Serva
di Dio |
Gesù ha scelto il pane per rimanere con noi
30 luglio 1942
Gesù va ripetendo:
«Com'è possibile considerarmi un estraneo? Ho scelto un punto minimo,
la cosa più comune: il pane, per attirare maggiormente le anime ed unirmi
più intimamente ad esse.
Ho eletto questo estremo di annientamento e di nascondimento, pur conoscendo che
molti ne avrebbero fatto oggetto di sarcasmo e delle più sacrileghe offese.
Se volessi, potrei con un solo cenno inabissare i colpevoli; ma questi poveri figli
traviati continuo a tenerli in me, non li abbandono, non li privo dei richiami della
mia grazia e li inseguo con la misericordia fino all'ultimo respiro».
Come una tenera madre continua ad amare il proprio figlio anche se ne venisse calpestata,
così, e infinitamente più, l'amore del Cristo moltiplica le sue finezze,
le sue premure per la salvezza dei peccatori.
Gesù è rimasto sulla terra, nel suo stato sacramentale, al fine di
sanare gl'infermi e ricondurre all'ovile la pecorella smarrita.
Quanto li ha amati e quanto li ama i peccatori!
Gesù ci porta tutti in sé, nell'abbraccio della sua carità.
Tutti indistintamente siamo in quell'abbraccio: le consacrate, i semplici cristiani
e anche i peccatori. In quel seno di amore ognuno trova le grazie necessarie a raggiungere
la salvezza e la santificazione, a seconda del divino disegno su ciascuno.
Come dovremmo saperci valere dei tesori posti a nostra disposizione con tanta generosità
di amore!
Con la più semplice, familiare spontaneità, dovremmo parlare continuamente
a Gesù: sempre, ma tanto più nella Comunione! Quale dono ci fa il Signore,
venendo a noi!
La forza travolgente dell'amore di Gesù
11 agosto 1942
Gesù mi ha ripetutamente
invitata a considerare l'istante dell'istituzione del SS. Sacramento:
«Fu una forza travolgente, una forza incontenibile di divina carità
che mi spinse ad istituire l'Eucaristia.
Fu l'amore per le mie creature, il desiderio di potermi unire intimamente ad esse
fino a farmi una cosa sola con ciascuna per sollevarle con me al Padre, che mi determinò
ad inabissarmi nell'annientamento sacramentale.
La mia brama più ardente era ed è quella di poter ammettere le anime
alla più intima comunicazione di amore col Padre mio, di svelare ad esse i
suoi tesori di grazia e i suoi disegni di misericordia.
Fin dall'istante della istituzione del SS. Sacramento, al mio sguardo profetico furono
presenti tutte quelle anime, che il divino disegno avrebbe associate alla mia opera
redentrice; e per tutte quelle, che avrei potuto stringere nell'abbraccio della Comunione,
il mio Cuore ebbe un palpito d'immenso amore.
Questo fuoco, questo ardore di carità arde vivo nell'Ostia. E, quando l'anima
si abbandona interamente alla sua forza, viene purificata, liberata da tutte le scorie
e trasformata dalla grazia così da venire gradatamente identificata a me.
Se le anime sapessero quanto sono amate!».
Il tempio e la reggia, dove Dio dimora
5 settembre 1942
Il Signore desidererebbe
che le anime comprendessero tutta la preziosità della vita eucaristica; e,
come già alla Samaritana, ripete:
«Se conosceste il dono di Dio e quale fonte di acqua viva avete sempre a disposizione,
quanto più copiosamente ne attingereste!
Non è ancora conosciuta, neanche dalle anime buone, la potenza della mia vita
eucaristica. Eppure, proprio per la forza del mio annientamento sacramentale, si
opererà un meraviglioso rinnovamento nelle anime e nel mondo.
Mi occorrono anime, che sappiano offrirsi e donarsi senza riserva. Per rendersi atte
a divenire tramiti delle mie misericordie, basta presentarsi innanzi alla SS. Eucaristia
con la disposizione di abbandonarsi al mio amore e di donarsi a me. Il resto lo faccio
io».
Quando l'anima, senza mire di interessi personali, senza pretese né sgomenti
per lo stato di aridità nel quale possa essere tenuta, saprà rendersi
fedelissima al suo compito di adoratrice, verrà, se pur insensibilmente, ricolmata
di tanta grazia da spanderla ampiamente intorno a sé.
Per meglio convincermi di questa verità, ha voluto farmi vedere una di queste
sue anime eucaristiche. Ne sono rimasta rapita di meraviglia. La piccola anima, innanzi
al SS. Sacramento, rinnova a Gesù l'atto del suo totale abbandono alla forza
del suo amore e viene dal Sole divino irradiata in tutte le potenze spirituali e
così dominata dalla grazia che il suo interno si trasforma in un magnifico
tempio, in una reggia splendida, che l'Altissimo sceglie a sua dimora.
Questo desidera il Signore: non gli ornamenti ricchi e artistici che possano fregiare
i tabernacoli o gli ostensori, ma il contatto, il palpito vivo dei cuori delle sue
dilette creature.
Il Sacramento di amore è stato istituito per questo. Quando Gesù sacramentato
e l'anima formano una cosa sola, la vita eucaristica produce i suoi frutti.
Gesù vuole la perfetta fusione dei cuori
1 febbraio 1943
Mai come in questo momento
avevo sperimentato un'unione tanto forte ed intima con Gesù. Una simile intimità
di rapporti non l'avrei mai creduta possibile sulla terra.
A Lui parlo semplicemente di tutto: lo ringrazio, magnifico la sua bontà,
offro il valore infinito del suo istante eucaristico al divin Padre per ottenere
misericordia al mondo.
Su tanto turbinio di tempesta, l'unica luce che brilli fra le tenebre è l'Eucaristia.
Credo alla sua potenza; e mi tengo tranquilla e sicura. Gli avvenimenti avversi,
le tante prove che vanno moltiplicandosi non velano al mio sguardo la vista del mio
Dio e di tutte le sue infinite perfezioni. Cerco di rimanere immersa in Lui; e, più
mi affondo, più ardo della fiamma della divina carità che mi divora
di zelo per la sua gloria e per la salvezza di tutte le anime.
È per me un vero tormento vedere quale vampa di odio, quali ingratitudini,
quali oltraggi salgano dalla terra al Trono di Dio. Vorrei avere a mia disposizione
eserciti di anime fedeli ed amanti per tutte impegnare alla riparazione.
Dopo la S. Comunione, mentre ringraziavo Gesù del dono immenso che ci fa donandosi
a noi e rimanendo con noi, mi ha risposto essersi incarnato per il compimento dell'opera
redentrice, per poter appagare il suo infinito amore, che si soddisfa in pieno nell'unione
colla sua creatura.
Nell'unità di comunione con Lui è tutta la forza della nostra minima
via. Quante volte in passato, durante le mie adorazioni notturne, Gesù parlava
di questo desiderio del suo amore, facendomi osservare come le manifestazioni fatte
alla prediletta discepola S. Margherita Maria Alacoque non fossero state intese che
troppo superficialmente, alimentando una devozione che non arriva a soddisfarlo in
pieno, non raggiungendosi per essa quella unità che egli brama stringere con
i nostri cuori!
Il Cuore divino è vivo e palpitante nell'Eucaristia. E, soltanto comprendendo
ove debba attingersi e trovare l'amore, si giungerà alla perfetta fusione
dei cuori.
Dai centri dell'adorazione deve diffondersi questa luce salutare, che sarà di grande aiuto alla Chiesa.
4 febbraio 1943
Gesù mi lascia intuire
come nello stato sacramentale, in cui lo tiene il suo amore per noi, egli vuole operare
i prodigi della sua onnipotenza, servendosi di una piccola anima, interamente abbandonata
a Lui: «Ti manifesto un segreto: tutto potrete ottenere, se, immedesimate al
mio annientamento sacramentale, offrirete al Padre la potenza di amore del mio istante
Eucaristico, istante che riassume la mia vita di Pontefice Sommo ed Eterno, di Adoratore,
di Vittima di lode, di Avvocato che sempre intercede per voi. Perché questo
istante sia operativo, deve prima essere accolto da una piccola ostia viva, deve
attraversare un cuore che ne comprenda la forza, un'anima resa canale, capace di
trasmettere le meravigliose operazioni della grazia».
È quello che potrei dire avviene in me in questo tempo. Mi sento realmente
attraversata da una forza di ardore consumante, che mi fa bruciare di amore per il
mio Dio e per le anime. Mi convinco sempre di più non essere possibile il
cooperare agli alti fini per i quali il Signore vuole adoperarci, se non vivendo
in profondità e pienezza la vita eucaristica.
Gesù ci vuole specie vive transustanziate
27 settembre 1943
Comprendo e vivo in sempre
maggiore profondità l'essenza della vocazione eucaristica. Mi sento in un
unico palpito con quello del mio Dio e mi meraviglio di trovarmi ancora prigioniera
in questa angusta prigione corporea.
Potrei dire coll'Apostolo Paolo: «Non sono più io che vivo; è
Gesù Sacramentato che vive in me» (Cfr. Gal 2,20).
Mentre mi sento sostenuta anche fisicamente, mi trovo configurata a Lui nelle interiori
disposizioni e, attraverso me, Lui continua la sua ininterrotta lode ed impetrazione
al Padre.
Nello stato sacramentale, ove l'amore lo tiene in apparente inazione, Gesù
opera, ma non senza il concorso della sua povera creatura.
Le specie sacramentali, che vengono transustanziate [1] debbono venire sostituite da altre specie vive,
coscienti, intelligenti e libere, cioè dalle anime eucaristiche, nelle quali
Gesù, mediante una delicatissima operazione di annientamento, si sostituisce
alla loro vita naturale, rendendole vivi serbatoi di grazia, che potranno cooperare
efficacemente nell'opera della Redenzione.
Non si richiede altro che una delicata fedeltà e un confidente abbandono.
Il punto che dobbiamo proporci di raggiungere al più presto è l'intimità
con Gesù, l'immedesimazione alla sua vita eucaristica, che vincerà
le ombre di morte in noi e, attraverso noi, nel mondo intero.
Il sentirsi pervasi dal suo respiro di vita fa pregustare la beatitudine. L'anima
viene compenetrata da una pace, che pare associarla all'immutabilità di Dio.
Entriamo nel respiro di Gesù Sacramentato e comprenderemo meglio l'essenza
della vocazione eucaristica [2].
Come abbiamo ricevuto l'esistenza dal respiro del Creatore, così Gesù
vuole darci di momento in momento una nuova vita di grazia, mediante il suo respiro,
che richiede da parte nostra la reciprocità, cioè il nostro annientamento
voluto con amore, perché egli cresca mentre noi diminuiamo (Cfr Gv 3,30).
Tutto quanto in noi contrasta colla grazia deve venir mortificato.
Le piccole ostie immedesimate nella grande Ostia, nascoste come le radici del grande
albero della Chiesa, divengono così potenti in impetrazione e per le loro
preghiere si affretta il regno di Dio sulla terra.
Gesù ci comunica il respiro di Dio
2 ottobre 1943
Gesù si compiace
di tenere sul cuore le sue anime eucaristiche, in grazia delle quali farà
misericordia al mondo, comunicando ad esse il suo palpito, il suo respiro, la sua
vita di grazia e di carità.
«Quando l'azione del mio amore può dominare liberamente nell'anima,
vi annienta quanto vi trova di umano per potersela assimilare a sé».
Dio vuole che il suo respiro sia, fin da quaggiù, la nostra vita. In cielo,
la beatitudine consisterà nella partecipazione, che in vari gradi verrà
data agli eletti di questo respiro di Dio. A me pare che questa semplice parola dica
tanto. Vi trovo espresso il coronamento dei decreti divini sulla creatura intelligente.
Da quando appresi come l'Altissimo, nella creazione dell'uomo, gli infuse, con un
respiro, la vita, ebbi qualche intuizione dell'amore di Dio per la sua creatura,
pur rimanendo assai lontana dalla comprensione, che mi è stata data in seguito,
particolarmente in queste ultime comunicazioni.
Quando l'anima giunge a riportarsi in Dio per la sola forza del respiro da Lui ricevuto,
sicché Dio solo si ritrovi in lei, mi pare lo possa glorificare e compiacere
massimamente.
Il respiro di Dio non è altro che la sua Essenza, ed è insieme l'abbraccio
del suo amore all'anima nostra; è una comunicazione di luce, di grazia, una
beatificante immersione nell'abisso delle sue ineffabili perfezioni.
Se il solo pregustamento che possiamo averne fin dall'esilio è tanto soave,
che sarà mai quando ne godremo tutta l'ampiezza in Patria? Purtroppo la creatura
ha in sé la melmosa corrente del peccato originale, che di continuo si oppone
e ostacola la libera espansione del respiro di Dio.
Mentre Gesù mi spiegava come il suo respiro sia la vita degli eletti in cielo,
per un attimo me ne ha lasciato intuire qualcosa. E l'anima si è sentita in
un contatto così diretto ed immediato con Lui da non poterne significare la
dolcezza e il gaudio. Mi si è aperta la visione della Patria celeste ed ho
avuto l'intuizione dell'occupazione dei beati comprensori, nei quali l'Altissimo
allarga l'espansione del suo respiro. E il Paradiso non sarà che questo: Dio
all'anima e l'anima a Dio!
Il Redentore è ponte fra cielo e terra
14 ottobre 1943
Vivo vita trinitaria, immersa
in Dio; ed ho una chiara e semplice intuizione del grande mistero. Vedo in uno splendore
unico, ma nella distinzione delle Persone, come veramente il Verbo è il pensiero
del Padre e lo Spirito Santo il loro reciproco Amore e sento come questo ineffabile
mistero vive nell'anima mia.
Dio non è lontano da noi. Un solo velo, questo involucro corporeo, ci separa
da Lui che imprime il suo triplice riflesso su ciascuna creatura intelligente, essendo
ogni anima in particolare un capolavoro del suo amore.
In Dio appare in mirabile luce la Creazione, che prevale sulla Redenzione, essendo
quest'ultima il restauro della prima. Quale dono immenso l'essere stati tratti dal
nulla per venire associati alla stessa vita divina, mediante la grazia quaggiù
e nello splendore della gloria, eternamente felici in Dio, lassù!
Per i meriti della Passione di Gesù, l'anima veramente fedele può godere
fin dall'esilio questa anticipazione della beatitudine. Il Divin Padre, vedendo nell'anima
la rassomiglianza con il diletto Figlio, si china con compiacenza su di essa, facendole
gustare la soavità del suo paterno abbraccio.
Il più delle volte questa grazia di unione rimane nelle oscurità della
fede, ma non è (per il fatto che non torni avvertita dal sentimento) meno
reale e ricca di salutari effetti.
Condizione indispensabile al perfetto svolgimento della vita di grazia è il
silenzio interiore, l'ordine, il dominio della passioni, il vuoto, che non vengono
interamente raggiunti, se non in seguito ad un coraggioso lavoro d'ascesi.
Ora il Signore mi dà questo programma: «Devi essere il mio respiro».
Non mi torna difficile nelle disposizioni, nelle quali mi trovo al presente perché
la pienezza che sento di Dio mi tiene impegnata nell'amore, nell'adorazione, nel
ringraziamento.
Prevale il rendimento di grazie, perché l'attributo che maggiormente mi attrae
ed il di cui splendore sembra che superi quello degli altri, lo vedo nella divina
Bontà.
In questo periodo, saturo di rigore, in cui la Giustizia esige piena soddisfazione,
prevale ancora la Bontà e sento di dover riconoscere nell'Altissimo il Padre
infinitamente buono, che punisce per purificare e per salvare e, strappando dall'inferno
le agognate prede, assicurare ai figli amatissimi la felicità eterna.
Non sono insensibile alle sofferenze che travagliano la povera famiglia umana ed
impetro continuamente dal Padre celeste le grazie più fervidamente invocate.
Il raggiungere l'unità con Dio perfeziona al massimo la nostra carità
fraterna. Apprezzo l'esilio per la possibilità che offre di pregare e immolarsi
per i fratelli.
È certo che i contatti col cielo rendono il vivere sulla terra cosa assai
difficile e penosa. L'anima, tolta dal suo elemento di vita, lo cerca in tutto e
ogni orma che vede di Dio nel creato la solleva a Lui con intensificato desiderio.
Le bellezze create dovrebbero appunto servire all'uomo per facilitargli il raggiungimento
dell'ultimo fine.
Dopo il peccato, sarebbe stato difficile servirsi ditale via, se il Redentore non
si fosse fatto Lui stesso ponte fra la terra e il cielo. Rimasto con noi nel SS.
Sacramento, offre ad ogni anima di buon volere la luce che porta all'Eterno splendore.
Il mezzo sovrano per non sospendere la perfetta adorazione del Padre è quello
di valersi di Gesù, della sua vita eucaristica, unendo la propria immolazione
(inseparabile dalla fedeltà ai propri doveri) alla perenne, mistica immolazione
di Lui sugli Altari, e quella presentare di continuo all'Altissimo.
Non si dimentichi inoltre che l'accettazione amorosa di tutte le prove e sofferenze,
tradotte in offerta, inclinano Dio ad effondere sull'anima le finezze della sua paterna
Bontà.
Ho supplicato la SS. Vergine a volermi insegnare come si possa rimanere col Padre
in quella continua unità che non ebbe sospensioni per la sua anima; ed ella
mi ha consigliato: «Lo consideri quale Padre buono, trattando con Lui con semplicità
e filiale confidenza». La diffidenza, il terrore della sua Maestà debbono
lasciarsi a coloro che non lo conoscono.
L'Eucaristia è capolavoro di grazia, la massima meraviglia di Dio
20 dicembre 1943
Gesù chiama l'Eucaristia
il suo capolavoro di grazia. Fin da quando, negli altissimi consigli tenuti in seno
alla SS. Trinità riguardo ai mezzi che si sarebbero offerti all'uomo per la
Redenzione, si trattò di questo adorabile Sacramento, esso rifulse davanti
al Padre come la massima meraviglia, che supera di gran lunga la preziosità
di ogni altro dono di grazia.
I favori più straordinari, dei quali possano venir gratificate alcune anime
privilegiate, sono un'ombra di fronte all'Eucaristia, che porta alla creatura non
già un simbolo o una figura, ma vivo e vero il Verbo Incarnato in tutto lo
splendore della sua Umanità gloriosa.
Il SS. Sacramento a chi lo considera con fede rivela la sua origine divina. Soltanto
la Sapienza e l'Infinito Amore di Dio- Carità poteva istituirlo nel modo in
cui è stato istituito. In esso è una finezza di amore, che dovrebbe
rapirci di meraviglia.
Per un delicatissimo riguardo alla nostra piccolezza e miseria Gesù ha eletto
di rimanere nel nascondimento della sacre specie, ove tutto attrae, incoraggia ad
accostarsi con filiale confidenza. Il che non avverrebbe, se vi mostrasse svelato
lo splendore della sua divina Maestà.
Ci si dona come pane per significarci come ardentemente desideri averci nella più
stretta intimità dell'amore, divenendo l'alimento assimilato un cosa sola
colla nostra vita. Gesù anela infatti l'assimilazione spirituale con noi,
ci vuole assimilati a sé per trascinarci così nella stessa corrente
di amore che lo porta al Padre, in consumazione di unità con Lui.Che cosa
sarebbe disposto ad operare in favore delle sue creature, essendo rimasto con noi
appunto perché ci gioviamo della sua onnipotenza? Gesù ha voluto questo
modo di presenza sacramentale per riguardo alla nostra condizione mortale, per animarci
alla confidenza, per conquistare il nostro amore, perché ci appoggiamo a Lui
e della sua Umanità ci serviamo come di ponte per valicare l'abisso, che altrimenti
ci dividerebbe dalla Divinità.
Quanto mi sento grata al Divin Padre per averci dato Gesù ed avercelo lasciato
nell'Eucaristia come Via per andare a Lui!
Corrispondenza ed ingratitudine umana
23 dicembre 1943
Sul globo terrestre, avvolto
nell'oscurità di uno spaventoso uragano di guerra, una sola Luce rimane, capace
di fugare le tenebre: il SS. Sacramento. I suoi raggi sono volti particolarmente
sulla Chiesa e sulla Porzione eletta: Sacerdozio e grande Famiglia Religiosa. Se
da parte nostra dessimo tutta la corrispondenza che saremmo tenuti a dare, si vedrebbero
prodigi!
Ma (non avrei potuto crederlo, se non mi fosse stato mostrato nello specchio della
Verità) Gesù Sacramentato è lasciato tanto solo! L'incomprensione,
l'indifferenza, l'apatia spirituale tengono le anime lontane da Gesù, sì
che, anche se si accostano materialmente visitandolo, ricevendolo in Comunione, il
contatto non può stabilirsi e Gesù rimane solo.
Egli lamenta l'abbandono in cui è lasciato, l'ingratitudine delle sue creature
che lo costringe all'impotenza proprio quando vorrebbe compiere meraviglie in ordine
ai disegni di santità che ha sulle anime e per il risanamento della società.
Gesù mi ha fatto vedere quello che la sua grazia compie nell'anima che si
pone ad adorarlo compresa del suo niente e disposta ad aderire ad un totale spogliamento.
Dall'ostensorio, la investe del suo raggio, che segretamente opera in essa una distruzione
di tutto quello che in qualche modo potesse contendergli il pieno dominio del Tempio
vivo che si è eletto a dimora, poi, dopo averlo liberato dagli ostacoli, lo
adorna meravigliosamente. Sotto questa operazione, si direbbe che l'anima venga divinizzata,
tanto tutte le potenze acquistano luminosità, trasparenza, e si rendono atte
alla più alta contemplazione e adorazione.
La fedele corrispondenza alla grazia dell'istante è sufficiente per fare di
noi quei veri adoratori in spirito e verità che il Padre desidera.
L'Eucaristia è l'ultima perfezione della Creazione e della Redenzione
19 giugno 1944
La vita eucaristica, più
è approfondita, più diviene luminosa. In essa è la sorgente
di inesauribili ricchezze spirituali.
Ogni solennità del Corpus Domini mi porta nuove luci sul SS. Sacramento e
l'ultima che ho ricevuta mi pare le superi tutte.
L'ineffabile Mistero Eucaristico mi è parso come il compendio e il coronamento
di tutte le meraviglie operate da Dio: l'ultima perfezione della Creazione e della
Redenzione. Soltanto in cielo (ove pare che l'Eucaristia permanga) ne vedremo le
meraviglie.
Gesù ne ha riservata l'istituzione all'ultima sera della sua vita, perché
l'ultimo doveva essere il più perfetto di tutti i suoi doni. Sacramento di
carità, vincolo di unità, l'Eucaristia avrebbe dato compimento al primo
ideale del Padre nella Creazione.
Il Verbo, incarnandosi, ha assunto una natura umana per poter offrire all'Altissimo
l'unica vittima capace di saldare il debito dell'umanità, ma questo fatto
dimostra già come Dio voglia associare la creatura alla sua grande opera di
restaurazione.
È il più grande onore che possa farle. Dopo la Passione e morte di
Gesù, questo si continua nelle membra del suo Mistico Corpo, incorporate a
Lui particolarmente mediante il SS. Sacramento.
Questo vale per tutti i cristiani, tanto più per le anime consacrate. Esse
fanno della loro immedesimazione al Cristo la loro legge di vita e della sua perenne
immolazione il loro ideale. Per la potenza del suo Sacramento d'Amore, Gesù
completa, attraverso le anime che interamente gli si sono donate, la sua Passione
per il compimento dei suoi piani.
10 luglio 1944
Fortunatamente vi è sulla terra chi attira le compiacenze del Padre: Gesù nel SS. Sacramento, perché senza il candore di quell'Ostia non si potrebbe sperare salvezza. L'Eucaristia forma come una bellissima regione di candore, ove col Figlio di Dio possono permanere le anime fedeli, sotto il compiacente sguardo dell'Altissimo. E il mondo dovrà finalmente comprendere a chi deve lo scampo dall'estrema rovina.
La riconoscenza è il profumo dell'amore
3 agosto 1944
Studiamoci di fondere la
nostra voce alla voce di Gesù, immedesimandoci, per amore, all'annientamento
del suo stato sacramentale. Soltanto stabilendoci nel perfetto ordine della grazia,
potremo dare tutta la perfezione possibile al nostro canto di ringraziamento. Non
è forse il primo dovere della creatura tanto beneficata da Dio quello di rendergli
le dovute grazie?
La riconoscenza è il profumo dell'amore, il canto spontaneo del cuore amante.
Per questo torna di tanto gradimento all'Altissimo l'espressione della sincera gratitudine.
I doni divini non debbono passare inosservati, esigono di venire magnificati.
Al nostro difetto di riconoscenza è impegnata a supplire la Corte celeste:
Angeli e Santi. Organo della perfetta lode in glorificazione del Padre è lo
stesso Cuore Eucaristico di Gesù.
Gesù vuole trionfare su tutti i cuori
24 agosto 1944
L'anima non può
vivere la vita eucaristica, se non si abbandona pienamente, totalmente, in balia
dell'Amore di Dio.
Questa dedizione incondizionata compiace il Signore, molto più che i rigori
di una penitenza austera; ed è più atta a placarlo e indurlo ad usare
misericordia al mondo.
Dio avrebbe potuto scegliere altri mezzi per redimerci, ma l'Incarnazione del Verbo,
la sua vita, la sua passione e morte avrebbero meglio convinto del suo amore gli
uomini ed attirate irresistibilmente le anime.
A coronamento di tanti attestati di amore, ha voluto istituire l'Eucaristia per assicurarsi
un pieno trionfo su tutti i cuori, rimanendo realmente con i suoi fratelli sempre,
fino alla fine dei tempi, nel SS. Sacramento.
Non pensiamolo inaccessibile, ma vediamolo qui con noi, desideroso che gli creiamo
intorno un caldo ambiente di famiglia.
«Il donarmi come pane, sotto forma di alimento, non dovrebbe esprimere abbastanza
fino a qual punto io desideri rendermi intimo alla mia creatura? Il nutrimento viene
assimilato, ma nella S. Comunione sono io che assorbo, assimilo, fino ad associare
alla mia vita l'anima che mi riceve! Non la sgomenti la sua povertà. Se mi
ama, io rivestirò con i miei meriti e le mie ricchezze la sua povertà,
gloriandomi di presentarla al Padre mio».
Dio desidera un'intima comunione d'amore colle sue creature
19 novembre 1945
Giovedì scorso,
durante l'adorazione solenne, Gesù attrasse a sé l'anima mia e la portò
a penetrare nel Cenacolo proprio nel momento dell'istituzione dell'Eucaristia, e
con infinita bontà mi aprì i segreti del suo Cuore.
«In quell'istante avevo presente anche te e tutte le anime, nelle quali avrei
potuto trovare corrispondenza di palpiti. Quanto ardente era allora il mio desiderio
di intima comunione d'amore con le mie creature! Fu la forza di quel desiderio che
mi fece trovare il modo di appagarlo, rimanendo con gli uomini nello stato sacramentale
come Pane di Vita, mediante il quale avrei potuto, assimilandoli a me, sollevarli
fino al Padre».
Mentre così diceva, vedevo i meravigliosi effetti della reale presenza di
Gesù con noi nella Messa, nella Comunione, nel Sacramento dell'Altare. Quali
inestimabili ricchezze!
Poi mi fissai su Gesù e lo vidi nel momento, in cui, quasi trasportato da
un'incontenibile veemenza di amore, ideato il modo di appagare le sue brame, sollevò
lo sguardo al Padre per sollecitarne il consenso. Che ineffabile incontro fu quello!
Erano sempre uniti, ma quello fu un momento di particolarissima comunione dell'Uomo-Dio
con il Padre divino. Sono nella più assoluta incapacità di ridire quanto
ho intuito di quell'incontro.
Un mare di dolcezza, un oceano di amarezza, perché nello stesso punto furono
presenti i trionfi, le conquiste dell'amore e le ingratitudini, le incomprensioni,
i tradimenti. Giuda era là presente, quasi ad esprimere la somma delle empietà
sacrileghe che la malizia umana avrebbe moltiplicate lungo i secoli intorno al Sacramento
dell'Amore.
Vi fu una lotta immane nel Cuore del divin Maestro. Il timore che il suo dono potesse
essere causa di maggiori offese al Padre suo (e sarà questa angoscia che,
nell'orto del Getsemani, lo farà uscire nel grido: Padre mio, tutto a te è
possibile, allontana da me questo calice!) stava per trattenerlo. Ma l'ultima vittoria
volle essere dell'amore. E il Cuore di Gesù volle tenere presente soltanto
il compiacimento che avrebbe tratto dalle anime fedeli e amanti. Questo miraggio
di amore addolcì fino a renderle desiderabili, le sofferenze acerbe e tutti
gli strazi dell'imminente Passione.
21 febbraio 1946
In questo periodo, allorché
mi trovo innanzi al SS. Sacramento, vengo illuminata e direi quasi fatta spettatrice
degli effetti della grazia, che il Sole Eucaristico produce nelle anime, specie nella
Porzione eletta della Chiesa.
Tuttavia molti di quei raggi vivificanti sono respinti e restano senza effetto, con
incalcolabile danno delle anime. Il Signore rispetta la libertà della sua
creatura, non l'obbliga neppure a ricevere i suoi doni.
Quando l'anima, pur sotto la stretta della tentazione e della prova, rimane strettamente
vincolata al suo Dio, anche se, per naturale fragilità, incorresse in qualche
imperfezione, ciò non sospenderebbe il lavoro della grazia. Ma se, diffidente
per la prova, si distogliesse dal Signore per volgersi a quanto aveva lasciato, gli
stessi favori ricevuti non farebbero che rendere più precipitosa la sua caduta
nell'abisso. Fa tremare questa verità!
Accennando alle prove dello spirito, il Divino Maestro ha parlato di tre gradi di
abbandono, facendoli corrispondere a tre momenti della sua Passione.
Il primo grado, al momento, in cui, nel Cenacolo, ebbe dal Padre il cenno che indicava
essere giunta l'Ora decretata per il compimento della sua Opera (il tradimento di
Giuda, le incomprensioni dei suoi, le sofferenze più tormentose per il suo
Cuore).
Il secondo grado di abbandono, al Getsemani, quando, in uno spasimo più angoscioso
di una violentissima agonia che gli spremé dalle vene un copiosissimo sudore
di sangue, uscì nella preghiera reiterata: «Padre, se è possibile,
e tutto a te è possibile, allontana da me questo calice!» (Mt 26,39).
Il terzo grado di abbandono, sulla Croce, quando proferì le parole desolate
del Salmo: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», sigillato
poi dal «Consummatum est».
Quanto ha sofferto Gesù per nostro amore! Ha voluto veramente sperimentare
tutte le nostre sofferenze per renderle strumento di purificazione, vincoli di unione
al Padre suo. E... nella delicatezza del suo Cuore, gli tornò amaro il pensiero
di dover far soffrire le anime sue più care. Ma il compimento dei divini disegni
richiese anche quel «fiat».
Se qualcosa di simile viene richiesto anche da noi, chiudendo gli occhi su tutto,
rinnoviamo incondizionatamente il nostro atto di abbandono.
Gioia di Gesù nel soffrire per la nostra salvezza
4 aprile 1946
Sul grande istante dell'istituzione
del SS. Sacramento, il Divin Maestro richiama la mia attenzione al gaudio che tutto
lo pervadeva, sapendo finalmente giunta l'Ora di poter soddisfare in pieno, con la
sua morte in Croce, i diritti della Divina Giustizia. Quanto aveva bramato quel battesimo
di sangue, che tanta gioia avrebbe dato al Padre e sovrabbondante grazia di salvezza
ai fratelli! Ed ora esulta pensando che l'uomo redento potrà tornare ad essere,
per Lui e con Lui, strumento atto alla lode e alla glorificazione dell'Altissimo.
A conseguire questo fine, non aveva trovato mezzo più efficace della sofferenza
e della morte. E appunto per diventare capace di soffrire, immolarsi, morire, Egli
si era voluto rivestire di carne umana.
Dobbiamo noi pure assolvere con gaudio la nostra missione di redenzione per la salvezza
delle anime.
18 aprile 1946
Contemplando l'istituzione
dell'Eucaristia, ho potuto meglio penetrare i pregi di sì grande dono, le
intime disposizioni di Gesù in quella memoranda sera e il rapimento sublime
e l'ineffabile conforto che trovò nella S. Comunione.
Fino a quel punto, il Cuore Divino appariva in uno straripamento di gaudio e di amore
incontenibili, ma, appena Giuda ebbe perpetrato il tradimento, il Maestro già
consegnato ai nemici apparve come la personificazione del peccato, come il vero responsabile
delle colpe dell'intera umanità, e si rimise volontariamente alla giustizia
del Padre.
Appena l'anima di Gesù avverti il misterioso abbandono del Padre, si trovò
immersa in quell'angoscia mortale, che avrebbe culminato nel Getsemani in un sudore
di sangue.
Motivo profondo di tanto dolore fu l'infedeltà di Giuda. Con quanta comprensione
e generosa corrispondenza di amore dobbiamo studiarci di riparare quelle ferite,
che misteriosamente si rinnovano in tanti altri Giuda! Gesù vuole vicine le
anime che lo amano. Dimostra di gradire la delicatezza e la finezza di amore di chi
ripara l'incomprensione e la freddezza di molti. Vuole che gli prepariamo un ostensorio
ornato di due luci: quella della gratitudine e quella della comprensione del suo
amore.
Nell'Eucaristia c'è la più perfetta adorazione del Padre
17 ottobre 1946
Quando S. Margherita Maria
[3] ebbe dal Divino Maestro la missione di dare al
mondo un'àncora di salvezza mediante la devozione al S. Cuore, non venne raggiunto
lo scopo desiderato. Il desiderio di Gesù è di far conoscere le ricchezze
della sua carità particolarmente attraverso l'Eucaristia, ove il suo Cuore
palpita vivo e vero. Nel SS. Sacramento, Sole e centro della vita della Chiesa, il
Signore ci attende per farci conoscere le ricchezze del suo amore.
Quando l'adoratrice, prostrata innanzi all'Ostia santa, adora, Gesù l'associa
alla sua stessa perfettissima adorazione al Padre, sollevandola fino ad inabissarsi
in quel seno di splendore per attingervi tutte le grazie che intende impetrare.
24 ottobre 1946
Contemplando Dio, i suoi
attributi, la Creazione, la Redenzione, lo sento vicinissimo come un Padre chino
su di noi con tanta tenerezza. Con infantile semplicità, andavo ripetendogli:
«Padre buono, quanto ti sono grata per avermi, nel tuo timore, creata, redenta
e per avermi lasciato il tuo divin Figlio nel SS. Sacramento!».
Il Padre si mostrava soddisfatto, perché soltanto per mezzo dell'Eucaristia
può salire a Lui dalla terra un omaggio capace di appagarlo, dato che a creatura,
da sola, sarebbe stata impotente ad offrirglielo.
Il nostro amore fedele, le nostre offerte, che osa sarebbero, se Gesù non
le trasformasse in altrettante note armoniose, che, con Lui, cantano il Padre la
lode e la glorificazione perfetta?
Egli è nell'Eucaristia per facilitare ciò che riesce troppo difficile
alla creatura, per essere il suo tutto. Desidera anime che si donino, che si abbandonino,
che lo lascino agire in libertà, con tutta la forza del suo amore. Ha pronti
sempre nuovi prodigi da compiere in esse: consuma tutte le loro fragilità
e ridona loro nuova vita di grazia. Gesù vuole la libertà dell'anima
per penetrare in lei; vuole che lo inviti, vuole un atto di confidenza da parte sua:
«Gesù, ti amo, confido in Te. Vieni, mi affido a Te».
Piace tanto al suo Cuore la nostra confidenza e si compiace quando gliela manifestiamo
con semplicità.
Da questo Sacramento d'amore ci viene tutto
20 gennaio 1947
Il SS. Sacramento è ancora troppo poco conosciuto, ma quando questo Vincolo di carità e di unità sarà posto in piena luce, moltiplicati i Centri Eucaristici, si espanderà da essi quella corrente di grazia che infonderà nuovo vigore di vita spirituale, vita di unità e di carità, che affretterà l'attuazione dei piani della Divina Misericordia sulla Chiesa e sul mondo.
2 ottobre 1947
Se si conoscesse il dono
che Dio ci ha fatto, rimanendo con noi nel SS. Sacramento! Per esso le anime giungono
ai più alti gradi di conoscenza di Dio, fin dall'esilio, e ai più sublimi
gradi di gloria in Patria.
La manifestazione del S. Cuore a S. Margherita Maria fu una grazia eucaristica; e
le ricchezze della Carità divina dovranno attingersi al Sacramento dell'amore.
Negli ultimi tempi, quando il SS. Sacramento avrà il suo trionfo, si affermerà
nelle anime il regno di Dio.
La vera essenza del SS. Sacramento è amore
28 aprile 1949
Gradatamente vengo fatta
penetrare nella comprensione del Mistero di amore che si nasconde nelle ombre del
Sacramento Eucaristico; ombre, che, più che nasconderlo, mi svelano il mio
Dio presente nella sua maestà e bellezza di Risorto, traboccante d'amore.
In una partecipazione di ardore, che rende quanto mai penetrante l'intelletto (avendo
sulle potenze un effetto simile a quello del sole), intendo come vera essenza del
SS. Sacramento ed essenza di Dio sia l'amore: DEUS CHARITAS EST!
E mi pare quasi che Gesù dispieghi maggiormente l'ampiezza del suo amore nello
stato sacramentale che nello stato glorioso alla destra del Padre. Sostanzialmente
è lo stesso, ma io lo sento nel SS. Sacramento ancor maggiormente glorificato.
La mia fede nella reale presenza di Gesù nell'Ostia Santa è sempre
stata vivissima e rafforzata da tante manifestazioni, che la bontà del Signore
ha voluto darmi, che non dovrebbero sorprendere queste affermazioni.
Gesù si compiace di affidare tutto il patrimonio di grazie guadagnate con
la sua Passione alle anime eucaristiche, perché se ne facciano canali di trasmissione,
che vadano ad irrigare il giardino della Chiesa e l'arido deserto del mondo.
In quest'ora, mentre tra nemici si tenta con ogni più subdola arte di scristianizzare
le folle, di bandire Dio dalla società, di sommergere la nave di Pietro, Gesù
si avvicina alle anime per farne araldi del suo regno ed efficaci strumenti di salvezza.
All'anima, che, adorando, fiduciosamente si abbandona, viene comunicata dal SS. Sacramento
la Vita Divina, che è amore per il Padre e per le anime; e una partecipazione
quanto mai viva all'attività sacerdotale di Gesù, espressa nell'adorazione,
nel ringraziamento, nell'impetrazione, nella lode.
L'Eucaristia è mistero di fede, di silenzio, di ombra
5 maggio 1949
Gesù nel suo Sacramento
d'amore mi comunica, come da un'alta cattedra di verità, tanti preziosi insegnamenti,
svelandomi le vie segrete della grazia che fa percorrere alle anime. Non a tutte
è dato di venire così potentemente aiutate nella fede perché
l'eucaristia è mistero di fede, di silenzio, di ombra.
Molte volte, per motivi di carità più alta e perfetta, il Signore tiene
una condotta di riserbo che potrebbe sembrare eccessivo, niente lasciando trapelare
di sé e del suo amore alla povera anima, che deve camminare nel buio, essendo
ciò di maggiore vantaggio spirituale per l'anima stessa e di maggior gloria
a Dio.
Quale miniera di tesori per l'anima è questo stato di aridità e di
annientamento! E come, questo geloso celarsi di Dio dispone l'anima fedele ad entrare
a fondo nella conoscenza di Lui e nella partecipazione alla vita divina.
Da parte sua, l'anima deve saper perseverare nella dedizione più disinteressata,
senza cedere allo sgomento, che potrebbe essere effetto di amor proprio ferito.
Se il dono che Dio fa di sé alle anime nel SS. Sacramento fosse compreso,
non sapremmo desiderare niente di più! Nell'Ostia consacrata è presente
sostanzialmente Gesù, vivo e vero, tale e quale è in cielo alla destra
del Padre, uno con Lui. Nell'Eucaristia è Dio-con-noi, realizzandosi quella
consolantissima promessa: «Ecco io sono con voi fino alla fine dei secoli»
(Mt 28,20).
Mentre l'intelletto penetrava l'intima essenza del Mistero di amore, vedevo quali
siano le disposizioni che si richiedono dall'anima perché sia atta a ricevere
gli effetti di grazia proprii di questo grande Sacramento. Mi pare di poterle riassumere
così:
Annientamento - Fede - Amore.
Innanzi al Dio nascosto negli azzimi santi, ma realmente presente, il primo impulso
che deve sentire l'anima è quello di annientarsi, sprofondarsi nell'abisso
del proprio niente con vera e sentita umiltà. Da questo primo atto viene quasi
naturalmente ravvivata la fede e conseguentemente alimentata la fiamma della divina
carità.
Questa triplice disposizione conferisce all'anima quel candore, quella luminosa trasparenza,
necessari per presentarsi al cospetto di Dio ed essere da Lui accolti con gradimento
e favoriti delle sue grazie. Umiltà, fede e, aggiungo, fiducia illimitata
nella bontà di Dio, nonostante i suoi apparenti rifiuti. Questo tratto deve
anzi provocare una più delicata fedeltà d'amore, che elimini quanto
potesse avanzarsi di estraneo o distrattivo nel tempo delle nostre adorazioni. Gesù
è sensibilissimo a queste finezze della sua creatura e la ricambierà
compiendo in lei tale miniatura di perfezione da lasciare ammirata l'intera Corte
Celeste, quando presenterà al Padre le meraviglie compiute dalla grazia nelle
sue anime generose, fedeli, amanti.
NOTE
[1] È
un'idea geniale, questa, della Madre, un'idea spesso ricorrente nei suoi scritti,
un tasto su cui ella batte e ribatte con viva compiacenza.
Propriamente parlando, non le specie sacramentali vengono transustanziate, ma il
pane. Le specie sacramentali diventano specie, cioè pure apparenze, solo dopo
ed in virtù della transustanziazione. Il linguaggio presenta difficoltà,
ma il senso è chiarissimo e verissimo.
L'anima, alla cui vita naturale, dopo l'annientamento mistico dell'io, Gesù
si sostituisce, diventa come una viva specie sacramentale, che contiene Gesù
vivo e vero.
Nella letteratura mistica, questa idea di Madre Costanza è un capolavoro di
genialità. torna
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[2] Il respiro di Dio è un'altra caratteristica della dottrina
spirituale di Madre Costanza. In questo capitolo, e specialmente nel seguente, viene
spiegato ampiamente ciò che la Madre intende per respiro di Dio, che talvolta
chiama anche palpito.
Le parole dicono già molto, tanto sono chiare e cristalline, ma pare che celino
molte cose ineffabili, che la Madre capisce e conosce perfettamente senza però
riuscire ad esprimerle in tutta la loro pienezza. torna su
[3] Nessuno mai aveva fatto questo rilievo giustissimo. La Madre lo fa e lo ripete soventissimo. Sicuramente le sta tanto a cuore, perché lei vuole giustamente che si dia a Gesù un culto di vero amore e non di sole pratiche esterne. Si rivela anche in questo la solidità e l'autenticità della dottrina spirituale di Madre Maria Costanza.
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