù morente, grido così colmo d'amore che se fosse inteso spezzerebbe anche i cuori più duri del sasso! Maria ne intese tutta la forza e, nella sua responsabilità di Madre universale, fu trapassata da vivissima angoscia vedendo non solo inutile, ma per tanti causa di ancor più irreparabile rovina la voce di quel Sangue. Che strazio le venne per il trionfo di. satana su anime che, chiamate a guida del gregge, si sarebbero fatti lupi rapaci... (28-3-1949).
Ho avuto l'intuizione chiara dell'ampiezza dell'amore del cuore appassionato di Gesù per noi; ho veduto come siamo state abbracciate dal nostro Sposo divino nel momento in cui, a prezzo di tutto il suo Sangue, ci conquistava a sé. Quarto la porzione eletta è annata dal Signore! Nel duro travaglio della Passione, tutto fu offerto senza risparmio dal Redentore morente e dalla fortissima Regina dei martiri per essa (4-4-1949).

La ferita del Cuore

Per esigenze di espiazione in ordine ai suoi fini il Signore mi tiene in una immolazione profonda. Troppi sono i delitti che si moltiplicano e tanto gravi da pesarmi sull'anima in maniera quanto mai tormentosa. Ieri mattina avevo iniziato davanti all'altare del grande Crocifisso l'offerta delle sette effusioni del preziosissimo Sangue (pratica che torna tanto gradita al Padre) ed ero forse a metà della preghiera quando mi sono sentita improvvisamente mutata, avvertendo quel senso di interiore soavità che viene prodotto in me dalla presenza di Gesù. Dopo un atto di profonda umiliazione, alzando gli occhi sono rimasta quasi abbagliata dalla luce che si effondeva dal Crocifisso. Non era più il simulacro quello che vedevo, ma la realtà; e Gesù sullo sfondo della Croce si presentava in tutto lo splendore della sua Umanità gloriosa con le Piaghe splendenti, lasciando uscire da quella del sacro Costato uno sprazzo abbagliante che pareva andare a formare un baluardo di difesa al Vaticano (ora che tanto si avversa la Chiesa!).
Ti rimane ancora un compito assai importante da svolgere, una missione molto delicata in ordine, alla collaborazione da dare per il compimento dei miei disegni. Adoperati a tutto potere e tieni unite a te queste anime che ti seguono. Non chiedo niente di speciale; amo la semplicità. Mi sono scelto anime semplicissime e desidero trovarle sempre più piccole e semplici per potermi comunicare ad esse e sollevarle fino ad immergerle con me negli splendori del Padre. Invitale a darmi momento per momento quella fedeltà che non disperde la minima particella di grazia, quella reazione energica sulla propria natura e le varie insidie che stabilisce la vera intimità col mio Cuore. È minima, ma limpidissima questa via, e vorrei che fosse ben compresa. In questo periodo, quanta confusione e quale oscurità si sono avanzate anche fra anime belle! Alle purissime linee emananti dall'Eterno. Sole si vogliono sostituire quelle delle creature, ed avviene, purtroppo, che l'orgoglio umano e tutte le sue grette derivazioni fanno crescere la zizzania nel giardino della Chiesa. Dopo la guerra darò mano alla riforma».
A patto che mi tenga assolutamente sépolta in Lui, ho promesso di lasciarmi adoperare e l'ho pregato insistentemente di voler manifestare il suo amore, la sua bontà, la sua misericordia. È stato tanto buono! Dopo avermi parlato dei suoi disegni di misericordia: «Accostati, mi ha detto, poni le tue labbra sulla ferita del mio Costato», e sollevandomi fino all'altezza del suo Cuore, mi ha fatto gustare il liquore corroborante del suo preziosissimo Sangue. È stato un contatto al tutto simile a quello della Comunione sacramentale, che mi ha anche fisicamente rinnovata. Mi sentivo in antecedenza ridotta ad uno sfinimento mortale non sapevo più come trascinarmi; ed ora una nuova vita fluiva in me. Dopo un simile favore rimasi a lungo prostrata in adorazione... (3-7-1944).

II. IL SANGUE DI CRISTO E IL MISTERO PASQUALE

Costiamo tutto il Sangue!

«Quanto ci ha amate il Signore! Quanto gli siamo costate! Figliole mie, pensiamo che costiamo, tutto il Sangue preziosissimo del nostro Dio d'amore!
Come non lo ameremo con altrettanto amore?» (22-2-1945).

Gesù desiderò l'ora del suo battesimo di Sangue

In questo tempo la Liturgia c'impegna nella meditazione della Passione, e Gesù me ne scopre l'intima essenza, desiderando che non ci si fermi alla superficie ma si sappia penetrare nel profondo del suo Cuore. Molti suppongono (e questo dispiace al divino Maestro perché non risponde a verità) che Egli, perché ipostaticamente unito alla Divinità - Dio e uomo - non abbia poi tanto sofferto..., mentre, divorandolo lo zelo per la gloria del Padre, bramando soddisfare sovrabbondantemente la sua giustizia e date insieme la massima prova di amore all'uomo, volle il dolore in tutta la sua ampiezza e profondità, e misteriosamente interdì al gaudi, del quale come comprensore godeva, di penetrare la sua sensibilità, rendendola massimamente passibile. È un mistero, ma quanto mai luminoso al cuore! Il Divin Padre, trovando la Vittima di suo pieno gradimento, gravò su di essa con tutto il peso del rigore, e ciò fu per l'anima di Gesù un tormento che lo dilacerò assai più di quello che i flagelli gli avessero straziate le carni.
Vera causa della sua Passione sarà l'impeto travolgente di due correnti di un'unica carità: l'amore al Padre e l'amore per le anime. Noi non siamo capaci che di accoglierne una minima stilla... Il desiderio ardentissimo di risarcire l'ingiuria fatta al Padre mediante la colpa, era un assillo continuo, che faceva invocare a Gesù l'ora di poter venire battezzato con quel battesimo di Sangue che avrebbe sigillato il riscatto dell'intera umanità. E il suo desiderio della nostra salvezza era ed è tale da fargli dire che per un'anima sola avrebbe incontrato volentieri mille morti.
Pure, a nostro incoraggiamento, volle sentire le ripulse della natura fino a sudare Sangue nell'Orto degli Ulivi.
Mi spiegava che uno degli effetti del peccato era stato quello di rendere tanto difficile all'uomo l'andare a Dio da fargli sentire ripugnanza e disgusto per tutto quanto vi ci conduce... Questi effetti della colpa non avrebbero potuto avere il loro rimedio salutare se non dalla Passione del nostro Redentore. Ecco perché Gesù abbraccia con tanto slancio la sofferenza, l'immolazione: perché ne intuisce gli effetti, che saranno meravigliosi, specie per le persone consacrate, che troveranno nei tesori della Redenzione tutti gli aiuti necessari per portare a compimento i più sublimi disegni di santificazione (24-3-1947).

Un singhiozzo scaturito da un'immensa profondità d'amore

Non avevo mai seguito come quest'anno il mistero di passione che si racchiude nella Domenica delle Palme. Gesù mi ha aperto le disposizioni del suo cuore nella circostanza del solenne ingresso nella città santa. Quale scena commovente e toccante! L'ho avuta chiara ed aperta allo sguardo interiore come se mi ci fossi trovata presente. Quando il corteo che si era venuto formando dietro la modesta cavalcatura del Divino Maestro fu a poca distanza da Gerusalemme, Gesù, con una profonda emozione che trapelava dal suo sguardo, alzò gli occhi al Padre per rinnovare l'offerta di tutto se stesso al compimento dei suoi disegni di redenzione. Qui, fra il Padre e il Figlio, vi fu uno di quei particolari incontri quali ce li fa rilevare il Vangelo, come ad esempio nel battesimo al Giordano, sul Tabor, ecc. Prima che il grande dramma volgesse al suo sanguinoso epilogo, era necessario che un'immersione nell'amore del Padre temprasse la Vittima al supremo combattimento. Dopo questa espansione di carità, che aveva rese ancor più sensibili le fibre affettive del cuore divino, un'immensa angoscia venne ad invaderlo, causata dalla forza stessa del suo amore che si vedeva incompreso e incorrisposto fin dai suoi più intimi. Gesù si guardò attorno col desiderio di sentirsi accanto un palpito amico, ma non lo trovò neppure fra suoi discepoli. Erano colmi di entusiasmo, quasi fuori di loro stessi, ma per la lusinga del prossimo avvento di quel Regno del quale già sognavano i primi posti e non pensavano neppure di volgere gli occhi al loro Maestro, acclamato e accolto entusiasticamente nella santa città come il tanto sospirato ed atteso Figlio di Davide. Se lo avessero guardato ne sarebbero rimasti sconcertati... Nel bellissimo Volto di Gesù si vedeva impressa un'alta mestizia che, contenuta, finì per manifestarsi con un'irrefrenabile esplosione di pianto. Da quale immensa profondità di amore scaturiva quel singhiozzo! Venuto per salvare gli uomini, espressamente mandato al suo popolo prediletto, proprio i più beneficati avrebbero respinto il suo dono d'amore; e i tanti che ora osannavano, avrebbero fra poco gridato a lui il «crucifige». Non tanto la previsione della sua prossima e obbrobriosa morte, quanto la chiara vista dei mali irreparabili che il suo Sangue invocato a maledizione avrebbe addensati su Gerusalemme (che sarebbe stata distrutta insieme al meraviglioso Tempio) e sulle anime che avrebbe voluto salvare... Quale tormentosissima pena! Ho voluto consolare Gesù stringendomi a Lui e ricordandogli i tanti che il suo dolore avrebbe conquistati al suo amore; ed Egli, con amorosa tenerezza, mi ha confidato che fu appunto questa certezza la luce che illuminò i momenti più oscuri della sua passione (20-3-1951).

Ho ancora vivamente presente il pianto di Gesù nell'appressarsi a Gerusalemme. Mi pare di intuire il vero motivo di quell'angoscioso pianto. Amando ardentissimamente le anime, avrebbe voluto stringerle tutte a sé per renderle felici veniva ad offrire loro la vita, la salvezza e il suo dono sarebbe stato rifiutato! Negli «osanna» di oggi sentiva i «crucifige» di domani; «crucifige» che si sarebbe continuato a gridare anche ai suoi araldi che avrebbe inviato nel mondo per portare la buona novella... Non per sé, ma per le anime che si sarebbero perdute e sulle quali il suo Sangue sarebbe caduto a condanna, per l'espiazione che l'umanità colpevole si sarebbe attirata in terribili castighi sulle generazioni fino alla fine, soffrì immensamente, e lo schianto di quella pena morale, se la potenza divina non lo avesse sostenuto, lo avrebbe fatto soccombere. «Molte anime (mi diceva) si fermano a compassionarmi flagellato, crocifisso..:, ma sono pochissime quelle che penetrano la vera passione del mio cuore, che culminò il giorno stesso del mio ingresso trionfale in Gerusalemme. Allora bramai chi mi comprendesse, ma mi vidi e mi sentii solo a sorbire l'amarissimo calice. Un'unica creatura avrebbe potuto essermi di conforto: la Madre mia. Quanto l'ho desiderata nelle ore più oscure della passione... Ma ella doveva essermi accanto soltanto quando il divin Padre lo permetteva. Il pensiero di lei, di quanto avrebbe dovuto soffrire per me e con me, costituiva uno degli assilli più tormentosí per il mio cuore, e vi si congiungeva il dolore che avrebbe gravato su tutte le membra del mio Corpo Mistico lungo i secoli... Questa sofferenza fu il preludio dell'agonia del Getsemani e preparò il mio sudore di Sangue. Da quel punto continuai a parlare, ad operare, a compiere miracoli, ma sempre con quella trafittura nel cuore...».
Avendomi fatto esperimentare un'impronta di quella sofferenza, mi è sembrata fra le più ardue di quante ne avessi sperimentate fin qui. Ero interamente imbevuta della più angosciosa amarezza, e tuttavia in pace, in una quanto mai intima unione al mio Dio. Soffrivo in me la persecuzione che viene mossa alla Chiesa, spasimavo per il desiderio di poter contribuire a costo di qualsiasi sacrificio alla salvezza dei fratelli... (26-3-1951).

Nel Cenacolo: il massimo della sofferenza interiore

Dice il Signore: «Quello che ebbi a soffrire alla frazione del pane, resterà sempre, un impenetrabile segreto. Un dolore immenso colmava le capacità quasi infinite del mio cuore, fino a traboccarne, capace da solo di farmi morire... L'onnipotenza divina mi sosteneva per un'altra consumazione! Questa resistenza non diminuiva la mia sensibilità, anzi, la acuiva. Mi era pure d'immensa pena il vedere che per assicurare a tutte le anime i frutti dell'opera redentrice, altre, creature prescelte all'immolazione avrebbero dovuto gustare di quell'amarissimo calice. Il traditore e l'incomprensione dei miei in quell'ultima Cena...! Neppure l'amore che portavo ad essi poteva farmi velo. Per maggiore tormento dovevo vedere quanto quel manipolo dei fedeli fosse lontano, quasi assente e tanto impreparato ai compiti che avrei loro affidati. Mi sentivo solo, e proprio sul punto di dare compimento alla grande opera della Redenzione, col mio sacrificio. Nessuno mi comprendeva, neppure il prediletto che riposava sul mio cuore, e che lasciavo prendersi quel conforto, vedendo quanto lui ure fosse trepidante e incapace di comprendere la mia immensa pena. In tutti dominava la paura, la diffidenza ed una estrema ritrosia al patire. Da nessuno mi venne una parola di conforto. Una sola creatura in terra era capace di comprendere e tenersi in perfetto accordo coi miei palpiti in quell'ora: la Madre mia. La sentivo, infatti, nella più profonda partecipazione al mio dolore, e non avrei saputo sopportare la vista di lei nello strazio senza venirne meno. Volutamente ne allontanai il pensiero, levando lo sguardo al Padre quasi per interrogarlo e chiedergli il consenso di poter istituire il sacramento della nuova Pasqua. Lo consultai prima della frazione del pane, perché ebbi un momento di titubanza. Mentre volli rispondere all'ingratitudine e incomprensione umana col massimo dono del mio amore, mi tenne in angosciosa trepidazione il timore che ciò desse motivo a più gravi peccati. L'amore trionfò; ma appena il divin Padre ebbe significato il suo consenso, l'oscurità; il rigore della Giustizia pesò su di me come sul capro espiatorio: Era giusto che fosse così, perché la consacrazione del pane e del vino anticipava misticamente la consumazione del sacrificio. Il massimo della sofferenza interiore fu nel Cenacolo; sebbene rimanesse contenuta da un perfetto dominio. Appena giunto nell'Orto degli ulivi, rimasto solo, potei liberamente lasciarmi prendere dall'angoscia, fino a rimanerne oppresso, quasi torchiato, ritrovandomi prostrato a terra in un lago di Sangue, che la violenza del dolore spremeva dalle mie vene... Senza un miracolo non avrei potuto superare quel dissanguamento, ma altre sofferenze ed umiliazioni e l'obbrobriosa morte di Croce mi attendevano...». (8-3-1943).

Il traditore fu per il mio cuore come una spada tagliente... Eletto da me, oggetto come tutti gli altri di innumerevoli finezze di amore, arrivava ad un atto di una malizia che non sarebbe stata concepita possibile neppure dai miei nemici, e che io penetravo in tutta la sua odiosità misurando con spasimo l'offesa che ne veniva al Padre. Ero venuto in terra appunto per riparare le offese che si facevano alla Divina Maestà, ed ecco quello che raccoglievo da uno dei miei più intimi fino allora stato alla mia sequela! Quella fu la stilla più intensamente amara del mio calice, e la sorbii per dare riparazione all'offesa, al tradimento che il Creatore aveva ricevuto dal primo uomo. La naia sofferenza non potrà mai essere compresa a pieno, perché nessuno è in grado di misurare la gravità dell'offesa di Dio e chi è Dio. Vedendo come l'uomo fosse incapace di riparare degnamente e quanto il Padre amantissimo desiderasse la salvezza dell'umanità, avevo accettato di farmi io stesso peccato, al fine di poterlo espiare dando ad un tempo soddisfazione alla Giustizia e all'infinito Amore. Dall'istante in cui, per il tradimento, ero stato consegnato in mano a quelli che avevano già decretato la mia morte, venne ad addensarsi sull'anima mia la procella del divino rigore. Compresi ciò che importava l'essermi fatto agli occhi di Dio vero capro espiatorio per i peccati di tutti... Prima di allora mi ero sentito il Figlio delle divine predilezioni, ma dopo consumato l'atto del tradimento per parte di Giuda, avendo preso su di me anche quel nero peccato, mi sentii come fulminato dalla divina giustizia e sentii che la soddisfazione che sarebbe stata richiesta non avrebbe potuto avere addolcimenti. Rappresentavo l'intera famiglia umana, ero responsabile dei peccati di tutti...».
Lo stato d'animo di Gesù nella Passione risulta pittoricamente espresso dai Salmi e da certi brani di profezie che hanno una rispondenza tanto esatta con la realtà da sembrare scritti per descrivercela.
Essendosi voluto rivestire di tutte le nostre colpe, doveva sentirsi in una estrema abbiezione innanzi al Padre suo, oggetto d'ignominia e di disprezzo. Si direbbe quasi che l'inscindibile unione che a Lui lo univa rendesse ancor più fortemente e dolorosamente sentita la ripulsa che subiva per parte di Dio...
«Con infinito amore abbracciavo quello stato di abbiezione in riparazione, per lo zelo geloso che mi divorava per la gloria del Padre mio. Lo capivo di dargli con ciò la soddisfazione più gradita e di accumulare tesori per le anime. "Se il seme gettato a terra non muore, non produrrà il suo frutto!"». (15-3-1943).

La vera passione del cuore del Redentore

Gesù mi ha fatto comprendere come, in tutto lo svolgimento del piano della Redenzione, egli fosse sempre in perfetto accordo col Padre suo, una cosa sola con Lui. L'amore del Figlio divino per il Padre celeste, lo zelo per la sua gloria, il desiderio di compiacerlo prevalevano su tutto, erano la vera passione del cuore; la forza che sospingeva Gesù all'immolazione suprema. Neppure quando sentì pesare su di sé i rigori della Divina Giustizia si allentò la stretta che lo teneva amorosamente incatenato al Padre suo. Pur nel colmo delle sofferenze fisiche e morali, l'anima umana del Cristo, mantenne la sua direttiva di ordine sovrano, imperniandosi nella infallibile volontà di Dio.
Per i meriti suoi, possiamo noi pure sostenerci nel sacrificio con simili disposizioni, specie quando si tratti di sofferenze permesse o volute per la salvezza dei fratelli. Che cosa mai ci ha ottenuto Gesù a prezzo dei suoi patimenti! Certo egli doveva aver di mira ciascuna delle sue anime e per tutte e per ciascuna in particolare volle portare il peso della salvifica croce e versare il suo Sangue. Nessuno potrà sfuggire al dolore, se non altro dovrà subire la morte, e chissà in quale maniera... Per chi si associa intimamente alla Passione redentrice, la sofferenza è sorgente di luce e chiave d'oro che apre le porte del Cielo e di tutti i suoi tesori di grazia, primo dei quali è l'intimità di amore con Dio. Questo è il frutto più dolce della Croce di Gesù. Per essa veniamo sollevati al Padre. (18-3-1943).

La fiamma d'amore che configura al Cristo crocifisso

Continuano gli insegnamenti di Gesù sulla necessità che abbiamo di investirci profondamente delle impronte della sua Passione. Per «investimento della sua Passione» è da intendersi quella cooperazione attiva che l'anima deve prestare perché gli effetti della Redenzione valgano a farle raggiungere quel grado di santità al quale è attesa. La vita spirituale non ammette arresti, ma di continuo deve far procedere nell'ascesa. Un tale ascendere richiede l'energico superamento di tutti gli ostacoli che la natura e l'inferno possano frapporre. La sofferenza è uno dei mezzi scelti da Dio per farci superare gli ostacoli, vincere le resistenze, purificare dalle scorie, riparare e redimere. Dopo che Gesù si è voluto servire di essa per la sua opera di Redenzione, è divenuta (come lo era dopo il peccato, ma in altro modo) legge di vita per l'uomo. Nessuno va esente dal soffrire, ma per il cristiano, e tanto più per il consacrato, il dolore deve divenire la fiamma di amore che, configurando al Cristo crocefisso, solleva alle più alte vette dell'unione con Dio. Importantissima la meditazione sulla Passione per illuminare l'intelletto, fortificare la volontà e accendere il cuore di vero amore di carità. La conoscenza dei patimenti del Figlio di Dio, come primo effetto di grazia sull'anima, le dona l'impulso ad una più piena - e generosa conformità alla volontà divina in ogni sua impronta: siano prove interne od esterne, contrarietà, sofferenze di ogni genere..., accogliendo tutto con assoluto abbandono, inalterabile tranquillità di spirito e costante sorriso sul labbro. Inoltre, questo investimento della Passione stimola ad un progressivo avanzamento nella perfezione della carità, che muove ad offrire, in unione alla Vittima divina, per il bene di tutti, a costo pure dell'assoluto dissanguamento del cuore. L'efficacia di una tale offerta non dipende tanto da un grande soffrire, quanto dalle disposizioni interiori che l'accompagnano.
Investirsi della, Passione equivale a venire investiti del vero spirito eucaristico, essendo l'Eucaristia il memoriale della Passione. Lo stato sacramentale di Gesù apre al mio spirito orizzonti sconfinati. Vi trovo la vita della carità, in tutta la sua feconda attività di bene, esplicante un meraviglioso apostolato universale. Affondandomi e lasciandomi investire dal palpito divino del Cuore Eucaristico di Gesù, sento di poter compiere nella maniera più efficace e gradita la mia missione che abbraccia tutto il mondo. (1-4-1943).

L'accordo tra il massimo del dolore e la pienezza della felicità

Il Divino Maestro mi continua a scoprire il segreto della sua Passione interiore, e più che fermarmi all'impressione che suscita la vista del suo Corpo straziato dai flagelli, vuole che fissi il suo Cuore e che, nella mia pochezza; mi studi di accordare il mio al palpito perfettissimo della sua carità per il Padre e i fratelli. Questo palpito ha in sé tale ricchezza, ampiezza e ardore da mutare in gaudio ogni più cruda sofferenza, da far sentire vivissima la brama del martirio, dell'immolazione, così come ardentemente bramava lui il suo battesimo di Sangue. A noi rimane incomprensibile questo accordo tra il massimo del dolore e la pienezza della felicità, quale risuonò perfettissimo nell'Uomo-Dio. Ma per la generosità del nostro Salvatore sono state addolcite tutte le nostre pene e per la grazia, frutto della Redenzione, possiamo noi pure arrivare a gustare il gaudio fin nella sofferenza.
Sono stata ulteriormente illuminata sulla unione di Gesù con Maria, durante la Passione. Si trattava di una fusione di anime tale da dare l'impressione del contatto anche fisico, fin nei momenti durante i quali si trovavano materialmente lontani l'uno dall'altra. Se la partecipazione alla Passione è stata data a tante anime privilegiate, ben naturale che sia stata data nel grado massimo alla Madre, che è una cosa sola col Figlio. Ogni strazio subìto da Gesù fece stigma sul cuore di Maria. Entrava nel piano divino, che, col Redentore, fosse la Corredentrice. Uniti nella colpa i progenitori associati nell'espiazione l'Adamo e l'Eva novelli. Nel periodo culminante della Passione, dall'agonia del Getsemani al Calvario, l'amore reciproco fra Madre e Figlio si manifesta in tutta la pienezza. Era un dolcissima conforto, ma insieme un aumento di sofferenza, un più squisito martirio. Il Divino Maestro sapeva di poter fare pieno affidamento sulla fortezza della Madre sua, ma ben conoscendo quale immenso sacrificio le chiedeva e quanto a fondo sarebbe stato trafitto il suo cuore sentiva di doverla confortare con le sue finezze e riversare in lei tutti i tesori del suo amore.
Il punto che più valeva a sostenere l'eroica fortezza della santissima Vergine in quella associazione alla immolazione redentrice era la sempre più ampia conoscenza che il Figlio le comunicava del Padre suo. Ciò valeva ad accenderla di uno zelo sempre più infuocato per la sua gloria e per la salvezza delle anime. Nel più acuto dello spasimo, il Salvatore ebbe presenti le sue anime, specie quelle prescelte a continuare l'immolazione riparatrice, e per esse venne offerto l'eroico dissanguamento dei cuori di Gesù e di Maria. Nell'ora più grave della Passione, mentre il Figlio divino agonizzava sulla croce e ai piedi di essa, trapassata dalla spada del dolore, stava eretta la Madre, si accumulavano per noi quei tesori di grazia che ci avrebbero sostenuti fedeli e perseveranti fino alla fine. (2-3-1950). Gesù, nel colmo della sua Passione, si manteneva col pensiero ed il cuore sollevati al Padre, con una sottomissione adorante, colma di amore, che tacitamente elevava dalla terra al Cielo il più sublime canto di glorificazione a Dio. Ad ogni colpo, sembrava che quell'ineffabile inno di carità si elevasse di tono, si colorisse di espressione ed assumesse una ricchezza di armonia piena, accordandosi al Magnificat di Maria. Il Signore vorrebbe che noi continuassimo al Padre questa glorificazione graditissima e sapessimo offrirgliela nei momenti delle più crocifiggenti prove. Se una volta sola fosse dato sperimentare gli effetti salutari che susseguono ad atti così generosi, si gioirebbe ad ogni occasione che potesse presentarsi... (9-3-1950).

I frutti dell'immolazione in Gesù Cristo

Il giorno di Pasqua sono stata favorita di una luminosa manifestazione del trionfo del Figlio di Dio sulla morte. Più che rappresentativa per i sensi, è stata chiarissima all'intelletto e quanto mai ricca di salutari ammaestramenti. Dopo aver passato una Quaresima nell'assorbimento di tutte le prove che il Signore ha permesso, ecco che la Divina Bontà ha voluto farmi vedere i frutti dell'immolazione in Gesù Risorto, le cui Piaghe gloriose ne sono un ornamento meraviglioso e cantano la gloria dell'Altissimo. Sono rimasta ammirata nel contemplare il compiacimento col quale il Padre applaude al trionfò della sua stessa onnipotenza. Nella Risurrezione del Figlio, Egli àmmira gli effetti di grazia della grande opera compiuta dal Redentore e vede risorti alla grazia tutti i redenti. Due particolari mi hanno maggiormente impressionata: 1. L'ordine sapientissimo, mirabile che è in Dio e che da Lui viene impresso su tutta la creazione; 2. Il lacrimevole disordine portato dal peccato. Nei fini di Dio tutto è permesso per ristabilire l'ordine e salvare le anime. Sembrerebbe impossibile che dovessero cadere a vuoto gli effetti della Redenzione, frutto di tanto martirio di tutto il preziosissimo Sangue di Gesù... Eppure, quasi ciò non bastasse (sovrabbondando i delitti), si rende necessario un attuale contributo d'immolazione per parte di anime scelte alla riparazione. La Madonna ha confermato: "Senza sofferenze è impossibile riparare e impetrare"». (6-4-1945).
Con la sua Pasqua, Cristo dotò la Chiesa, d'immense ricchezze, frutto della sua Passione e del suo Sangue.
Di tutti i misteri della vita di Cristo, quello della Risurrezione è il più grande, perché corona l'opera sua con un trionfo che associa la terra al cielo. Giustamente la Chiesa considera la Pasqua la solennità delle solennità, perché fu in quel giorno che il suo Sposo la dotò d'immense ricchezze, frutto della sua Passione e del suo Sangue. Da quel momento s'iniziarono gli intimi rapporti, d'ammirabile commercio fra l'Altissimo e i redenti. Nel Cuore del divino Risorto mi sembra di rilevare un triplice motivo di compiacimento: - 1) per la massima gloria che la sua Risurrezione rende al Padre; 2) per il diritto acquistato dai redenti ad una rinascita spirituale (perché incorporati a Lui) ed alla fruizione delle ricchezze della sua grazia; 3) per il consenso ottenuto dal Padre di poter elevare ai più alti gradi dell'amore e dell'unione fino ad associarle ai gaudi del suo trionfo le sue creature fedeli. (2.7-4-1943).

III. IL SANGUE DI CRISTO E IL MISTERO EUCARISTICO

Gesù realizza l'abbraccio della Divinità con l'Umanità in virtù del suo Sangue

In principio, Iddio volle l'uomo come re del creato, capolavoro fra le meraviglie tratte dal nulla; ed impresse su di lui la sua divina somiglianza. Si compiaceva il Creatore di ogni creatura, ma il massimo compiacimento intendeva trarlo dall'uomo, appositamente dotato d'intelligenza e di volontà perché fosse capace di conoscere e amare il suo Dio. Leggendo il libro della Genesi, ci si meraviglia dell'intimità dei familiari rapporti che Iddio aveva coi nostri progenitori. Ma è l'amore di un tenerissimo Padre per i suoi figlioli! Ed anche dopo la prevaricazione, il decreto dell'Amore eterno avrebbe trionfato e le tristi conseguenze della colpa (l'allontanamento da Dio) sarebbero state annullate mediante la Redenzione, Incarnazione, Passione e Morte del Figlio di Dio. Con l'unione ipostatica, Gesù realizza nella maniera più sublime l'abbraccio della Divinità con l'Umanità, in virtù dei meriti del suo Sangue prezioso, per la riconquistata grazia che si trasmette mediante i Sacramenti, ogni anima potrà venire riammessa all'intima comunione col Padre, goderne le visite e i tocchi divini. Questo è il desiderio dell'Altissimo: possedere nel suo amore la sua creatura, averla per sé, a sua piena disposizione, per il solo compiacimento del suo amore. Per dare al Padre una così bramata soddisfazione, Gesù è rimasto con noi nei SS. Sacramento: vincolo di carità e di unità col Padre, attraverso al suo Cuore. Tutta la meravigliosa attività che il nostro Redentore sacramentato dispiega è appunto per facilitare la nostra vita di comunione col Padre celeste. Non si richiede altro se non il docile abbandono alla condotta divina e una collaborazione generosa al lavoro che la grazia compie nell'anima per renderla gradita al Padre. (23-6-1949).

Nella S. Messa l'implorazione potente del Sangue di Gesù

Nella S. Messa, ad ogni consacrazione eucaristica, si rinnova l'implorazione potente del Sangue di Gesù e sarà soltanto per il Sacrificio dell'altare che potranno ottenersi la pace e la misericordia al mondo. Nel grande istante della consacrazione si rinnova la palpitante realtà di un'offerta immensamente gradita al Padre, di grandissimo valore soddisfattorio e impetratorio: la stessa che fu presentata nel Cenacolo e consumata sulla Croce. Nella luce della Verità mi è apparsa la sfolgorante potenza del Sacerdozio del Cristo in due momenti che si completano a vicenda: il Cenacolo e il Calvario. La prima Messa di Gesù Sacerdote, l'istituzione del nuovo Sacerdozio e dei Sacramenti, traenti la loro efficacia dal preziosissimo Sangue e dal Sacrificio cruento del Golgota. Ora le nostre Messe sono la reale ripetizione di quei momenti sublimi ed è ancora il cuore vivo di Gesù, in tutta la perfezione della sua carità, che rinnova l'offerta di sé per la salvezza dei fratelli.
Intimamente associata all'offerta è pur sempre Maria, come lo fu ai piedi della Croce. Tutto quello che è del Figlio appartiene alla Madre; e non è possibile immaginare quanto questa fusione di palpiti torni gradita a Dio e fruttuosa per tutta la Chiesa.
Nulla difetta al valore del Sacrificio Eucaristico. Eppure la continuazione delle offese fatte a Dio esige per l'applicazione degli effetti della Redenzione un certo contributo d'immolazione da parte nostra. Dio sceglie alcune anime per questa missione riparatrice e le vuole associate al Sacrificio della Croce e dell'Altare. Per le purissime mani di Maria al momento della consacrazione dobbiamo presentare la nostra offerta. per ottenere misericordia e salvezza al mondo intero. (20-9-1948).

La voce del Sangue di Gesù si eleva continuamente al Cielo

Vorrei saper spiegare quello che ho compreso riguardo alla S. Messa. Mentre il Sacerdote è all'altare, si ripete realmente quello che avvenne nel Cenacolo e sulla Croce. Gesù si sostituisce al suo ministro e nella pienezza del suo carattere pontificale rinnova al Padre l'offerta già consumata, rimanendo nella più fervida perorazione onde ottenere al suo popolo misericordia e perdono.. È il nostro amorosissimo Salvatore che supplica e guai se dalla terra non si levasse continuamente al Cielo la voce del suo Sangue!
La Chiesa è perseguitata, i suoi ministri insultati, incarcerati, esiliati, martirizzati e mentre il veleno settario si dilata, la Porzione eletta viene avvilita dall'infedeltà di alcuni suoi membri. La divina Giustizia è provocata al massimo ed è per questo che Gesù viene quasi a mendicare un contributo dalla nostra miseria. Studiamoci di appagare i suoi desideri con quella fedeltà di amore che lo compiaccia interamente. Dal suo Costato aperto lascia sgorgare una bella luce infuocata, dirigendola sulle nostre anime per renderle atte al compito della riparazione e dell'impetrazione. Siamo in un Cenacolo dove l'eterno Sacerdote è sempre in atto di offerta e di perorazione. Io lo vedo così e non mi resta che seguire la preghiera sacerdotale di Gesù per la sua Chiesa, il suo Vicario, i suoi ministri e per tutte le anime. (1-2-1951).

Le nostre minime offerte nel Calice della salvezza

Nella vita eucaristica, per il SS. Sacramento che ne è il cuore, ogni minimo atto di fedeltà assurge ad un grande valore. Le nostre minime offerte, immerse nell'onda vivificante del preziosissimo Sangue, vengono col Calice della salvezza offerte al Padre, che le ricambia in torrenti di grazia. Se in questa via si vuole conservare la serenità, senza stare troppo a considerare il soffrire, bisogna offrire. Chi offre, ama. Chi offre, si dimentica. Chi offre, interamente si dona. (1-5-1942).

La piccola stilla del nostro soffrire unita al Sangue dell'Agnello

Mi pare di vedere la grazia genuina della vocazione eucaristica. Di preferenza medito su questi punti: Gesù nello stato sacramentale, la mistica rinnovazione del Sacrificio del Gólgota nella Messa, Gesù in funzione di Pontefice Sommo, l'opera della Redenzione sempre in atto, l'efficacia inesauribile dell'offerta della Vittima divina, alla quale soltanto si deve se questa povera terra non è stata ancora inabissata. Il Signore invita le sue anime a farsi ostie di propiziazione con Lui, a collaborare generosamente per l'attuazione del suo programma di salvezza, affinché l'intera umanità possa in eterno glorificare il Padre. (17-6-1944).
Il più intimo contatto con Dio avviene quando generosamente il soffrire viene trasformato in offerta d'amore. L'anima vede in quel dolore un dono, una visita d'amore e adorando, bacia la mano che la percuote, non desiderando se non che in lei si compia la divina Volontà. In questo modo l'anima eucaristica vive continuamente la S. Messa, ponendo nel calice la stilla del suo contributo. Mentre la piccola stilla va confondendosi col Sangue preziosissimo dell'Agnello Immacolato, alla transustanziazione, Gesù, rivestendo l'anima dei preziosi meriti della Redenzione, la presenta al Padre suo. (14-9-1944).
Il nostro sacrificio quotidiano, unito al Sacrificio Eucaristico, impreziosito dai meriti del Sangue di Gesù, acquista una straordinaria efficacia d'impetrazione. Ciò vale per tutte le anime e in modo speciale per le anime consacrate. Queste, in tutte le manifestazioni della loro vita, anche mediante le azioni più comuni, sono sempre nell'attività dell'offerta, come se celebrassero continuamente la loro Messa. Così si possono ottenere dal Padre innumerevoli grazie, tanto più copiose quanto più queste anime saranno intimamente immedesimate a Gesù. (12-8-1946).

Gesù solleva a sé le anime conquistate a prezzo del suo Sangue

Il divino Maestro mi ha fatto intendere come sia esigenza del suo amore che il santuario che deve accoglierlo sia nella trasparenza di un candore di fedeltà che volontariamente non trascuri il minimo dei doveri. Le inevitabili fragilità, per la forza del Sole Eucaristico, rimangono purificate e, quando non vi siano ostacoli, la grazia penetra in tutta l'anima, comunicandole la vita stessa di Dio. Niente, tanto glorifica Gesù quanto il poter sollevare con sé al Padre le anime conquistate a prezzo del suo Sangue. (11-2-1946).

IV. OFFERTA DEL SANGUE DI GESÙ

Luci sulla devozione del Preziosissimo Sangue

Il preziosissimo Sangue! Avevo dodici anni quando un giorno, dopo essermi confessata da Mons. Alfonso Archi, nel fare il ringraziamento, in Cattedrale, dinanzi al SS. Sacramento, mi fu dato un lume per il quale distinsi con chiarezza le sette effusioni del preziosissimo Sangue. Da quel momento sentii (il Signore stesso me lo insegnava) come per implorare grazie dovessi offrire al Padre quelle sette effusioni. Dopo molto tempo, da religiosa, parlai di questa illuminazione al card. Giorgio Gusmini, che desiderò diffonderne la pratica. Quando andai a Como (a conferire con Mons. A. Archi) eravamo ospiti delle Suore Canossiane. Notai che ogni giorno esse recitavano la coroncina dei Sette dolori della Vergine santissima e, mentre pensavo che si sarebbe potuto adottare quella pratica, Gesù mi disse che noi Ancelle Adoratrici del SS. Sacramento avremmo dovuto, nelle diverse ore del giorno, offrire le sette effusioni del suo preziosissimo Sangue. (6-5-1938).

Offriamo spesso il Sangue di Gesù

Offriamo all'Altissimo Iddio il Sangue preziosissimo del suo Figlio divino, sparso per la nostra salvezza. Che forza ha questo Sangue! Sappiamo unire al suo grido potente il nostro grido di fede e di amore per ottenere pietà e misericordia a questa povera umanità sofferente! (28-12-1944).
Preghiamo perché il Sangue preziosissimo di Gesù scenda come onda purificatrice, rigeneratrice, fortificante a consolare tutti i cuori con la sua virtù divina. Offriamo spesso il Sangue di Gesù all'eterno Padre per i bisogni della nostra santa madre Chiesa, per il trionfo della Religione, per la conversione dei poveri peccatori, in suffragio delle Anime sante del Purgatorio. Fin da bambina ho avuto questa bella devozione al preziosissimo Sangue di Gesù e posso dire che - invocandolo - ho visto operare dei veri miracoli di misericordia sulle anime dei peccatori. Il Signore stesso ha voluto che da noi si offrano con devozione - nelle ore del giorno corrispondenti -le sette effusioni del suo preziosissimo Sangue, essendo quest'Opera scaturita dal suo Sacro Costato e compiacendosi Egli di effondere in essa continuamente quell'onda santificatrice. (3-7-1943).

V. IL SANGUE DI CRISTO LAVACRO DI MISERICORDIA

Sotto il torrente impetuoso del Sangue divino

Uno dei mezzi più efficaci che l'infinita misericordia di Dio ha messo a nostra disposizione per far rivivere, conservare ed aumentare la grazia è il Sacramento della Penitenza. Se sapremo valercene con spirito di fede, compresi della potenza dell'assoluzione sacramentale che applicando i meriti del preziosissimo Sangue agisce sull'anima ben disposta come un secondo battesimo, usciremo dal confessionale intimamente rinnovate, pure, splendide, trasparenti. La Confessione per me è sempre un grande Sacramento e quando ho la fortuna di accostarmi ad esso mi pare di essere più in Cielo che in terra. Nel momento dell'assoluzione sento di essere sotto il torrente impetuoso del Sangue divino, che mi purifica e mi rinnova. (6-5-1938).
Sinceramente convinte della nostra assoluta incapacità al bene, nella tranquillità dello spirito, esaminiamo la nostra coscienza, ed escludendo turbamenti e raggiri di amor proprio, accusiamo con schietta semplicità le nostre colpe, ponendoci con fiducia piena sotto la Croce nel momento in cui dal Sacro Costato trafitto di Gesù sgorga il salutare torrente del preziosissimo Sangue. I frutti assegnati da Gesù a questo gran dono del suo amore saranno tali da corroborare la volontà perché possa proseguire con rinnovato ardore il cammino.
Per vivere in pieno la vita della grazia non trascuriamo di valerci degli aiuti potenti che la Chiesa ci offre mediante Sacramenti. Per poterci immedesimare alla Vittima divina e insieme ad Essa continuare la supplica, l'offerta, l'adorazione che plachi ed ottenga il trionfo della grazia su tutti i redenti, dobbiamo purificarci da ogni ombra e penombra. Immergiamo il cuore e tutta l'anima negli abissi di bontà, di misericordia, di grazia che fluiscono dai Sacramenti, per vivere di Dio, con Lui, per Lui e di Lui nel palpito infuocato della divina Carità. (Da un'istruzione. 9 dicembre 1937).

Purificata nel tuo Sangue prezioso

Signore Gesù, totalmente annientata nel profondo abisso della mia miseria, mi prostro davanti alla tua infinita bontà per umiliarmi e accusarmi di tutti i miei peccati commessi dall'uso di ragione fino a questo momento in pensieri, parole, opere e omissioni e di tutto quello che mi ha reso colpevole al tuo cospetto di tutto, Signore, ti chiedo perdono e ti domando di venire purificata e rigenerata nel tuo Sangue prezioso. Immersa in questo lavacro di misericordia, intendo iniziare una nuova vita di grazia e venire continuamente e nuovamente immersa nel gran Calice che su tutta la terra viene offerto al tuo Divin Padre nelle ventiquattro ore del giorno. Così purificata, possa io venire adoperata da te per i fini della mia santa vocazione. Amen.

VI. MARIA SS. NEL MISTERO DEL SANGUE DI CRISTO

La Madre e il Figlio uniti in un'unica offerta per la Redenzione

La mia buona Madre celeste mi ha fatto penetrare gli abissi di dolore che si aprirono nel suo Cuore il giorno della Presentazione di Gesù al tempio. Fin dal Natale ella aveva offerto al Padre il Bimbo divino, cosciente di quello che significava la sua offerta, non essendole stato nascosto il piano della Redenzione, ma in questa presentazione ai sacerdoti dell'antica legge vedeva, contrariamente al significato della cerimonia, una sanzione ufficiale, che ebbe la sua sensibile conferma nella profezia di Simeone. Il divin Padre l'aveva fortificata mediante un profondo tocco di grazia, ma il colpo di quella prima spada penetrò tanto a fondo da dividerle quasi l'anima dal corpo. Fu per un miracolo se ella poté sostenersi in quel punto e in tutti i momenti successivi che maturarono il compimento di quella cruda profezia, fin sotto la croce. Le parole di Simeone, delle quali già conosceva l'intimo senso, misero innanzi al suo intelletto tutto il mirabile piano della Redenzione: piano di infinito misericordioso amore per l'uomo; insieme a tutti i particolari dell'immolazione di quel suo innocentissimo Agnello che avrebbe sparso tutto il suo Sangue e che poi fino alla fine dei secoli avrebbe continuato misticamente la sua immolazione, sempre ricambiato da tanta incomprensione e ingratitudine. In quale oceano di spasimo affondò a quella vista il cuore immacolato di Maria! Con quanta generosità unì all'offerta del Figlio quella di tutta se stessa! In vista del gran piano della Redenzione da portare a compimento delle anime da salvare e della gloria che ne sarebbe venuta al Padre, precorrendo il «fiat» di Gesù, sorbi l'amarissimo calice. (3-2-1947).
Fin dal primissimo istante in cui la Divina Carità venne a palpitare nel cuore di Gesù ebbe inizio la sua passione d'amore e fin d'allora lo bruciava il desiderio di quel battesimo di Sangue che avrebbe sigillato l'alleanza nuova, la riconciliazione delle anime col Padre. La sua vita terrena non era se non per l'incendio dì questa fiamma. Il cuore della Madre naturalmente fu il primo a venirne acceso. Gesù le comunicava segretamente i suoi disegni e il modo in cui si sarebbero attuati, infiammandola dello stesso suo zelo, che la muoveva a rinnovare spesso l'offerta di Lui quale vittima accetta al Padre. Ella comprendeva così la convenienza della sofferenza per la Redenzione, e pur vedendo quale sarebbe stato il martirio richiesto a Gesù e a lei, a tutto consentiva con una generosità immensa. (20-2-1947).
Quando nel momento più solenne dell'ultima Cena, Gesù si elevò in un supremo slancio di amore al Padre suo, volle intimamente associare a sé la Madre sua ed insieme rinnovarono la loro offerta onde temprarsi per l'imminente consumazione del sacrificio. S'incontrarono in un'ineffabile fusione di amore. Da quel punto Maria si trovò ad essere una cosa sola col Figlio, ed assai più che se gli fosse stata personalmente accanto, gli fu realmente vicina in maniera che ogni sussulto, ogni sofferenza morale e fisica faceva stigma in lei. Era un flusso e riflusso di sofferenza fra i loro cuori, che si completavano in un'unica offerta degna del Padre e interamente accetta. Soltanto il Redentore é la sua santissima Madre potevano soffrire per così puro amore. E con quale dignità e fortezza!
Le anime chiamate ad associarsi intimamente alla Passione per fini di riparazione e di salvezza dovrebbero rispecchiarsi in questi Modelli. Quando il dolore viene da Dio è sempre accompagnato da una tale unzione di grazia, che lo rende, non soltanto sopportabile, ma per l'anima generosa e amante sorgente di gaudio. (23-2-1947).

I frutti del Sacrificio che ci ha redenti affidati a Maria

L'eccezionale elargizione di grazia della Pentecoste - questo secondo adombramento dello Spirito di Dio - costituì solennemente la Vergine Madre della Chiesa. Il Divin Padre, che aveva voluto donarci il suo Figlio per mezzo di Maria, volle ancora servirsi di Lei per elargire alla Chiesa il suo Spirito. In quel punto Ella ricevette dalla SS. Trinità la solenne investitura della sua maternità universale di grazia su tutti redenti. Sotto l'azione degli ardori illuminanti del Paraclito, Maria vide lo svolgimento della vita della Chiesa e il compito che Ella avrebbe dovuto svolgere per l'accrescimento e lo sviluppo di essa: compito materno tutto simile a quello per Gesù. La Vergine benedetta, dopo il Mediatore Gesù, è Mediatrice di grazia; perché avendo cooperato tanto da vicino alla Redenzione (essendo suo il Sangue del Riscatto) conveniva le. venissero. affidati, per distribuirli alle anime, i frutti del Sacrificio che ci ha redenti. (1-5-6-1943).

Maria santissima calice vivente, del Sangue divino

Parla Gesù: «In questo periodo di pervertimento io mi compiaccio di riversare i torrenti della mia grazia sulle mie piccole anime fedeli. L'amore e la grazia che tanti rifiutano andrebbero calpestati e dispersi se non vi fossero, anime riparatrici che col loro amoroso annientamento si chinassero a raccoglierli. Adornate da essi, divengono compiacimento di Dio, che le solleva fino a sé rendendole tramiti di misericordia per la povera umanità. È una missione che deve continuare quella della Madre mia. Ella non permise che andasse calpestata e dispersa nessuna goccia del mio Sangue: tutto lo riassorbì».
Queste ultime parole hanno aperto al mio spirito un orizzonte nuovo. Non mi ero mai fermata ad una simile considerazione, e la luce che ne ho ricevuta al riguardo è stata tanto forte da convincermi di una verità, che potrà forse essere discussa. Mi è parso di vedere Maria santissima fatta calice del Sangue divino di Gesù. Quel Sangue preziosissimo, man mano che veniva sparso, era raccolto da invisibili Angeli e portato a Lei che (non saprei se realmente, come il Sacerdote quando si comunica, oppure misticamente) lo attraeva in sé, per forza di amore. Quel Sangue miracolosamente raccolto e conservato in Lei come tesoro di inestimabile valore, Ella, Vergine sacerdotale, continuamente offre alla Santissima Trinità a favore delle anime: compito che prolungherà fino alla fine dei tempi, fino a quando la Redenzione abbia avuto il suo perfetto compimento. Mi pare che sia per questo privilegio che la Madonna è tanto potente e vedrei ciò molto conveniente alla sua Maternità divina. Dopo questa illuminazione vedo Maria tanto grande che non farei che annientarmi, ammirare, venerare. Quali rivelazioni si degna fare il Signore sulle ricchezze della Madre sua!
Quando in passato ebbi l'impulso della devozione che avremmo avuta per il preziosissimo Sangue, facendo continuamente il pio ricordo e l'offèrta al Padre delle sette Effusioni, sulle prime non fui compresa, ma ora vedo la strettissima relazione che ha con la nostra missione. «Voi dovete continuare a raccogliere misticamente il mio Sangue come faceva la Madre mia e presentarlo con le pure intenzioni di Lei alla Santissima Trinità», dice Gesù. Nella gloria gli eletti ammireranno in eterno nella Vergine santissima la porpora preziosa alla quale debbono la loro felicità. Sono poche le anime che conoscono a fondo Maria santissima. Fin dal momento dell'Incarnazione, con intimo gaudio che mai si smentì, Ella abbracciò con generosità eroica tutte le permissioni divine, che fin da quel punto esigevano dal suo cuore un completo dissanguamento. L'Altissimo, sapendo di poter contare su di Lei, non la risparmiò. Il piccolo immacolato Agnello, destinato al sacrificio, volle venire alimentato da un sangue stillato da un martirio d'infuocata carità: ecco perché doveva rimanere depositato in Lei il suo Sangue, quale tesoro di tutte 1e grazie conseguite dalla Redenzione. La divina Madre - vera Vergine sacerdotale - continua nella gloria ad offrire al Trono dell'Altissimo il prezzo cruento della Redenzione, per effonderne i mirabili frutti di grazia e di misericordia su tutte le anime. (1-2-1940).

L'offerta del Sangue di Gesù ottiene misericordia al mondo

Ho veduto la Santissima Vergine guardare con accorata compassione una parte della sua eredità. Pare, vi sia una minaccia di nuovi conflitti. Diverse Nazioni si armano per- una terribile guerra. I mezzi micidiali che si vorrebbero adottare sono tali da ridurre in breve popoli e città allo sterminio. Sarebbe un vero massacro! Sembrava che la Madonna, per placare l'Altissimo, gli presentasse qualcosa che aveva in mano. Sulla nostra Nazione, alle mie insistenti suppliche, poneva una difesa, promettendo scampo e salvezza. Avendole domandato come avremmo potuto ottenere misericordia per tutti, ha risposto: «Tenetevi unite all'offerta, del gran Calice della Salvezza; valetevi con fiducia di questo validissimo mezzo, e la voce del Sangue del Figlio, unito alle vostre offerte, presentato dalle mani e dal cuore della Madre vostra - che terrete con voi ad ogni consacrazione eucaristica - vi otterrà, dalla bontà del Padre, clemenza ed ampia effusione di misericordia, che annienterà vittoriosamente tutti i rabbiosi sforzi dell'inferno». (16-9-1948).

La leva per risollèvare l'umanità dall'abisso

Gli avvenimenti umani precipitano paurosamente. Un diluvio di mali piombano su questa misera terra. Sento una grande compassione per tutti. Ed ho supplicato la SS. Vergine di volermi indicare quale sia il mezzo più efficace per piegare l'Altissimo ad intervenire al più presto colla sua misericordia. Ha risposto che l'unica impetrazione valida è quella del suo Figlio Divino, che, in qualità di Pontefice, continua per noi la mistica rinnovazione del suo Sacrificio nei Misteri Eucaristici.
Gesù-ostia: ecco la leva potente, che ci rimane per risollevare l'umanità dall'abisso! Nessun'altra offerta, all'infuori di questa, potrà perorare con grido più valido. Noi possiamo valercene ad ogni istante ed offrire al Divin Padre l'Ostia immacolata per la salvezza di tutti.
La Madonna ha confermato la grande potenza d'impetrazione di un'anima eucaristica pienamente abbandonata alla forza del divino amore. Immergiamo le stille del nostro quotidiano sacrificio nel gran Calice della salvezza per unire la nostra alla supplica di Gesù è per Lui e con Lui piegheremo il Divin Padre ad intervenire per la salvezza della Chiesa e del mondo. (11-5-1944).

L'offerta del preziosissimo Sangue è la chiave d'oro per aprire il Purgatorio

In occasione della solenne proclamazione del dogma dell'Assunta venni illuminata sulla grandezza dei privilegi di Maria e vidi questa eccelsa Regina, fedele specchio degli splendori divini nel suo trono di gloria. Niente è mutato lassù, ma per questo riconoscimento della Chiesa militante pare che le sia stato conferito un maggior potere per ottenere, la salvezza dei redenti, specie nel momento del loro estremo passaggio. La mia buona Madre m'invita a seguirla nelle sue visite al Purgatorio, spronandomi a dare quel contributo che soltanto finché si rimane nel tempo è possibile dare. Una chiave d'oro è infatti posta nelle nostre mani per aprire le porte dell'oscuro carcere: le nostre preghiere e le nostre sofferenze avvalorate dai meriti del Sangue del Salvatore, e particolarmente dalle Sante Messe che vengono celebrate, le quali ottengono con la massima efficacia la liberazione delle Anime penanti. "Aiutami, figliola, mi esortava la Madonna, industriati per darmi sempre qualcosa in favore delle mie povere esiliate. Offri spesso il Sangue preziosissimo del mio Gesù, intensifica la supplica, valorizza al massimo le Sante Messe che si celebrano". (13-11-1950).
Al presente il Signore aggiunge ai miei campi di apostolato quello vastissimo del Purgatorio, additandomi nel preziosissimo Sangue nel Sacrificio dei nostri altari un sicuro mezzo di conquista. Basterebbe l'impegno per la liberazione delle Anime del Purgatorio per occupare attivamente tutta una vita. Tuttavia la Madonna mi ha significato di non limitarmi a questo, ma di darmi a tutti i fini che vengono abbracciati dalla carità, facendo miei tutti gli interessi dello Sposo, e mi ha portata a rendermi conto di tutte le necessità della Chiesa, del suo Capo, della Sacra Gerarchia, della grande famiglia religiosa, dell'intera comunità cristiana e di tutti i problemi della società di oggi. Come sono rari i santuari domestici che rispondano alla loro missione! Mi ha poi additato una grande massa, disordinata, inquieta, ridotta in lacrimevole condizione: i poveri figli peccatori, tenerezza del suo materno cuore: «Puoi ottenere molto per tutti questi fini valendoti dei mezzi usati anche da me per cooperare alla Redenzione. Io mi valevo dei tesori del Cuore divino e ne rinnovavo continuamente l'offerta al Padre insieme alla mia sofferenza, e voi dovete fare altrettanto». (16-11-1950).
Nell'ultima visita fatta con la Madonna al Purgatorio, ero rimasta colpita alla vista di un'Anima che emergeva tra le altre per un genere di pena che muoveva a pietà. Ne rimasi tanto impietosita che incominciai a pregare per essa, esprimendo alla Madonna il desiderio di vederla liberata o almeno alleviata. Incominciai a indirizzare a tale fine la preghiera che recito ogni mattina, offrendo al Padre le sette effusioni del preziosissimo Sangue di Gesù, tutte le Sante Messe che si celebrano e la potenza, dell'istante eucaristico.
(Questa è la mia preghiera vocale, e mentre la recito, mi sento quasi sollevata fino al seno del Padre che in segno di gradimento, la esaudisce con larga effusione di grazia per tutte le intenzioni espresse. A questi fini indirizzo pure tutte le pratiche della comunità e delle singole nelle 24 ore del giorno). Durante la S. Messa avevo ancora presente quella povera Anima, ma non avrei mai osato sperare una così grande manifestazione di amore misericordioso da parte del Signore.
All'improvviso torna a me la Madonna, ma questa volta per farmi assistere a uno spettacolo che mi ha lasciata smarrita dallo stupore. Ella stessa ha chiamato per nome il giovane al quale portava la grazia della liberazione. Al primo richiamo pareva che l'Anima, stentasse a persuadersi di essere proprio lei chiamata... poi svincolata dall'enorme peso che l'opprimeva, si è slanciata a volo fra le braccia di Maria che gli si tendevano in attesa. Prima di questa scena non avevo ancora compreso quanto la Madonna ami i poveri peccatori. L'aspetto ripugnante di quel fortunato, al tocco della Madre divina, assunse una bellezza attraente, e così venne consegnato all'Angelo custode. Ebbe un pensiero di gratitudine per chi gli aveva ottenuto quell'insperata liberazione e, colmo di giubilo, spiccò il volo. Gesù stesso si è fatto incontro all'Anima che faceva il suo ingresso nella celeste Gerusalemme e stringendosela al cuore, ha comunicato a tutti gli eletti la felicità che gli veniva da quel trionfo della sua misericordia. Festa generale! Gaudio pieno, traboccante, esaltante la verità delle parole evangeliche: «Si fa più festa, in Cielo per un peccatore che si salva, che non per un giusto». Il Redentore, stringendo al seno la pecorella ritrovata, non aveva per essa che manifestazioni della più tenera bontà. Nessun accenno ai molti traviamenti passati; all'odio portato alla Chiesa e ai suoi Ministri... Quell'Anima fortunata si beava dell'amore del suo Dio, e la prova di predilezione che Gesù le dava, veniva ammirata con stupore da tutti gli Angeli e i Santi. Questa scena toccante, mi ha accesa del desiderio di cooperare a tutto potere alla salvezza dei peccatori e alla liberazione delle anime che debbono maggiormente espiare in Purgatorio, e mi è stata di monito riguardo alla benevola indulgenza con la quale vanno trattate le anime più colpevoli. Preghiamo e immoliamoci generosamente: vedremo in Cielo l'immenso frutto delle nostre preghiere e del nostro sacrificio. (9-11-1950).

Dopo l'Ascensione di Gesù, Maria continuamente offriva al Padre il preziosissimo Sangue
La vita della Madonna, dopo l'Ascensione di Gesù, fu un continuo martirio tanto simile alla Passione interiore del Figlio, giacché gli stessi motivi derivanti dal puro amore trafiggevano quasi spade a doppio taglio, l'anima sensibilissima della divina Madre. Noi non possiamo che vagamente intuire tale sofferenza. La Madonna, nel Figlio glorioso e risorto, vedeva l'immagine del Padre e lo adorava nell'annientamento delle sue potenze; accendendosi di sempre più vivo amore per Lui. Era la prima vittima, la prima adoratrice. Chi avrebbe, dalla terra, servito, amato, adorato Dio come si conveniva? La Madre universale si sentiva spinta a riparare, a supplire per noi tutti. Continuamente offriva al Padre il preziosissimo Sangue di Gesù, i patimenti da Lui sofferti, in unione ai suoi, a vantaggio dei redenti. Nella luce della Risurrezione, la santissima Vergine conobbe tutta la preziosità del dolore, la necessità di un contributo di sofferenza offerto per ottenere alle anime il risorgere alla grazia. Gli Apostoli, la sempre crescente famiglia dei credenti chiesero tanto alla sua generosità ed Ella pensava ad offrire anche per le generazioni future. Prevedeva la continuazione della lotta, delle persecuzioni, vedeva la Passione del Capo misticamente rinnovata e completata nelle membra del Mistico Corpo di Cristo e ciò la faceva spasimare non meno che sotto la croce. L'offesa a Dio, l'incorrispondenza all'Amore le trapassavano il cuore, consumandola. Ma era per il pregio di quell'offerta, per quel purissimo olocausto d'amore che saliva gradito fino al Trono dell'Altissimo che la Chiesa prosperava e avrebbe finito per trionfare.
Questo compito di Maria non può venir meno sulla terra, e sono particolarmente le anime consacrate a Dio che debbono continuarlo. (5-4-1951).

VII. CORONCINA EUCARISTICA DEL PREZIOSISSIMO SANGUE

O Dio, vieni a salvarmi.
Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.

Trinità amabilissima, ti offriamo il grande prezzo con cui fummo redenti: il Sangue divino dell'Agnello, Immacolato, un giorno tutto sparso ed ora tutto misteriosamente racchiuso nell'Ostia santa. Accettalo, Signore, per l'esaltazione della tua Chiesa, per la santificazione dei Sacerdoti, per la salvezza del mondo, per la nostra fedeltà perseverante.

Adoriamo in eterno il Santissimo Sacramento.

Prima contemplazione: La Circoncisione

Sul nudo legno del presepio, le carni tenere di Gesù bambino vengono trafitte dalle mani di Giuseppe. Gli è imposto il nome di Gesù. Le prime gocce del Sangue divino brillano come nel calice. Anche il Sacerdote, chino sull'Ostia appena consacrata, con le parale della consacrazione del vino fa misticamente sgorgare il Sangue di Gesù nella fragilità del Sacramento. Adoriamo le primizie del Sangue eucaristico.
(Pausa di silenzio).

V. Ci hai redenti, o Signore, con il Sangue dell'Agnello.
R. A cui si deve gloria, onore e benedizione nei secoli.

Seconda contemplazione: L'orazione nell'Orto degli ulivi

Ai piedi dei grandi olivi, nella penombra, Gesù prega e agonizza. Gli Apostoli dormono. Silenzio profondo: non si odono che i palpiti del Cuore divino. Schiacciato dal peso delle nostre colpe, il Cuore di Gesù, con veemenza, nello spasimo dell'agonia spreme da tutto il corpo un copioso sudore di sangue che inonda il terreno.
Anche il Sacerdote, dopo aver caricato sull'Ostia i peccati del mondo stendendo le mani, nella consacrazione eucaristica spreme misteriosamente, con la forza delle parole, le gocce del Sangue divino, tutte raccolte nel calice, che richiama l'altro calice innanzi a cui Gesù pregò: "Se è possibile, passi da me!"
(Pausa di silenzio).

V. Ci hai redenti, o Signore, con il Sangue dell'Agnello.
R. A cui si deve gloria, onore e benedizione nei secoli.

Terza contemplazione: La flagellazione

Con le mani legate e il dorso profondamente incurvato, Gesù, la Vittima divina, sta immobile sotto i colpi furenti dei soldati romani, che pazzamente crescono d'impeto e di foga. Questa è la più grande effusione del Sangue divino. Dalle carni adorabili fatte a brandelli, il Sangue sgorga a rivoli. È una pioggia che lava l'universo:
Nel Sacramento dell'altare la sferza dei peccati dell'umanità, ingrossando, ferisce il Cuore di Gesù con uguale veemenza. Consoliamo il Cuore Eucaristico con un amore degno di Lui.
(Pausa di silenzio).

V. Ci hai redenti, o Signore, con il Sangue dell'Agnello.
R. A cui si deve gloria, onore e benedizione nei secoli.

Quarta contemplazione: La coronazione di spine

Sul capo di Gesù vien posta una corona di spine. Gli vengono resi omaggi crudeli: Ave, o re dei Giudei! Le spine, sotto le percosse, penetrano, nella fronte dell'Uomo-Dio.
Anche nel Sacramento Gesù è ferito dalla superbia di coloro che rifiutano di credere alla sua, presenza reale. Adoriamo e ripariamo.
(Pausa di silenzio).

V. Ci hai redenti, o Signore, con il Sangue dell'Agnello.
R. A cui si deve gloria, onore e benedizione nei secoli.

Quinta contemplazione: La salita al Calvario

Gesù sale il Calvario e, sfinito per il dissanguamento, sotto il peso della croce, vien meno. La via che percorre è segnata dal suo Sangue, che la moltitudine sacrilegamente calpesta.
Anche nel Sacramento Gesù Ostia percorre la via dei secoli lasciandovi tracce del Sangue del suo Cuore, che la freddezza dei suoi e i peccati del mondo ancora gli fanno versare. Siamogli vicini con la nostra fedeltà.
(Pausa di silenzio).

V. Ci hai redenti, o Signore, con il Sangue dell'Agnello.
R. A cui si deve gloria, onore e benedizione nei secoli.

Sesta contemplazione: La crocifissione

Sulla croce Gesù versa le ultime stille; perché ormai non ha più Sangue nelle vene... Il dissanguamento rende cocente la sua sete: «Ho sete!»; grida. E dissanguato, rende lo spirito al Padre.
Anche nella consacrazione eucaristica si rinnova la sua morte, per una misteriosa separazione del suo Sangue, raccolto entro il calice, dal Corpo racchiuso nell'Ostia, sebbene Egli sia interamente presente sotto ambedue le specie. Anche dagli altari rinnova il grido del suo Sangue: «Ho sete!». Dissetiamo Gesù con tutte il nostro amore e portiamogli con il sacrificio molte anime
(Pausa di silenzio).

V. Ci hai redenti, o Signore, con il Sangue dell'Agnello.
R. A cui si deve gloria, onore e benedizione nei secoli.

Settima contemplazione: la ferita al Cuore

A Gesù, composto nella pietosa immobilità della morte; il centurione romano apre il Costato ed il Cuore; ne escono Sangue ed acqua, simboli della Chiesa e dei Sacramenti, ma specialmente dell'Eucaristia, che è il Sacramento dell'amore.
Da quell'Ostia Egli ci apre un rifugio, c'invita ad entrare, vuole che riposiamo, specialmente nella S. Comunione, entro il suo Cuore eucaristico e vi gustiamo il frutto del suo amore infinito.
(Pausa di silenzio).

V. Ci hai redenti, o Signore, con il Sangue dell'Agnello.
R. A cui si deve gloria, onore e benedizione nei secoli.

I Quaderni Sanguis Christi
possono essere richiesti direttamente a:
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Via Narni, 29
00181 ROMA - Tel. (06) 78 27 1 54 / 78 87 0 117.


Ancelle Adoratrici del SS. Sacramento - Via Murri, 70 - 40137 Bologna - tel 051-62.36.792

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