Paolo Risso
STORIA D'AMORE
Profilo biografico
di
Madre Maria Costanza Zauli



10. Incontro allo Sposo

«A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro...
Le vergini che erano pronte entrarono con Lui alle nozze e la porta fu chiusa».

(Matteo 25, 6.10).

Verso il meriggio

La seconda guerra mondiale era finita. Iniziava, anche per Madre Maria Costanza, il secondo dopoguerra: sarebbero stati gli ultimi anni della sua esistenza terrena. Ella sentiva che la sua «ora» non era più lontana. I vuoti che le si creavano attorno, i frequenti disturbi di salute le facevano sentire i passi dello Sposo che veniva.
Era la piena maturità, il meriggio della sua vita, quando crebbero al massimo lo splendore della sua luce e l'incandescenza del suo amore per i singolari doni di grazia che le venivano dati.
I suoi giorni continuarono intessuti di umili cose, ma Gesù portava a compimento in lei la sua opera. Partecipava, nel segreto della clausura e della sua anima, alle vicende di tutti i fratelli e sorelle nel mondo, alla storia dolorosa e gloriosa della Chiesa, in prima linea con la sua offerta e la sua immolazione con Gesù.
Agli occhi del mondo, donna separata dalla storia. Agli occhi di Dio, «sposata» a Lui solo e protagonista della storia, collaboratrice della stupenda e drammatica «biografia» che Gesù Cristo scrive con gli uomini dalla sua venuta sino al suo ritorno finale.
Con la conclusione della guerra la vita in monastero si fece più regolare, sempre densa di amore. Ma quasi subito vennero i lutti. Il 5 maggio 1945 moriva suor Maria Agostina del Preziosissimo Sangue. Il 22 novembre moriva suor Maria Saverio. Un dolore grandissimo per la Madre, che preparò quelle due «figlie» all'incontro con Dio come lei sapeva fare.
Tutto diventava offerta, dono. Ella ben sapeva che la Chiesa, l'Italia e il mondo, in quell'ora ancora difficile, avevano bisogno di preghiera e di sacrificio.
Non mancarono le gioie. Il 31 maggio 1945 si tenne una solenne processione eucaristica attorno alla chiesa del monastero. Era la solennità del Corpus Domini, carissima al cuore della Madre, che disse: «Figlie mie, non c'è che una forza: Gesù-Ostia!».
Le difficoltà economiche si fecero ancora sentire. Ella rimase tranquilla: «Ci vuole fede - disse -. Purché serviamo il Signore con amore grande e fedeltà, voglio rimanere tranquilla». Mostrò alle suore la corona del Rosario, preghiera che le era carissima: «Ecco la corona delle mie vittorie!».
«Come fa a stare tranquilla con una comunità così numerosa da mantenere? », le domandarono. Rispose: «Dico al Signore: abbiamo bisogno di questo e quello: tu lo vedi. Poi non ci penso più: lascio fare a Lui... Mi basta aver detto al mio Dio: Mi fido di te.» La Provvidenza interveniva in modo miracoloso.
Allo stesso modo si comportava con la sua famiglia d'origine. Un suo fratello e un nipote risultavano dispersi in guerra. Maria Costanza disse alla sua comunità: «Non so più niente di loro; ma so a Chi li ho affidati. Sono certa che Egli saprà pensarci meglio di me». Durante l'estate del 1945 i suoi congiunti tornarono. «Non è bello - commentò - lasciare tutto e tutti nelle mani del nostro Dio e non preoccuparsene? Egli poi ci tiene a farsi onore!».
Il suo volto era atteggiato sempre al sorriso. Diffondeva fiducia. Attirava a Dio. P. Chiodi, superiore dei Missionari Comboniani, che ebbe l'occasione di avvicinarla più volte, disse: «Non l'ho mai vista turbata, nonostante i tristi tempi di guerra». Era la gioia che le veniva dalla partecipazione alla croce di Cristo e dall'intimità con Lui.

«Una corona da regina»

Proprio in quell'anno 1945, in agosto ricorreva il 40° anniversario del suo ingresso nella vita religiosa. La Madre racconta nel suo diario, in data 13 agosto:
«All'alba è venuto a me Gesù con in mano una magnifica corona da regina e me l'ha presentata con la soddisfazione dell'artista che presenta il suo capolavoro. Era un gioiello di finissima fattura, un lavoro a cesello con incastonate nell'oro quaranta gemme più luminose del brillante e riflettenti i diversi colori dell'iride.
- Vengo - disse - all'alba di questo nuovo giorno, perché tu ammiri la corona che ho potuto intesserti in questi anni della tua vita religiosa con un filo d'oro che non si è mai spezzato, non essendoti mai sottratta volontariamente a me. Però rimane vero che di tuo non c'è niente e che la gloria dell'opera è tutta mia.
- Signore, come avrei potuto spezzare quel filo d'oro che stringevi tanto forte nelle tue mani?
- Sappi, figliola, che tutte le creature ragionevoli sono dotate di libertà, perciò la determinazione delle loro azioni dipende dalla loro volontà. Tu eri nell'impossibilità di sottrarti all'azione della grazia solo perché liberamente preferivi dare compiacimento alle esigenze del mio amore ed era la tua fedeltà che intensificava la forza con la quale agivo in te, senza tuttavia toglierti la tua libertà» (Diario, 154s).
Durante la santa Messa Gesù le fece vedere qualcosa del Paradiso e balenare la gioia che si gode con Lui. Maria Costanza concluse, rivolta a se stessa: «Ora tocca a te dar prova di amore al tuo Dio!»... «Il mio cuore è tutto lassù, dov'è il mio Tesoro».
La sua anima si riempiva davvero di Cielo. Durante il mese di ottobre, nonostante le difficoltà di salute, cercò di partecipare agli esercizi con la comunità. Raramente le era riuscito di farlo in modo regolare con le consorelle. Sembrava che Gesù Maestro volesse essere Lui solo a formarla per Sé. In quell'anno la condusse a una conoscenza straordinaria delle realtà ultime:
«Quando mi fece vedere l'inferno - scrisse la Madre - rimasi tre giorni come morta. Al solo pensarvi mi sento ancora venir meno, tanto è grande il bisogno che ho di luce, di felicità, del mio Dio.
''Ti faccio vedere queste cose, mi disse Gesù, perché tu e le tue figliole vi accendiate di zelo per la salvezza delle anime e nessun sacrificio troviate troppo duro, pur di ottenere che nessuno abbia a precipitare nella dannazione eterna".
E il luogo della purificazione, il Purgatorio? Quante comunicazioni ne ho avute, quante cose ho appreso, tutte di salutare ammaestramento. Non è facile volarsene direttamente alla gloria... A volte sento di soffrire insieme alle Anime del Purgatorio, tanto è viva per loro la mia compassione.
Gesù mi ha dato, in proposito, questo profondo insegnamento:
"Non disapprovo il tuo sentire, ma vorrei che, più che alla sofferenza delle Penanti, tu pensassi al dolore del mio cuore allorché si vede costretto a ritardare il suo abbraccio di amore ad anime predilette, mentre la loro ammissione immediata alla Patria celeste avrebbe dato tanta gloria al Padre mio. L'approfondire questa mia intima amarezza torna di molto sollievo alle Anime del Purgatorio. L'interessamento per esse mi torna graditissimo. Bisogna pregare sempre per i defunti"» (Diario, 157s).
Gesù già la preparava all'incontro con Lui.

Fatta per la gioia

Il 1946 portò grandi cambiamenti in Italia. Presto sarebbero avvenuti gravi fatti nella storia d'Europa e del mondo.
Il 24 marzo vi furono per la prima volta dopo la guerra le elezioni amministrative. Il 2 giugno seguì il referendum per la scelta tra monarchia e repubblica e le elezioni per l'assemblea costituente. In obbedienza alle direttive della Chiesa, Madre Maria Costanza e le sue suore - come tutte le claustrali - uscirono dal chiostro per sostenere con il loro voto i candidati cattolici, affinché l'Italia non avesse a correre tristi avventure. Nell'Est europeo il comunismo, con la dittatura e la persecuzione ai credenti, dilagava. L'Italia, liberata dalla dittatura fascista, non doveva cadere sotto il tallone di un'altra dittatura di diverso colore.
Per il referendum, il seggio elettorale presso cui recarsi era nell'attiguo Istituto delle Ancelle del Sacro Cuore. La Madre, nell'occasione, rivide le sue consorelle di un tempo: fu un momento di gioia per tutte, ancora più grande quando, nei giorni che seguirono, si seppe che i cattolici erano stati i primi nel risultato elettorale.
La Madre offriva per l'Italia: nel suo cuore erano presenti gli umili e i potenti della terra. Ed era l'educatrice saggia e materna delle figlie che le erano state affidate, l'orante senza sosta per il mondo intero, come per le singole anime.
Un giorno di maggio le suore videro con dispiacere che due dei venti pulcini loro donati a Pasqua erano stati uccisi da un animale. La Madre commentò: «Che dolore sarà mai per il Cuore di Gesù quando Satana gli strappa le anime, fino a farne il suo zimbello? Il Signore ha permesso che vediamo questa scena... perché si risvegli sempre più in noi lo zelo per la conversione dei peccatori».
In quei giorni un generale, parente di una religiosa, da cinquant'anni lontano da Dio, era in punto di morte. La Madre trascorse una notte in preghiera per lui. L'indomani seppe che era morto in pace con Dio.
Erano queste le sue vittorie più belle, che la riempivano di una gioia sconfinata e la ripagavano delle sofferenze che non le mancavano mai. Dal suo Sposo ella otteneva tutto, quando si trattava della gloria di Dio e della salvezza delle anime. È quanto è venuto a cercare Gesù sulla terra e continua a operare nella Chiesa: è il suo mirabile mistero d'amore, che si prolunga nell'Eucaristia.
M. Maria Costanza riteneva che non c'è null'altro da fare al mondo che questo. Per farlo, diventava ogni istante più una cosa sola con Gesù eucaristico. Di qui la sua gioia.
«Ho intuito - scrisse il 1° agosto 1946 - come il compiacimento più gradito e desiderato che si possa dare all' Altissimo sia quello di farci vedere compenetrati della sua stessa felicità, immutabilmente sereni... La perfetta conformità ai voleri del Padre finisce per farci godere della felicità di Dio...
Non mi sento fatta per il dolore. Fin da piccolissima, sentivo di essere fatta per la gioia; e se la vita di consacrazione a Dio non si fosse potuta conciliare con questa mia profonda aspirazione, non sarebbe stata per me...
Pur essendo largamente favorita del dono della sofferenza, non mi ci posso fermare. La natura sensibilissima la sente e opporrebbe un moto di ripulsa al patire, ma la volontà prontamente reagisce, entrando nella bellezza dellí"offrire", sicché posso dire, in verità, di non aver mai sofferto, ma di essere passata di gioia in gioia» (Diario, 160s).
Quasi al culmine della sua «storia» con Gesù, testimoniava che se a tutto aveva rinunciato, da Lui aveva ricevuto il centuplo: l'amore e la gioia, senza misura. E ora camminava serena e forte verso la gioia eterna.
«Il centuplo e l'eternità» (Mt 19,29).

Nella Trinità, per la Chiesa

Era sempre più aperta alla Chiesa e acquistava, man mano che saliva verso l'alto, un raggio di irradiazione universale. Sapeva della tragedia terribile che la Chiesa, in primo luogo nei suoi ministri, pativa tra lacrime e sangue nell'Est europeo con l'avanzata del comunismo ateo: vescovi e sacerdoti imprigionati, a volte uccisi, credenti calpestati nei loro diritti più elementari, chiese e seminari chiusi. Le vicende dolorosissime del card. Mindszenty, Primate di Ungheria, di mons. Beran, arcivescovo di Praga, di mons. Stepinac, arcivescovo di Zagabria, le erano note.
Nello stesso tempo sapeva del sorgere di una «teologia nuova», modernista, che avrebbe potuto scuotere i fondamenti della fede: papa Pio XII si apprestava, con l'enciclica Humani generis nel 1950, a richiamare tutti alla fedeltà al Credo cattolico.
«La Chiesa - scriveva la Madre il 19 gennaio 1948 - attraversa un periodo assai arduo: ed è necessario cooperare con l'immolazione ai suoi trionfi. Ma lo faccio molto soavemente e potrei assicurare che la sofferenza non è neppure avvertita, tanto sono intimamente tenuta unita al mio Signore» (Diario 163).
Era malata in quei giorni, e offriva a Dio le sue sofferenze con intensità d'amore, contemplando i divini Misteri come le erano presentati dalla Liturgia. È tutto un susseguirsi di illuminazioni stupende sull'Incarnazione del Verbo, sulla sua oblazione al Padre, sulla sua Passi,one, Morte e Risurrezione.
Tutto in lei tendeva all'immedesimazione con il Mistero della Pasqua di Cristo, e in Lui, morto e risorto, il Vivente sentiva il cuore riempirsi di gioia. «In quest'ultima commemorazione del Mistero pasquale - scrive dopo la Pasqua del 1948 - Gesù ha voluto lasciarmi intuire la gloria che venne all'Altissimo nell'istante della sua Risurrezione, mirabile compendio della Redenzione, ed ho potuto rilevare questo nell'incontro del divino Risorto con la Madre sua».
Intuiva, Madre Maria Costanza, di essere giunta all'ultimo periodo della sua esistenza, ma dichiarava: «Non mi sento vecchia, perché, nonostante i miei 62 anni, ad ogni giorno che passa ho l'impressione di ringiovanire, tanto mi sento aperta ai più freschi entusiasmi; ma la mia vita interiore ha raggiunto una tonalità così alta da darmi il senso del prossimo fine, dello sfociare nella beatitudine eterna» (Diario, 164s).
Viveva ormai una grande intimità con le Tre Persone Divine, in un'atmosfera pura, tersa, serena, in pace e in espansione d'amore. Era il Paradiso che iniziava già sulla terra, in attesa che cadesse il velo del corpo ed ella potesse vedere Dio così come Egli è.
Vita trinitaria, cristocentrica, liturgica, mariana, e insieme intensamente ecclesiale, in cui coinvolgeva le suore della sua comunità. La sua offerta era in primo luogo per i sacerdoti, per le vocazioni.
Lo ricordava spesso alle adoratrici. Quando qualche sacerdote in partenza per le missioni le chiedeva che una suora pregasse per il suo apostolato, ella gli rispondeva: «Padre, non una, ma tutta la comunità, fin da questo momento, s'impegna a pregare per lei!».
Nel settembre 1948 il cardinale di Bologna promosse una settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. Le adoratrici parteciparono nella loro chiesa alla Messa celebrata in diversi riti e si comunicarono sotto le due specie. Madre Costanza scrisse: «L'unità di tutta la Chiesa potrà sembrare cosa impossibile a raggiungersi; ma, essendo rimasto sulla terra, a pegno di unità, il Sacrificio dell'altare e il SS. Sacramento, si può stare certi che la parola di Gesù diverrà realtà. Per la forza stessa del Sacramento eucaristico, per la divina onnipotenza del glorioso e immortale Re dei secoli, verrà giorno (e non sarà molto lontano) in cui si farà un solo gregge sotto un solo pastore». (Diario, 166).
Dunque, la santità, l'unità della Chiesa, il sacerdozio nel suo splendore apostolico, per un'esplosione di amore che dilaga da Gesù eucaristico attraverso Maria Costanza (e le sue adoratrici) sempre più«una con Lui».

«Gesù è lì: la vita...»

Si faceva fragile la Madre nella sua salute, ma forte nell'amore e nella gioia. Aveva la speranza di potersene «andare presto» e insieme il desiderio di rimanere per il bene delle sue «figlie» e la certezza di essere loro più utile dal Paradiso.
Quando le forze fisiche le venivano meno, posava la testa sul Tabernacolo per attingere. Il giovedì santo 1949, annotò: «... in quel contatto, compresi quanto mai chiaramente l'intima essenza dell'Eucaristia. Mi parve penetrare l'ampiezza del palpito d'amore del Cuore divino per le sue creature e lo sentii, quel palpito di vita, trasformarsi in me per immettere nel mio essere qualcosa della corrente di vita che circola in seno alla Trinità fra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo...
Gesù era lì: vita dell'anima, con le immense ricchezze della sua carità e della sua grazia, per farsi palpito del mio cuore, sollevarmi al Padre, rendermi partecipe del suo gaudio. Come per me, per tutti i suoi Sacerdoti, per le sue consacrate, per tutte le anime redente. Egli attende soltanto che le anime si avvicinino a Lui per mettere a loro disposizione tutto il suo amore».
Sarebbe stata, Madre Maria Costanza, sempre lì, vicino al Tabernacolo, in adorazione di Gesù eucaristico esposto sull'altare. Fin dall'inizio della sua vita religiosa l'aveva compreso, ma ora lo sentiva con una dedizione bruciante, incontenibile: se Gesù è lì ed è tutto, dove vuoi andare?
«Quello che è per me rimanere davanti a Gesù vivente nell'Eucaristia - scriveva nell'estate 1949 -non posso dirlo a parole. Vorrei potervi rimanere di continuo. È vero che mi segue dovunque, mi parla, mi tiene occupata di lui fin nel parlatorio, ma in cappella è un contatto, una comunicazione ben diversa. Allora sono proprio nel mio centro, nel mio cielo!».
Lui, lo Sposo divino, ormai la preparava all'incontro:
«D'ora in poi - mi dice Gesù - la tua vita sarà più di cielo che di terra, perché io ti voglio con me ad altezze sublimi. Non sgomentarti per l'ardua ascesa, perché sarai sollevata dalle mie braccia, sebbene sia necessario anche il tuo generoso concorso. Desidero portarti sulla vetta della montagna della perfezione, perché soltanto toccata quella si può raggiungere quell'unione consumata che apre alla conoscenza del Padre» (Diario, 167s).
Prima che l'anno si chiudesse, tornò a celebrare la santa Messa nella chiesa delle Adoratrici mons. Giulio Facibeni, di Firenze, fondatore dell'Opera «Madonnina del Grappa» a favore della fanciullezza. La Madre vide in lui il sacerdote fatto davvero immagine, «specie », di Cristo: «Mentre era all'altare ho visto su di lui una bellissima luce, significante come Gesù lo avvolgesse nella più ardente effusione della sua carità».
All'inizio dell'anno santo 1950 ebbe da Dio un dono singolare a favore di un suo Ministro, martire della Fede. Così racconta la Madre nel suo diario il 2 gennaio 1950:
«Il Signore mi ha portata, non saprei dire come, nella segreta del carcere, dove si trova rinchiuso il Cardinale Mindzenty... Quale spettacolo pietoso! La nobile, dignitosa figura del porporato, ridotta irriconoscibile... rannicchiato in un angolo... immiserita, avvilita nella veste di galeotto.
Ho insistentemente supplicato il Signore di ridonargli l'intelligenza, affinché potesse tornare meritorio quel martirio. La bontà compiacente del mio Dio mi ha subito esaudita e il povero Cardinale è parso rientrare in sé... Ha rievocato tutto, ed il suo primo pensiero è stato per il Santo Padre, per il suo popolo, per la sua mamma.
Mentre pregando rinnovava la sua offerta, ho visto venire la Madonna con tutto l'occorrente per la celebrazione del Santo Sacrificio... Le intenzioni da lui poste sono state il trionfo della Santa Chiesa, e del Sommo Pontefice, la salvezza del suo gregge.
La Madonna mi ha promesso di continuargli la sua assistenza... Gli va procurando il modo di poter fare la santa Comunione, ma ogni volta che i custodi rilevano che il cardinale prigioniero è rientrato in sé, maliziosamente tornano a propinargli le droghe... Che cosa permetterà il Signore? ».
Il Signore avrebbe glorificato il suo servo fedele, cardinal Mindzenty, con il martirio della lunga prigionia nel carcere comunista, poi del rifugio silenzioso e orante presso l'ambasciata americana a Budapest, infine con la liberazione, nel 1971, per opera di papa Paolo VI, e gli ultimi anni ancora operosi di apostolato a Vienna. Oggi la sua salma, dopo il crollo del comunismo nell'Est europeo, è potuta ritornare nella sua cattedrale di Budapest, e sembra essere non lontana - lo speriamo - la sua beatificazione.
Madre Costanza non vide tutto questo, ma si consumò per il trionfo della Chiesa in ogni luogo della Terra.

Una falange di piccolissime...

Sul futuro della Chiesa Gesù le fece intravedere qualcosa dei suoi piani.
Nell'anniversario del suo battesimo, nell'aprile 1950, Gesù le disse: «Voglio farti un bel regalo, proprio quello che desideri e gradisci maggiormente».
«Tutto quello che mi viene da te mi è ugualmente gradito».
«Sarà un regalo tutto di gioia, con il quale voglio festeggiare il tuo giorno natalizio».
«E mi ha sollevata al Padre... Quello che ho visto in Lui... è rimasto quale sole abbagliante sulle mie potenze spirituali... Questa volta il dono che mi ha fatto è stato tale da superare le mie più ardite aspirazioni, sicché, con la gratitudine più piena, non faccio che ripetergli: Come sei buono!».
Continua Madre Maria Costanza:
«Poi Gesù mi ha detto: "Proprio in questi tempi, in cui l'orgoglio domina e trionfa, mi suscito una falange di piccolissime anime aperte alla fiducia in me; e sulla loro estrema fragilità, abbandonata alla mia onnipotenza, edificherò il mio capolavoro.
E saranno queste povere minime creature (delle quali tu sei regina) che io solleverò fino al Padre, per farlo conoscere ad esse.
Questa via, sulle prime, troverà non pochi oppositori, ma in seguito sarà quella percorsa per attuare la riforma che rinnoverà la mia Chiesa e adunerà intorno a me quella falange già richiesta dalla mia piccola Teresa di Lisieux.
Attendete, con semplicità evangelica, a compiacermi in tutto e sempre, senza troppo sgomentarvi delle inevitabili cadute (purché non siano di malizia). Il mio amore tutto consuma, donando all'anima umile, fiduciosa e abbandonata alla mia bontà, una trasparenza invidiabile.
I più piccoli mi attirano irresistibilmente"» (Diario, 173).
In questo stile di fiducia e di confidenza, di infanzia spirituale, la Madre, con forza e soavità, guidava le sue «figlie». Esse la sentivano ormai posseduta da Dio, partecipe dei suoi segreti. Non si riteneva «superiora», perché - diceva - la vera superiora dell'Arca Santa poteva essere solo la Madonna.
Una gioia grandissima sperimentò il 1° novembre 1950, quando Pio XII proclamò il dogma dell'assunzione di Maria in cielo in corpo e anima. Le sembrò che il Paradiso si aprisse su di lei, e quanto più si univa a Dio, tanto più condivideva il suo progetto di amore per l'umanità:
«La nostra vocazione... vuole che ci diamo a tutti i fini abbracciati dalla carità. Compresi ciò fin dalla mia professione; ed ora per quante missioni mi sento adoperata! Mi pare di poter svolgere il mio invisibile apostolato a favore dell'intera umanità, come se già fossi fuori della vita terrena. Il palpito dell'amore di Gesù per il Padre suo e per le anime mi pervade tutta e sento veramente miei gli interessi del mio Sposo» (Diario, 174).
Così sentiva sul suo cuore la sofferenza di tutti, come era avvenuto durante l'ultima guerra. Le inondazioni del Polesine, con i disastri avvenuti in quei mesi, la consapevolezza vivissima dello scempio dell'innocenza dei bambini, del dilagare dell'immoralità nei costumi, le erano motivo di preghiera, di riparazione, di offerta.
Era convinta che Gesù eucaristico è l'unico Costruttore di una nuova civiltà, la civiltà dell'amore, e che ella, con numerose anime chiamate alla contemplazione e all'adorazione, erano partecipi della sua missione: «L'unica ancora di salvezza per il mondo è Gesù in Sacramento... I centri eucaristici sono baluardi di difesa per città, province e intere nazioni. Quale straordinaria potenza si racchiude nell'Ostia consacrata e come questa potenza si compiace di venire svincolata dalla preghiera di anime amanti!».
Si impegnò ancora di più a formare le adoratrici, come Gesù le vuole, «le piccolissime anime» per la santificazione dei sacerdoti e di tutti i fratelli: «Ho chiesto alla Madonna di volerei indicare un metodo semplice, alla nostra portata, per convenientemente adorare... Mi disse: "... chiama in aiuto e abituati a farti precedere dal tuo Angelo Custode"».
Ed era ormai vicina alla vetta.

Nostalgia di Lui

Il 13 marzo 1952 il card. Nasalli Rocca si spegneva serenamente, dopo trent'anni di servizio alla sua Bologna. Da Ravenna arrivò a succedergli, nel vespro del 22 giugno 1952, l'arcivescovo Giacomo Lercaro, nativo di Genova.
Nel monastero dell'Arca Santa arrivarono le vocazioni. Fu una grande gioia per Madre Costanza, anche se in lei ormai ardeva la nostalgia struggente della eterna unione con lo Sposo divino.
D'ora in poi, nell'impossibilità di narrare la sua ascesa verso il traguardo che «solo amore e luce ha per confine», lasciamo a lei la parola.
Il giorno del suo compleanno, nell'aprile 1951, la Madonna le disse: «Presenterò io la tua anima a Gesù, come un piccolo cielo di amore!».
Maria Costanza vide Gesù al suo fianco e gustò in anticipo la gioia del Paradiso, con il desiderio di stare con Lui per sempre. La Madonna le fece osservare: «Non pensi che queste figliole che ti sono affidate hanno tanto bisogno di te? Lavorale, raffinale, abbi pazienza ancora un poco e non desistere dal compiere fedelmente la tua ardua missione. Non ti sgomentino le difficoltà. lo ti aiuterò sempre. Abitua le anime a ricorrere prontamente a me in tutte le circostanze difficili con filiale confidenza: a misura della loro fiducia, avranno la mia risposta. Non desidero che di potermi valere dei poteri che Dio mi ha conferito a vantaggio dei miei figli» (Diario, 178s). L'intimità con Gesù si fece inenarrabile.
«Il SS. Sacramento - scrive la Madre il 20 maggio 1951 - è il mio Cielo e se mi fosse tolto tutto e mi rimanesse soltanto la possibilità di starmene in adorazione dinanzi all'Ostensorio, sarei pienamente felice».
«Gesù mi è sempre accanto, moltiplicando le sue finezze. Mi dice: "Fai bene a non preoccuparti delle cose materiali, rimani tutta a mia disposizione e ti farò vedere cosa voglia dire fidarsi dell'Onnipotente" ... Il più tenero dei babbi non avrebbe per la sua famiglia le delicate premure che dimostra per noi» (16 luglio 1951).
«Nessuno sposo tenero e amante potrà mai fare tanto buona compagnia alla sua diletta quanta ne fa a me il Signore!... L'anima vede in Lui il mistico Ponte che le permette di varcare l'abisso e di congiungersi alla Divinità. Quanto è buono!» (13 settembre 1951).
«Gesù mi ha chiesto: "Ma perché sei sola? Non hai nessuno da portare con te? Dove sono le persone che volevi presentarmi?". "Signore, ho risposto, quando vengo così attratta dal tuo amore... non sono più capace di pensare ad altro...". E Lui: "Ti è dunque impossibile enumerarmi persone, casi... Sta' pur tranquilla, perché non potresti altrimenti giovare tanto salutarmente al bene del prossimo come quando attendi a compiacere il mio amore! Se si conoscesse quanto sia fruttuoso un simile apostolato tutto nascosto che per le vie segrete della grazia opera meraviglie di conversioni, di santificazione ed elevazione e impegna la mia onnipotenza a intervenire nei momenti più gravi... Una sola piccola anima, intimamente unita al mio cuore e quasi nascosta nel seno del Padre, si fa canale ai miei torrenti di grazia e di misericordia per la Chiesa e per il mondo"» (8 ottobre 1951).
Il Signore stava per chiederle, in una «notte oscura» dell'anima, l'immolazione suprema. Quasi più nulla avrebbe avuto delle grazie straordinarie con cui l'aveva accompagnata, e avrebbe camminato solo nella fede.
«Dopo la deliziosa intimità nella quale ero stata portata - annota il 19 dicembre 1951 - mi trovava interamente abbandonata dal Signore, quasi non ci si fosse mai conosciuti». Non si scoraggiò, perché, al di là dell'ombra, sapeva che Lui c'è, vicino, luminoso, onnipotente:
«Dirò - continua a scrivere - che mi sento più contenta ora che ho motivo di dare qualcosa che non quando non facevo che ricevere». Concludeva, alla fine dell'anno: «Sono giunta a quella fase del mio cammino spirituale che mi fu mostrata fin dai primi anni di religione... Allora vidi che mi era riservato in fine un periodo nel quale avrei vissuto in pieno il vero annientamento eucaristico, nell'abbandono e nella privazione di ogni conforto... in piena consumazione del mio olocausto per i fini della vocazione» (Diario, 180-186).

«Dio è felicità»

Nella «notte oscura» sentiva ormai i passi dello Sposo che veniva a chiamarla alle nozze eterne. Non vedeva più nulla, c'era solo la fede a sostenerla, a illuminarla nell'attesa di Lui. Ed è proprio qui che Madre Maria Costanza appare una donna grande, «sorella della grande S. Teresa d'Avila», donna della sua stessa razza (E. Rigazio in Diario, 153).
Dal diario raccogliamo i suoi aneliti più intensi a Colui che era tutto il suo amore, la sua gioia.
«Gesù mi assicurò che nulla era cambiato per me, che eravamo sempre nella più stretta intimità e che quanto permetteva era un adoperarmi per i suoi fini... L'adorazione al SS. Sacramento è tutta la mia vita» (7 gennaio 1952).
«Questo tempo che ancora mi è dato di prova debbo impiegarlo nella imitazione della mia Madre celeste: con Lei e come Lei, nell'amore, nell'adorazione, nella continua lode al mio Dio» (20 gennaio 1952).
«Agli stati dell'orazione più sublime preferisco il presente e ne valuto sempre più l'eccellenza. Mio centro di vita e di riposo è l'adorazione innanzi all'Ostia santa. Mi pare che le illustrazioni, visioni o altro non farebbero che disturbare l'intimità della mia unione con Lui...».
«Non occorre altro. Lo amo. Mi sento amata. Sono in Lui. Mi basta per conservarmi nel perfetto gaudio» (15 luglio 1952).
«Continua l'assoluto silenzio, ma è il silenzio dell'eternità. Il silenzio in cui si avvolge l'intima vita divina in seno alla Trinità e che silenziosamente viene comunicato alla sua povera creatura...
Pregusto gli eterni silenzi della beatitudine, senza che le moltissime difficoltà del momento mi distolgano dall'adorazione e turbino la mia serenità» (2 dicembre 1952).
«Uno sprazzo di luce ha interrotto per un poco le mie tenebre. Mentre ero al mio turno di adorazione, il Signore mi ha fatto contemplare le meraviglie interiori, i tesori di grazia che adornano la Madonna nella gloria del Cielo...
La Madonna mi ha investita così fortemente del suo ardore di carità che la mia anima è ora tutta immersa nell'amore, nella lode, nella riconoscenza alla bontà del divin Padre. Pensando che questa illustrazione fosse un cenno che mi si dava della mia prossima partenza, ne ho chiesto alla mia buona Madre; ed ella mi ha fatto comprendere che dovrò attendere ancora un poco e mi ha raccomandato di incentrare sempre più la mia vita nel Mistero eucaristico» (1 ottobre 1953; Diario, 187-193).
L'8 dicembre 1953 Pio XII inaugurava l'Anno Mariano, nel centenario della proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione di Maria. Pochi giorni dopo, in data Natale 1953, Madre Costanza scriveva: «Fin dai primi giorni della novena mi sentii investita e penetrata da Dio con tale forza da farmi pensare che quell'inesprimibile presa di possesso m'immettesse per sempre nel Centro della Vita. Quando sarà?».
La sua «ora» era vicina, imminente. Gesù le donava l'ultimo tocco.
«Ora sono a banchetto con i miei Tre e mi ritengo la figliola più felice accanto al mio Padre buono... Ritengo essere questa l'ultima mèta alla quale conduce la vocazione eucaristica: portare l'anima, immedesimata, trasformata in Gesù-Ostia, ad iniziare - nell'adorazione, nella lode, nell'amore - la sua beatifica visione con il Padre Celeste» (4 marzo 1954).
Il 18 aprile 1954 Madre Costanza celebrò l'ultima Pasqua, su questa terra, nella gioia, in intima unità con Gesù risorto e la Madonna. Tre giorni dopo scrisse nel diario il suo ultimo inno alla vita, alla gioia dell'essere una in Cristo e in Maria:
«Il gaudio dell' Annunciazione aveva dato motivo al Magnificat di Maria; ora che la Redenzione compiuta aveva dato il suo frutto di vita, il gaudio aveva raggiunto la sua perfezione.
Dio è felicità.
La sofferenza è castigo della colpa...
L'anima si unisce assai più intimamente e perfettamente a Dio nella gioia che nel dolore. L'ho compreso benissimo.
In un trasporto di felicità e di amore, Maria è passata dall'esilio alla Patria» (22 aprile 1954; Diario, 198s).
Madre Costanza stava per incontrare Gesù, Sposo e Signore, come Maria, in un trasporto di felicità e di amore.

«Ecco lo Sposo!»

Il 27 aprile 1954 visse una giornata regolare, come sempre. Durante la ricreazione di mezzogiorno invitò le suore a cooperare alla salvezza delle anime, ripetendo quel che aveva detto la Madonna ai bambini di Fatima: «Molti vanno all'inferno perché non c'è chi si sacrifichi e preghi per loro».
Il pomeriggio, venuto il Confessore, le suore la videro luminosa durante la preparazione e il ringraziamento alla Confessione. Alla ricreazione serale apparve radiosa e parlò del santo dell'indomani, Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti e delle Passioniste. «Sorelle - domandò - sanno che cosa mi ha più colpito della sua vita?».
Una le disse: «Forse dove si parla della fondazione delle Passioniste, dedicate a contemplare le sofferenze di Gesù».
Madre Costanza rispose: «La cosa è quella, ma san Paolo della Croce la esprime in maniera molto più bella, dicendo che le sue Passioniste avrebbero dovuto meditare e contemplare l'eccesso di amore dello Sposo divino».
Continuò a parlare dell'ardore di carità di san Paolo della Croce che morì consumato da quella fiamma. Poi, insieme alle suore, cantò una lode a san Giuseppe: «Beato tra i beati, ricordati di me!».
Le suore le dissero: «Vorremmo presto un colloquio con lei». Sorrise e promise: «Sì, una alla volta, le chiamerò tutte». Prima di andare in coro per la Compieta, l'ultima preghiera della sera, benedisse ciascuna con il suo Crocifisso. In coro le affidò tutte al Cuore Immacolato di Maria. Rimase ancora davanti a Gesù eucaristico, lo contemplò a lungo... e uscì.
Era notte fonda, ormai.
L'indomani mattina, 28 aprile 1954, la Madre non c'era a iniziare la preghiera comune con le adoratrici. Esse andarono a cercarla nella sua cella.
Madre Maria Costanza era distesa nel suo letto, gli occhi dolcemente chiusi, il volto sereno, come se sorridesse a Qualcuno.
Nella notte, lei sola, aveva sentito la voce: «Ecco lo Sposo che viene. Va' incontro a Lui». Gesù era arrivato festoso e l'aveva introdotta alle nozze eterne. «E la porta fu chiusa» (Mt 25,10).
La storia d'amore tra Gesù e Maria Costanza continuava in Cielo, in pienezza, senza fine.
Il suo funerale, il 30 aprile 1954, fu festa grande di candore, un vero trionfo. Nel momento in cui il celebrante, mons. Gilberto Baroni, intonò il canto: «In Paradiso ti accolgano gli Angeli...», nel cielo grigio si aprì uno squarcio di azzurro e un raggio di sole si posò sul feretro, inondandolo di luce.
Sembrò il sorriso di Dio a colei che l'aveva tanto amato su questa terra.
A quarant'anni da quel giorno, attraverso la vita e la parola di Madre Maria Costanza Zauli e la preghiera adorante delle sue «figlie», quel sorriso divino continua ancora, con il suo amore e con la sua tenerezza.
Il sorriso, la luce di Cristo, eucaristico e glorioso, l'Unico Sole della vita e dell'umanità.
Se tu lo segui, inizia, anche oggi, tra Gesù e te, una stupenda storia d'amore.


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"Una storia d'amore"


tomba di M. Maria Costanza Zauli

La cappella dove riposano le spoglie di Madre M. Costanza, in attesa della risurrezione
(Bologna, via Murri 70)


@ 1994 Editrice Elle Di Ci - 10096 Leumann (Torino) ISBN 88-01-10392-1

SI RINGRAZIA LA CASA EDITRICE ELLE DI CI
PER AVER ACCORDATO IL PERMESSO DI PUBBLICARE ON LINE L'OPERA


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